L’intervento statale dell’Unione europea non è una novità. Negli anni successivi al crollo finanziario del 2008, l’Ue è intervenuta in molti paesi, imponendo brutali pacchetti di austerità e riduzioni dei salari. Il risultato di questo interventismo neoliberista è stato disastroso: milioni di disoccupati e di poveri in più. E un’Unione europea indebolita.
Ma l’Ue ne ha tratto lezione. Nel 2020, anno dello scoppio della pandemia di Covid-19, ha sviluppato una nuova politica. Con il fondo “Sure”, la Commissione europea ha erogato prestiti per 100 miliardi di euro a condizioni favorevoli agli Stati membri consentendo loro di mobilitare risorse per le assicurazioni contro la disoccupazione e l’introduzione del lavoro a tempo ridotto. Con il Fondo di stabilizzazione Esm l’Ue li ha invece sostenuti, sempre con prestiti a tassi d’interesse bassi, per far fronte all’esplosione della spesa sanitaria. E con i 750 miliardi del Recovery Fund, Bruxelles ha contribuito a rilanciare l’economia e a ridurre la disoccupazione. Per la prima volta, l’Ue ha contratto prestiti congiunti per una distribuzione solidale, di cui hanno beneficiato i paesi più deboli.
E nel 2022 è arrivata la crisi successiva, quella dell’esplosione dei costi energetici, cui l’Ue ha risposto ponendo un tetto ai prezzi di petrolio e gas naturale. E con un’ordinanza che istituisce un contributo di solidarietà temporaneo a carico delle multinazionali attive nel settore, che ora in Germania, Italia e Spagna e negli altri paesi vengono tassate sugli esorbitanti extra-profitti realizzati nell’esercizio fiscale 2022. Naturalmente, in un’unione di 27 paesi, ci è voluto del tempo e sono stati necessari diversi tentativi (generalmente descritti dalla stampa, con un certo gusto, come dei «fallimenti dell’Ue»), ma alla fine sono state adottate diverse misure che hanno contribuito a far scendere nuovamente i prezzi dell’energia.
E ora che si tratta di rilanciare l’economia e trasformare il settore energetico, l’Ue sta discutendo il prossimo intervento: un pacchetto di “politica industriale”. «Nessun paese può farlo da solo, si può fare solo insieme», afferma il presidente del Parlamento europeo Charles Michel. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha in mente un “Fondo comunitario per il Green Deal”, che è anche una risposta europea al massiccio piano americano di sovvenzione contro l’inflazione.
Anche in Svizzera sarebbe urgente adottare un pacchetto di politica industriale di questo tipo. Perché cantoni come il Ticino non hanno le risorse per finanziare da soli un piano complessivo di trasformazione eco-sociale dell’economia.

Pubblicato il 

02.02.23

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