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Un papa che fa scandalo solo perché legge il Vangelo

Fastidio, disattenzione e accuse: sono le principali reazioni che si manifestano di fronte alle critiche di Bergoglio al capitalismo e al suo essere semplicemente “cristiano”

Tempo natalizio e passaggio tra un anno e l’altro: forse ci si può permettere, anche su un giornale sindacale, di parlare del papa. Se ce n’è motivo valido, ovviamente. Perché, anche quando si entra nel tema della religione, soprattutto in un periodo in cui si tenta di vestire di religione sia l’economia sia la politica per tentare di giustificarle o di farle meglio accettare (basterebbe pensare come le usa, con la Bibbia in mano, il rieletto presidente americano), riemerge i più che doveroso, il vecchio detto latino più ovvio e semplice, entrato nel linguaggio comune: “primum vivere, deinde philosophari”, prima pensa a come vivere e poi potrai permetterti di filosofare o prima viene il nutrimento del corpo e poi potrà avvenire il resto. Quel detto è comunque attribuito al grande filosofo greco Aristotele, filosofo profondo ma molto pratico.

 

C’è uno scritto di papa Bergoglio (Noi come cittadini, noi come popolo) che sembra ricalcarlo, facendo però anche della “politica” il pane necessario per lo spirito. Bella idea, si dirà, ma che cosa cambia nella realtà di chi ha fame?

Di questo papa si esaltando spesso degli aspetti formali o appariscenti o eternamente ripetitivi (come avviene nella società, intendiamoci) e si sviano, forse non a caso, quelli sostanziali, quelli economici-sociali. Oppure l’aspetto economico viene declassato alla quasi monotona attenzione ai poveri, ai pensieri caritatevoli, discorso ritenuto inevitabile per un papa. Ci si deve però anche accorgere, a un certo momento, che c’è qualcosa d’altro, che si va oltre. C’è anche una forte e continua critica al capitalismo mondializzato e alla finanziarizzazione dell’economia, al modello di sviluppo che ci pervade. Si manifestano allora tre reazioni: l’una di fastidio (come si permette questo papa di fare politica?); una seconda di disattenzione sorniona (soprattutto da parte dei cattolici o dei partiti e politici di impronta cattolica o cristiana); una terza (che negli Stati Uniti ha preso corpo, anche tra i cattolici, in movimenti di critica e di opposizione feroce) di immancabili accuse di scisma, di sinistrismo, di marxismo o di cedimento alla deprecata “teologia della liberazione”, rivoluzione latinoamericana. Quasi che anche un papa non dovesse leggere il Vangelo ed essere semplicemente “cristiano”.

 

Sta di fatto (ed è quanto ci interessa, semplicemente come “laici”) che Bergoglio, da osservatore attento e non secondario di ciò che sta avvenendo nel mondo, cerca di smascherare “il primato dell’individuale e del particolare al di sopra di tutti e di tutti”; il quale corrompe come un “cancro” la classe politica, non consentendo alle democrazie di lavorare per il bene di tutti. “La politica oggi spesso non è al servizio del bene comune; si è trasformata in uno strumento di lotta per un potere asservito a interesse individuali; di conquista di spazi o di colonizzazione di territori, più che di gestione per il bene comune, dell’umanità; non ha saputo, non ha voluto o non è riuscita a mettere limiti, contrappesi, equilibri, al capitale, per sradicare la disuguaglianza e la povertà, che sono, con la guerra che li accompagna sempre, i flagelli più gravi di questo momento storico”.

Si capovolge così la logica aristotelica: l’ingiustizia, la diseguaglianza fattasi sistema, la povertà, sono conseguenza; è nostro dovere, di uomini (e di cristiani, se vogliono essere coerenti) rimuoverne le cause che si trovano nel tipo di economia di cui ci siamo investiti e nella politica divenuta serva di quella economia e della finanza che la domina.

 

Pubblicato il

20.12.2024 10:31
Silvano Toppi
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