PARIGI – Un enorme sollievo, la sera di domenica 7 luglio, per il risultato straordinario in Francia. Il “fronte repubblicano” ha respinto l’estrema destra, che tutti i sondaggi davano vittoriosa. È il solo “chiarimento” venuto dalle elezioni anticipate, l’obiettivo che Macron aveva invocato per giustificare la decisione molto criticata di sciogliere l’Assemblée Nationale dopo la sconfitta del suo campo alle europee del 9 giugno. Ma, subito, il paese è messo di fronte a un futuro incerto, diviso in tre blocchi dal peso quasi equivalente: chi governerà la Francia? “Per il momento”, secondo l’Eliseo che ha ricevuto le dimissioni del governo a fine mattinata, il primo ministro Gabriel Attal resta a Matignon, per “la stabilità del paese” e permettere di continuare a gestire gli affari correnti, almeno durante il periodo delle imminenti Olimpiadi di Parigi. Il Nuovo Fronte Popolare è arrivato primo, avrà circa 180 deputati (ma bisognerà aspettare il 18 luglio, primo giorno in aula, per vederci più chiaro). Ensemble, l’area Macron, arriva al secondo posto e salva il salvabile (169 seggi, ne perde un centinaio), l’estrema destra è solo al terzo posto, sconfitta (143 seggi, solo 17 forniti dall’area Ciotti, ex Lr), mentre da giorni lo staff di Marine Le Pen e Jordan Bardella si comportava da vincitore e cominciava a dettare la “linea” anche in politica estera, a cominciare dalla compiacenza con la Russia di Putin. C’è stata una forte mobilitazione, che ha portato a una forte affluenza alle urne (66,7%) e a un chiaro rifiuto del progetto sovranista, di ripiego su di sé, della “preferenza nazionale” contro tutto ciò che è considerato “altro” – stranieri, immigrati, binazionali. Questo voto cambia la Francia e la V Repubblica, che vive una situazione inedita: non è stata concepita per le coalizioni, oggi sola soluzione per governare il paese. Il potere si sposta finalmente dall’Eliseo all’Assemblée Nationale, il parlamento sarà al centro, avvicinandosi così al funzionamento delle altre democrazie europee. La Francia, al di là di quello che succederà all’interno per la formazione del prossimo governo, resta un protagonista in Europa, mentre con l’estrema destra avrebbe creato un indebolimento della UE. La difficile ricerca di un candidato a sinistra Emmanuel Macron aspetterà la “strutturazione” della nuova Assemblée nationale per “prendere le decisioni necessarie”. Intanto, le trattative tra i partiti sono iniziate. In primo luogo, a sinistra, che deve designare “in settimana”, dicono Verdi e PS, il candidato a primo ministro. Raphaël Glucksmann, che ha guidato la lista PS alle europee, chiede un “comportamento da adulti” per trovare un’uscita dalla crisi: il partito socialista ha più che raddoppiato i seggi. Jean-Luc Mélenchon, leader della France Insoumise, che non era candidato, si è precipitato a reagire domenica sera, primo tra tutti e ha chiesto a Macron di “inchinarsi” di fronte al voto, con l’obbligo di nominare un primo ministro del Nuovo Fronte Popolare. Per Mélenchon, “nessun sotterfugio” sarà “accettabile” per la sinistra: ha escluso un’eventuale alleanza con Ensemble e affermato che il Nuovo Fronte Popolare applicherà il suo programma e nient’altro. Per Mathilde Panot di Lfi, Mélenchon ha tutti i numeri per essere primo ministro. Ma non è un’opinione condivisa tra le altre forze del Nuovo Fronte Popolare. Clémentine Autain, dissidente di Lfi, afferma che il primo ministro designato dal Nfp non sarà “né Mélenchon né Hollande”, l’ex presidente eletto parlamentare. Marine Tondellier, segretaria di Europa Ecologia, parla della possibilità di una “maggioranza di progetto”, a partire da “una domanda semplice: chi nelle forze repubblicane è pronto a sostenere il nostro programma?”. Voci diverse dal campo socialista, il segretario Olivier Faure esclude il nome di Mélenchon, “troppo divisivo”, per Raphaël Glucksmann “bisognerà comportarsi da adulti”, è necessario “un cambio di cultura politica” nella V Repubblica, giunta a un momento di svolta. La Cgt chiede ufficialmente a Macron di “rispettare il voto” e di nominare un primo ministro del NFP. A Ensemble cercano contatti con i Républicans (Lr), che sono riusciti a salvare un gruppo di 45 seggi, malgrado la scissione pro-Rn dell’ex presidente Eric Ciotti. Ma Laurent Wauquiez, che già pensa alle presidenziali del 2027, respinge ogni intesa con Ensemble, per non compromettere la sua prossima corsa per l’Eliseo. E a Ensemble emergono divisioni: l’ex primo ministro Edouard Philippe, che ara anche lui il terreno per le presidenziali del 2027, afferma che il voto non “non è una chiarificazione”, ma “una grande indeterminazione”. Il presidente del Senato, Gérard Larcher, si inquieta per l’“Instabilità politica molto dannosa per la Francia” che il paese ha di fronte. L’ancora ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, lancia l’allerta: c’è “rischio di crisi finanziaria”, se verrà applicato il programma del NFP. Cattivi perdenti al Rassemblement National: per Jordan Bardella, che ha visto andare in fumo l’ipotesi di diventare primo ministro, ha vinto “l’alleanza del disonore” tra Macron e la sinistra. Per Marine Le Pen la “vittoria è solo rimandata”, perché “la marea cresce”, anche se “questa volta non è cresciuta abbastanza”. Il clan Le Pen incassa una sconfitta simbolica: è stata battuta Marie Caroline Le Pen, figlia del fondatore del Fronte Nazionale Jean-Marie Le Pen e sorella dell’attuale leader, Marine Le Pen. |