Un sollievo di breve durata

Un sì risicato a un moderato aumento delle imposte. Visto l’andazzo degli ultimi dieci anni, tutto sommato il risultato della votazione di domenica scorsa non è da buttare. Certo dall’8 maggio a sinistra ci si attendeva ben altro: che l’iniziativa “I soldi ci sono” raccogliesse molti più voti (si è fermata al 34,2 per cento); o perlomeno che il preventivo 2005 con i suoi modesti aggravi fiscali facesse un sol boccone del referendum Udc, da molti dato per spacciato in partenza e capace invece di raccogliere il 49,5 per cento delle schede. Non c’è dubbio, la sinistra esce piuttosto malridotta dall’8 maggio. La destra, invece, ritrova vigore e ha già fatto capire di non voler perdere tempo: si metta mano alla spesa pubblica, la si pianti di parlare di nuovi aumenti di imposte, e soprattutto non si pensi di prolungare gli aggravi attuali oltre il 2007. Le prime novità non tarderanno. Il governo ha annunciato per la fine del mese il messaggio che ufficializzerà la chiusura del cantiere della revisione dei compiti dello Stato, pomposa denominazione di un progetto che in realtà si sta configurando essenzialmente come un’operazione in cui si gioca a scaricabarile con i Comuni e si tagliano sussidi di cassa malati e altre voci di spesa. Poi sarà la volta del preventivo 2006. A quel punto, però, il sollievo per la vittoria dell’8 maggio sarà solo un ricordo per il centro e la destra di governo e parlamento. Se approvata, l’iniziativa “I soldi ci sono” avrebbe paradossalmente consentito una boccata d’ossigeno a governo, partiti e parlamentari che la avversavano, costretti ora ad accontentarsi dei milioni provenienti dai caveau della Banca nazionale. La sua bocciatura, invece, li obbliga ad assumersi fino in fondo la responsabilità del dissesto finanziario causato in primo luogo da una politica fiscale deleteria: adesso toccherà innanzi tutto a loro, che hanno proposto e avallato gli sgravi dell’ultimo decennio, togliere le castagne dal fuoco, indicare cioè – sopportandone il costo politico – come lo Stato può uscire dalla situazione di casse vuote in cui lo hanno cacciato. Si tornerà a parlare di tagli, come nella prima metà del 2004, e la sinistra avrà gioco più facile. Allora anche chi oggi è scornato ha buoni motivi per consolarsi guardando al futuro, a maggior ragione se ascolta quelli che (come i presidenti di Ppd e Plrt Fabio Bacchetta-Cattori e Giovanni Merlini) ora celebrano a sproposito la vittoria di un centro politico il cui elettorato in realtà ha rischiato di fargliela grossa votando massicciamente per il referendum Udc.

Pubblicato il

13.05.2005 00:30
Stefano Guerra