"Un partenariato per salvare l'Africa"

Grande tesoriere del pianeta e patron del Fondo monetario internazionale (Fmi) fino all’anno 2000, Michel Camdessus non ha avuto paura del suo ruolo di “capro espiatorio ideale” durante 13 anni. Quale direttore generale del Fmi è stato accusato di “avere affamato i poveri” dettando cure dimagranti draconiane a paesi indebitati, mentre nel contempo veniva giudicato dagli Stati Uniti “troppo socialista”. In effetti questo piccolo e gioviale signore nato 68 anni fa nei Paesi baschi, cattolico impegnato, padre di 6 bambini, pretendeva di “umanizzare i principi di gestione economica”. Oggi pensionato attivo, si dedica anima e corpo al progetto di far uscire l’Africa dai “bassifondi dell’umanità”. Invitato dal Credit suisse, è venuto a Losanna per parlare a qualche centinaio di imprenditori svizzeri sul tema: “Nuove prospettive nelle relazioni Nord-Sud: dall’assistenza al partenariato”. «Mi illudevo di essere un architetto ma ero solamente un pompiere». Correndo da una bancarotta all’altra (Messico, Asia orientale, Russia, Brasile...), egli non ha avuto il tempo di correggere le disfunzioni del sistema: la disorganizzazione dei mercati, i capitali speculativi, i centri off-shore, il malgoverno delle imprese, le norme contabili che permettono scandali tipo Enron ecc. Sicuro, l’uomo difende il suo bilancio: «Ho cercato di mettere la povertà al centro delle preoccupazioni del Fmi. Credo che ci siamo riusciti». L’ex governatore della Banca di Francia ha voluto introdurre una visione “morale” nelle finanze mondiali. Camdessus si è battuto per aumentare le risorse del Fondo monetario internazionale e per ridurre i debiti dei paesi più poveri. Ha finito coll’accettare l’idea poco ortodossa di vendere i “gioielli di famiglia” (le riserve del Fmi), e mettere in campo una serie di “facilitazioni” finanziarie per aiutare gli “azzoppati” del sistema mondiale a digerire le pozioni che venivano loro fatte ingurgitare. Le critiche più virulente provengono da un suo collega: Joseph Stiglitz, ex capo economista della Banca mondiale e Premio Nobel per l’economia nel 2002, denuncia il “fanatismo del mercato” del Fmi, che aiuta solo i paesi che stringono la cinghia, quelli che in realtà aggravano la loro stagnazione. Ha dimenticato il principale ruolo delle istituzioni finanziarie create nel 1945 dopo i traumi prebellici: impedire le recessioni, finanziare le politiche espansioniste. Il Fondo dovrebbe in primo luogo lottare contro la disoccupazione e il rallentamento economico attuale, invece di accrescerlo. Stiglitz, nel suo libro La Grande Disillusione (Fayard 2002), fustiga “l’attitudine coloniale” di chi aggiusta la situazione dei paesi indebitati con l’ossessione per la privatizzazione: in Costa d’Avorio la rete telefonica acquistata da una società francese è diventata un monopolio che ha fatto lievitare le tariffe mettendo internet fuori dalla portata degli studenti. Per nulla d’accordo con Stiglitz, Camdessus afferma «Non commenterei le fantasie di questo libro, eccetto i dialoghi immaginari con me che Stiglitz vi ha inserito. Mi fa dire ad esempio che è necessario che i paesi asiatici siano messi alle strette... ora io ho detto esattamente il contrario. Il Fondo monetario internazionale si è dotato di mezzi per evitare le scosse violente, ciò ha permesso di recidere sul nascere la crisi asiatica del 1997. Oggi, l’Asia è la locomotiva economica del mondo» Michel Camdessus è cresciuto con l’insegnamento dei principi sociali e cristiani. Presiede attualmente le Settimane sociali di Francia, la cui vocazione è quella di seguire l’attualità e apportarvi delle risposte cristiane. È parimenti membro del Consiglio Giustizia e Pace. Come ha potuto conciliare i suoi valori morali con un sistema mondiale così ingiusto e violento? «Se il mondo è duro, è nostra responsabilità lavorare per renderlo più umano, per quanto possibile». Non è forse un po’ naïf credere che le leggi dei quattrini possano portare alla solidarietà? «Si può almeno agire affinché ricchi e poveri discutano alla pari sulle possibilità di migliorare insieme il mondo!» Un vero partenariato con l’Africa? «Ci sono troppi impegni solenni da un vertice mondiale all’altro (ridurre la povertà estrema, l’accesso all’acqua potabile, ecc...). Immancabilmente ce se ne dimentica. Quest’anno alla Conferenza di Monterrey (finanze e sviluppo), si è deciso di attuare un sistema coerente per applicare e verificare quanto si dice. Collaborare alla pari significa introdurre una nuova dimensione nelle relazioni Nord-Sud: si deve ascoltare l’altro, accettare la sua valutazione, essere in grado di cambiare mezzi e obiettivi per raggiungere i risultati. I paesi poveri si prendono a carico politiche ragionevoli (stabilità, apertura del mercato, buon governo, lotta alla corruzione, misure sociali). I paesi ricchi, invece, si impegnano a sostenere quanti applicano queste politiche ed aumentare i loro aiuti del 25 percento in tre anni». E se fossero ancora una volta parole al vento? Camdessus giura di no. Ha un altro suo mandato: rappresentante del presidente Chirac per il Nepad (Nuovo partenariato per lo sviluppo in Africa), varato in luglio fra i paesi del G8 e cinque paesi africani: Nigeria, Africa del Sud, Senegal, Egitto, Algeria. «Cosa c’è di meglio del continente dimenticato dalla globalizzazione per passare alla pratica? Perché la povertà dell’Africa è un vero rischio sistemico per il mondo. Quando si guarda alla popolazione africana che ci sarà nel 2030, ignorarlo è un grave errore nella politica economica mondiale. L’Africa è come un membro malato di una famiglia: è lui ad avere i sintomi ma la cellula familiare ne è colpita nell’insieme». Il Nepad è criticato da quelli che vi intravedono di nuovo la mano lunga occidentale. I suoi promotori, come il presidente senegalese Wade, vi vedono al contrario una sorta di decollo organizzato, che ingloba finalmente tutti i problemi: conflitti, Aids, debito, infrastrutture, informazione, ambiente, agricoltura, acqua... Anche la Svizzera si è associata. Ogni paese africano che rispetterà le regole che lui stesso ha deciso di applicare, riceverà gli aiuti necessari. Secondo Camdessus, sono stati proprio i capi di Stato africani ad esigere dei meccanismi di controllo, in particolare per quanto riguarda la corruzione. «Il partenariato punta anche sulle imprese, le banche, la società civile chiamata a vegliare affinché le buone risoluzioni non abbiano il fiato corto» Un ottimismo che Michel Camdessus riassume in tre lettere: Urv, cioè utopia e realizzazione verificabile. Traduzione di GM Martinaglia

Pubblicato il

01.11.2002 06:00
Daniel Vermus
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