L'editoriale

La squallida propaganda in atto da anni in Ticino contro i lavoratori frontalieri ha ormai contagiato l’intero mondo politico e purtroppo sta producendo, a tutti i livelli, decisioni assurde e deliranti che certo non risolveranno le gravi distorsioni che investono il mercato del lavoro cantonale. Anzi: le acuiranno. L’attualità e una sconcertante segnalazione giuntaci in redazione ci aiutano a radiografare la triste realtà di un paese, i cui veri mali sono la presenza di troppi imprenditori senza scrupoli che approfittano della crisi economica italiana per impiegare manodopera a buon mercato e una classe politica incapace e in parte complice di questo sistema perverso.  

Una classe politica che risponde al problema dei salariati sfruttati con misure tese a peggiorare ulteriormente le loro condizioni di lavoro e di vita. In questa logica rientra  l’approvazione da parte della maggioranza del Consiglio nazionale (comprendente anche i rappresentanti della sinistra: drammatico ma vero!) di un postulato del leghista Lorenzo Quadri che chiede di tassare i frontalieri con le aliquote più elevate praticate in Italia. Una misura venduta come “soluzione magica” per combattere il dumping salariale e ridurre il numero di frontalieri in Ticino, ma che in realtà è un atto di pura propaganda (di cui peraltro beneficeranno solo la Lega e l’Udc: tutti gli altri che si sono accodati a cantare vittoria si mettano pure il cuore in pace!).

 

Il numero di lavoratori d’oltreconfine non diminuirà di una sola unità: perché mai un italiano dovrebbe declinare l’offerta di un lavoro in Svizzera solo per un 20 per cento in più di imposte quando l’alternativa è la fame? Con misure di questo tipo si rende solo il lavoratore frontaliere più fragile e dunque più ricattabile, col risultato che la pressione sui salari aumenterà ulteriormente e a farne le spese saranno tutti i lavoratori, indigeni e non residenti.


Per affrontare seriamente le distorsioni del mercato del lavoro servono più garanzie e più diritti per i salariati, così come un sistema sanzionatorio efficace per contrastare quel padronato che fa profitti sfruttando i frontalieri. Purtroppo però questa sensibilità oggi manca, anche in seno alle autorità statali, come dimostra una recente decisione della Divisione della formazione professionale che ha sospeso l’approvazione del contratto di tirocinio (indispensabile per frequentare la scuola) di un ragazzo ventenne figlio di un frontaliere che lavora in Svizzera da oltre 10 anni (è uno dei tanti che abbiamo chiamato per farci costruire le trasversali ferroviarie alpine) in attesa che «tutti i giovani ritenuti idonei nella professione, residenti in Ticino, avranno trovato una soluzione».

 

Il ragazzo fa il panettiere-pasticciere, è molto apprezzato dal suo datore di lavoro che nonostante questa decisione (figlia di una risoluzione governativa dello scorso maggio sugli apprendisti frontalieri) lo vuole tenere, in attesa di sapere (a novembre) se potrà iniziare l’apprendistato. Una situazione davvero paradossale tenuto conto anche del fatto che in Ticino non c’è certo la fila per andare a fare questo mestiere. Ma l’importante è fare qualcosa contro gli abusi: colpire i più deboli.

Pubblicato il 

25.09.14

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato