La Società svizzera degli impresari costruttori ha dato la disdetta per la fine di settembre del Contratto collettivo di lavoro (Ccl) nel settore principale delle costruzioni. Il Ccl dell'edilizia, decretato d'obbligatorietà generale sul territorio elvetico, regola le condizioni di lavoro di 90mila persone attive nel settore. Un gesto eclatante e provocatorio che suscita numerosi interrogativi sul futuro delle convenzioni collettive in Svizzera. Una sua abolizione avrebbe diverse implicazioni politiche e sociali sull'insieme del paese. Ne abbiamo parlato con Andreas Rieger, copresidente del maggiore sindacato svizzero, Unia.

Andreas Rieger, quali sono le questioni reali in gioco con la disdetta del Contratto collettivo di lavoro (Ccl) nell'edilizia?

Se non ci sarà una rottura del fronte padronale, dal primo ottobre ci sarà un vuoto contrattuale prolungato nell'edilizia. Un fatto eccezionale, soprattutto in un settore così importante come il settore della costruzione. La conseguenze saranno che non esisterà più la forza obbligatoria che regola le condizioni di lavoro per i nuovi assunti e per chi arriva dall'estero, ma al contempo non ci sarà nemmeno più l'obbligo del rispetto della Pace del lavoro.
Cosa ha spinto gli impresari costruttori a disdire il Ccl?
Dal modo in cui gli impresari hanno deciso di inoltrare la disdetta, si può osservare che la causa non è un piccolo paragrafo del Ccl. Se la rottura fosse stata realmente su un dettaglio del Ccl, avrebbero potuto continuare le negoziazioni su quel punto, senza far saltare tutto il Ccl. Appare chiaro che vogliono di più. E che si preparano ad un vuoto contrattuale a lungo termine con l'obiettivo di abbassare le condizioni di lavoro.
I Ccl sono stati il pilastro principale della Pace del lavoro in Svizzera. Con l'abolizione del Ccl dell'edilizia, significa che la Pace del lavoro è morta?
La pace del lavoro è più complicata. Se da un lato essa assume un aspetto "mitico" che equivale a: "in Svizzera non si sciopera. Pace per la pace", dall'altro lato assume una valenza più concreta se legata a dei Ccl che regolano le condizioni generali di lavoro.
I Ccl hanno una grande importanza per il partenariato sociale. La disdetta significa che i Ccl hanno sempre meno valore per il padronato?
C'è una parte del padronato che non vuole, e non ha mai voluto, dei contratti collettivi. Per quanto concerne gli impresari costruttori, non è che non vogliano più il Ccl, ma ne vorrebbero una versione alleggerita, "light". È questo il loro obiettivo. In precedenza per definire il Ccl le trattative tra sindacati e impresari erano reali. Le parti esponevano le loro proposte iniziali e man mano che i negoziati avanzavano, si giungeva ad un compromesso soddisfacente per le due parti. Esisteva quindi un partenariato sociale per stabilire i Ccl. Ma questa concezione non è più condivisa dalla dirigenza attuale della Ssic. Ora la loro posizione è: "vogliamo flessibilizzare e dettare il contenuto del Ccl". Lo si è già visto nel corso dei negoziati sull'aumento del 2007, quando il presidente Ssic Messmer ha ridicolizzato le trattative, affermando: "non siamo al mercato. O accettate quanto vi offriamo, oppure non si discute nemmeno". Lo stesso è avvenuto ora con la questione delle ore flessibili negative: "o accettate la nostra proposta, o diamo la disdetta del Ccl".
Già nel 2004 il direttore Ssic Daniel Lehmann aveva pubblicamente preconizzato di voler andare verso il vuoto contrattuale.
Sì, sono pronti ad andare verso il vuoto contrattuale a lungo termine se non ottengono quanto vogliono. Già nel 2004 avevano questa idea, ma poi a causa di altre questioni politiche come i bilaterali, hanno accettato giocoforza il Ccl e le misure di accompagnamento. Ed ora vogliono rimangiarsi il compromesso.
Con ogni probabilità l'anno prossimo verrà lanciato un referendum sulla ratifica dei bilaterali. È cambiato qualcosa politicamente parlando?
La gran parte dei delegati degli imprenditori non ragiona in termini politici. Messmer e l'élite della Ssic erano coscienti della posta in gioco con i bilaterali e quindi la necessità di accettare la contropartita delle misure di accompagnamento e del rafforzamento dei sindacati attraverso il Ccl. Ora, dietro al nuovo atteggiamento della Ssic, c'è un tentativo politico dell'Udc o dei liberali di destra come Messmer di conquistare le dirigenze delle associazioni padronali in Svizzera. Nei confronti della libera circolazioni la loro posizione è di essere disposti a convivere con la libera circolazione senza però dover pagare il prezzo delle misure di accompagnamento. Ma ci sono altri che sono disposti a farne a meno dei bilaterali e ritornare al vecchio sistema dei contingenti.
Ma la convenzione collettiva non dovrebbe essere difesa dal padronato nell'ottica dei bilaterali?
Effettivamente in questo caso esiste una contraddizione. Nel caso dei lavori pubblici ad esempio, la condizione per parteciparvi è il rispetto del Ccl. Senza Ccl sparirebbe il vantaggio delle ditte svizzere su questa fetta di mercato. Non credo sia quindi molto saggio da parte degli impresari svizzeri non avere un Ccl che li tuteli dalla concorrenza estera.
Nel 2004-2005 Unia aveva appoggiato l'introduzione dei bilaterali al momento della votazione. L'anno prossimo c'è una forte probabilità che verrà lanciato un referendum sulla ratifica definitiva degli accordi. Cambierà qualcosa nella posizione di Unia?
Nel 2004 c'era un patto tra il rafforzamento delle convenzioni collettive, le misure di accompagnamento e il sostegno alla libera circolazione. Dei vuoti contrattuali di qualche settimana possono essere relativamente accettabili perché possono far parte dei conflitti. Però bisogna poi arrivare ad una soluzione. Ma se si prosegue nel vuoto contrattuale per un lungo periodo in un settore importante come la costruzione, allora il patto salta. A quel punto sarà quindi necessario valutare nuovamente la situazione. È chiaro che senza Ccl dell'edilizia, la situazione cambia enormemente.
Gli impresari costruttori sono degli avventurieri isolati o hanno l'appoggio degli altri ambienti economici che contano in Svizzera?
Vedremo con il passare del tempo quale sarà l'atteggiamento degli altri ambienti. l'Unione padronale  svizzera di Rudolf Stämpfli non sara entusiasta di questo conflitto.
Secondo lei Messmer ha voluto lanciare un sasso nello stagno e vedere cosa succede con la disdetta?
Nella Ssic c'è stato un cambio ai vertici dopo la conquista del prepensionamento nell'edilizia. I nuovi arrivati, con Messmer alla guida, ritengono che l'associazione padronale si sia fatta soggiogare dai sindacati in quell'occasione. Sono quindi spinti da una volontà di vendetta nei confronti dei sindacati. Questo è un primo aspetto. L'altro è che il Ccl dell'edilizia è effettivamente uno dei migliori. Quindi vogliono peggiorarlo. La loro strategia è di avere un vuoto contrattuale per poi rinegoziare un Ccl molto ribassato.
C'è anche l'aspetto di voler dare una lezione ad Unia?
Chiaro, attraverso la vendetta si vuole indebolire Unia. Messmer si è candidato alla testa della Ssic con la promessa di mettere in ginocchio i sindacati. Per ora non ce l'ha fatta, e non lo farà nel futuro.
C'è già una strategia di controffensiva alla disdetta contrattuale da parte di Unia?
Il parlamento dei delegati edili si riunirà il 16 giugno. Saranno loro a decidere quale risposta dare.
Il conflitto sarà lungo?
Ci stiamo preparando a questa eventualità. Ma dipenderà anche dagli impresari costruttori. L'attuale politica vendicativa della dirigenza non è quella di tutti gli impresari. Geograficamente è collocabile in una buona parte della Svizzera orientale fino a Zurigo, dove l'influenza dell'Udc è molto forte. Ma gli impresari ticinesi e romandi non sono al 100 per cento sulla stessa linea di Messmer.
Una differenza di vedute che si era espressa anche sulla questione dell'aumento 2007, con il caso del canton Vallese dove era stato possibile raggiungere un accordo regionale tra impresari e sindacati diverso da quello voluto dalla centrale Ssic. Cosa succederà questa volta?
La dirigenza Ssic ha chiesto la fedeltà assoluta alle sue sezioni in questo caso: niente trattative locali.
Quali sono i pericoli se il conflitto andrà oltre ottobre?
La promessa della Ssic di mantenere le stesse condizioni di lavoro del Ccl anche oltre il primo ottobre è semplicemente ridicola. Una volta tolto l'obbligo del rispetto contrattuale è chiaro che ci sarà una rapida spirale verso il basso dei salari e delle condizioni di lavoro, a cominciare dalle zone di frontiera.

I motivi della disdetta

«La colpa è dei sindacati, della loro mentalità "vecchia" che impedisce di trovare soluzioni moderne di condizioni di lavoro». Ma di quale modernità parla Daniel Lehmann, direttore della Società svizzera impresari costruttori (Ssic)? Annualizzazione del tempo di lavoro e del salario, ulteriore aumento della flessibilità dalle 100 ore attuali a 200 ore, scaricare sugli operai il rischio aziendale delle interruzioni di lavoro per il maltempo abolendo l'indennità disoccupazione che garantisce la copertura dell'80 per cento del salari,allungare la durata della giornata lavorativa, salari al merito. Questi i "progressi sociali" ai quali i sindacati si oppongono e sui quali ricadrebbe la responsabilità della disdetta contrattuale secondo i vertici Ssic. Il tutto nel contesto di un mercato interno come quello della costruzione, che gode di indubbi vantaggi per gli impresari locali per le sue condizioni specifiche.
Forse la "terra promessa" a cui mirano i vertici Ssic sono le condizioni di lavoro valide nell'edilizia cinese. 

Pubblicato il 

01.06.07

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