Un requiem penoso alla concordanza

La concordanza è morta. Viva la concordanza. È morta perché è stato eletto Blocher, che s’è imposto con un ultimatum. Ed è morta perché non è stata riconfermata Ruth Metzler (e la riconferma di un ministro in carica è uno degli aspetti della stabilità politica elvetica). Ma la concordanza è anche viva, perché così l’hanno intesa coloro che l’hanno definita “aritmetica”, cioè semplice ripartizione proporzionale dei seggi governativi in base alla forza elettorale dei quattro maggiori partiti. Il risultato è paradossale: un governo chiaramente sbilanciato a destra, nel quale il Pss, che pure ha vinto le elezioni ed ha visto riconfermati brillantemente i suoi due ministri, è ostaggio di una destra arrogante che vuole agguantare più saldamente il timone. Il 10 dicembre è stata una giornata piena di tensione e di emozioni. La tensione è sorta per le posizioni assunte nelle settimane precedenti dai partiti, che le hanno in parte cambiate e poi irrigidite fino all’ultimo momento. E le emozioni sono state quelle di ogni elezione: la speranza, la delusione, l’esplosione di entusiasmo degli uni, l’ammissione della sconfitta degli altri. Ma quel che più ha colpito la sinistra, è stata quella velenosa vendetta dei democristiani nei confronti dei radicali, colpevoli di non aver sostenuto la signora Metzler contro Blocher. In aula, il capogruppo dei deputati Pdc, Jean-Michel Cina, è andato al microfono e l’ha fatto capire chiaramente, constatando che «i radicali hanno deciso per un governo dominato dall’Udc». Come dire: volete la destra, allora beccatevi questa destra, senza una donna moderata come Christine Beerli e con due galli nel pollaio come Blocher e Merz. Ma quel dispetto dei democristiani, fatto per marcare bene la differenza tra loro (che si considerano il centro) e il Prd sbandato a destra, ha distrutto l’ultimo briciolo di equilibrio politico e reso più amara la pillola da far ingoiare alla sinistra. Ed ecco sorgere il secondo paradosso: dei quattro consiglieri federali borghesi, quasi quasi adesso il più moderato è Couchepin. Le emozioni sono state, ovviamente, dettate anche da altri aspetti significativi dell’avvenimento, come la bella perorazione fatta dalla capogruppo dei Verdi, Cécile Bühlmann, in favore della radicale Beerli, sostenuta in quanto donna. La signora Bühlmann ha ricordato ai parlamentari che Micheline Calmy-Rey, rieletta pochi minuti prima, è stata l’unica donna ad essere eletta e riconfermata in Consiglio federale senza problemi. Non è stato così per le altre donne, di destra o di sinistra che fossero: Elisabeth Kopp se n’è dovuta andare (per una colpa per la quale il parlamento stesso poi l’ha assolta); Lilian Uchtenhagen è stata umiliata con stupidi apprezzamenti sul suo aspetto; qualcosa di simile è successo anche per respingere la candidatura di Christiane Brunner; a Ruth Dreifuss hanno reso la vita difficile con ogni mezzo; e adesso la mancata rielezione di Metzler. Eleggendo ora Christine Beerli, il parlamento avrebbe avuto un’ottima occasione per interrompere questa infelice serie. Ma il parlamento non ha voluto ascoltare Cécile Bühlmann. Ha ascoltato invece con molta attenzione e salutato con un lungo applauso in piedi la dignitosa uscita di scena di Ruth Metzler. Terzo paradosso: i componenti più maltrattati, le donne, sono quelli che dicono le parole più sincere in politica, che pagano di persona, non fanno ricatti e non lanciano ultimatum per avere il posto, salvando la dignità del parlamento. Eh sì, perché anche di dignità si tratta. Se la classe politica è specchio del Paese che rappresenta, allora i suoi difetti dovrebbero essere quelli del Paese. Ma chi può ragionevolmente sostenere che il cittadino medio svizzero si comporti come Blocher che insulta gli invalidi? Chi può onestamente dire che gli svizzeri siano dissimulatori che dicono una cosa e ne fanno un’altra, che parlano di concordanza e poi cercano d’imporsi con pugnalate nella schiena agli alleati, che brigano in modo machiavellico per il potere come dei… politici? No, la verità è che ben pochi parlamentari borghesi (e tra questi, occorre ricordarlo, il radicale Dick Marty) hanno avuto il coraggio di dire apertamente quello che pensano di Blocher, e di non votarlo. E anche all’estrema sinistra c’è stato chi, da bravo politico, s’è astenuto per far sì che il nemico numero uno venisse eletto. È il quarto paradosso: la coerenza secondo i politici. Lottiamo per realizzare una maggiore giustizia sociale, e, invece di utilizzare tutte le forze disponibili per spostare l’asse politico del governo a sinistra, favoriamo un governo di destra. È il frutto delle contraddizioni di una classe politica disorientata e frantumata, emerse in tutta la loro evidenza nell’imminenza e durante l’elezione. A destra, l’Udc prima spara sui democristiani, poi cambia idea e se la prende con i socialisti, poi cambia ancora ed attacca i radicali. Il Prd dice di essere la forza stabilizzatrice del governo, ma non sa fare di meglio che mettersi in fila agli ordini del nuovo caporale. I democristiani si dicono forza di centro, ma non riescono a nascondere la propria debolezza e votano Merz per dispetto. I socialisti prima contestano la politica del Pdc e poi si schierano dalla sua parte, senza peraltro ottenere né il risultato di far eleggere i due ministri democristiani, né di tener fuori dal governo Blocher (con l’aggravante dell’accoppiata con Merz). È uno spettacolo deludente, quello che la classe politica ha offerto in questa occasione. Uno spettacolo che ci saremmo voluto risparmiare, visto il risultato. Ora, dato che l’età media dei consiglieri federali si è notevolmente innalzata, c’è da sperare che la “banda dei quattro” – come li ha definiti Franco Cavalli, e cioè Blocher, Merz, Couchepin e Deiss – si stanchino presto e nei pochi anni che presumibilmente rimarranno al governo facciano il minor danno possibile. Ma affinché ci accada, occorre una energica azione politica della sinistra in sostegno dei due consiglieri federali socialisti. Sarà come stare all’opposizione: più o meno come ha fatto finora l’Udc.

Pubblicato il

12.12.2003 01:00
Silvano De Pietro