Un po' di verità su Cuba

Lo ammetto: Cuba è uno dei pochi temi, forse anzi l’unico, sul quale è abbastanza facile farmi uscire dai gangheri. Mi è capitato ancora pochi giorni fa, quando dopo l’incontro dei presidenti americani a Panama, in un dibattito sulla radio romanda, di fronte alle castronerie del conduttore e soprattutto del mio contraddittore, mi è scappato di dare dell’illustrissimo a quest’ultimo. Su Cuba i media mainstream da sempre sono stati illeggibili: non so se solo perché accecati da paraocchi ideologici o se in gioco c’erano addirittura degli interessi più materiali. Secondo me però questi media, compresi tutti i nostri, si sono superati dopo l’annuncio del riavvicinamento tra Washington e l’Avana. Invece di riconoscere, come indirettamente l’ha fatto addirittura Obama, che si è trattato di un’indubbia vittoria politica di Cuba e che quindi ancora una volta Davide aveva sconfitto Golia, ci si è arrampicati su tutti i muri possibili per negare l’evidenza. È così si sono inventate le storie più inverosimili.

 

Mi limito a citarne una: Cuba avrebbe “ceduto”, senza mai dire su cosa, a seguito della crisi economica del Venezuela, che non le permetterebbe più di avere un’alternativa all’abbraccio degli Stati Uniti.
Cerchiamo quindi di riassumere, per fare chiarezza, in poche frasi oltre mezzo secolo di storia. Cuba ha resistito per più di 50 anni ad un blocco economico asfissiante, che ha cercato di strangolarla, imponendole perdite economiche per centinaia di miliardi di dollari. Ma non solo: la scomparsa dell’Unione Sovietica, con l’impossibilità di riorientare la sua economia per il succitato blocco statunitense, ha fatto crollare in poco più di due anni il prodotto nazionale cubano di circa il 50% (per capire cosa ciò significa, pensiamo che la crisi greca ha portato ad un crollo nell’ordine del 20%). Nonostante ciò Cuba ha, per fare qualche esempio, una mortalità infantile inferiore a quella degli Stati Uniti, ha l’aspettativa di vita maggiore di tutta l’America Latina, ha un sistema sanitario e scolastico che tutte le agenzie internazionali hanno certificato come esemplare, una ricerca che fa invidia a tanti paesi ricchi. A Cuba, con una popolazione solo leggermente superiore, si formano ogni anno 10 volte più medici che in Svizzera e i medici cubani sono presenti in 80 paesi del mondo, essendo tra gli altri gli unici che hanno veramente aiutato Haiti (Dick Marty dixit) o l’Africa contro l’Ebola. Senza Cuba non ci sarebbe stata una rinascita progressista in America latina e senza l’aiuto militare cubano all’Angola, e la conseguente sconfitta militare sudafricana, Mandela sarebbe probabilmente morto in prigione.


A questo punto sento ritornare le solite litanie: sì, però a Cuba i diritti umani non sono rispettati, eccetera. I cubani stessi hanno sempre riconosciuto che in una situazione estremamente tesa e di “quasi guerra” con gli Stati Uniti, non potevano non esserci limitazioni alle libertà: le abbiamo avute, e molto simili, anche in Svizzera durante la seconda guerra mondiale. Fatto sta che a Cuba ora praticamente non ha più prigionieri politici: ma di questo nessuno parla, come nessuno parla che negli ultimi 20 anni in Colombia si sono uccisi 3.000 sindacalisti o che in Messico in 10 anni sono stati ammazzati una cinquantina di giornalisti. Come mi ha detto all’Avana il cardinal Ortega, sicuramente non comunista, i diritti umani sono in buona parte molto meglio rispettati a Cuba che non nella stragrande maggioranza degli altri paesi latino-americani. E poi chi è che può dare lezioni? Gli Stati Uniti? Con la loro pena di morte, la popolazione carceraria proporzionalmente più numerosa al mondo, le continue uccisioni poliziesche di afro-americani e circa un milione e mezzo di morti che hanno provocato con guerre, in gran parte inventate, dall’Afghanistan all’Iraq? Con le migliaia di donne e bambini uccisi come danni collaterali dai loro droni? E allora, diciamolo apertamente: que viva Cuba!

Pubblicato il

06.05.2015 21:17
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