Un paese sempre più vicino al collasso

Sulla penisola soffia un forte vento di grecale, e i marosi rischiano di sommergere, assieme alla Sicilia e alla Sardegna già sott'acqua, l'intero paese. Se Torino con il progressivo esaurimento degli ammortizzatori sociali è diventata la città più povera del Nord, il sogno del nordestino piccolo e bello sta trasformandosi in incubo. Per non parlare del Sud, dove l'unica economia che prospera è quella criminale.

 

Persino lo stabile e democratico Centro traballa sotto i colpi della crisi peggiore del dopoguerra, una crisi non governata da una politica occupata in tutt'altre emergenze: a far fibrillare il governo Letta e i partiti che lo sostengono – la coalizione contro natura voluta da Napolitano tra Pd, Pdl e centro – non è la smisurata crescita della disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza, bensì le sorti di un Cavaliere disarcionato dalla condanna in tutti e tre i gradi di giudizio previsti dal nostro stato di diritto.Condannato, peraltro e tra l'altro, per evasione fiscale – come toccò in sorte ad Al Capone – uno sport nazionale più diffuso del calcio: sono almeno 120 i miliardi sottratti al fisco annualmente. Berlusconi ha indicato la strada, in molti l'hanno seguita.


Ecco l'Italia del 2013, più vicina alla Grecia che al Nordeuropa. I dati sono impietosi. 5 milioni di cittadini vivono nella povertà assoluta e il doppio, 9,6 milioni, nella povertà relativa. A soffrire non sono solo i disoccupati (3,140 milioni, il 12 per cento), i giovani (il 39,5 per cento è senza lavoro), i pensionati con meno di mille euro al mese (più della metà del totale), i cassintegrati, i lavoratori in mobilità, gli esodati (né pensione né stipendio grazie alla devastante riforma della ministra montiana Fornero): una fascia crescente di lavoratori attivi non riesce più a tirare avanti, a pagare le bollette di gas e luce, le rate dell'affitto o del mutuo casa. Negli ultimi 15 anni 10 punti di Pil sono migrati dai salari alle rendite e ai profitti e oggi il 10 per cento della popolazione detiene il 50 per cento della ricchezza. Si calcola che quest'estate siano andati in vacanza 4 milioni di italiani in meno rispetto al 2012 e per la prima volta i turisti stranieri superano quelli italiani. Altro record: i dipendenti con un contratto atipico superano i regolari.

 

Diminuiscono gli incassi dei supermercati ma aumentano quelli nei discount, la Coop prevede un calo dello 0,5 nel food e del 6 per cento del non food. Contemporaneamente aumentano gli orti urbani (si chiamavano orti di guerra). Scendono i consumi di vino, superalcolici, caffè, sigarette; la crisi modifica i comportamenti, come si evince dal crollo delle lamette da barba (ci si rade di meno o si cambia meno frequentemente la lametta) e dei preservativi. Per reggere al vento di grecale e combattere la depressione ci si aiuta con il viagra, uno dei pochi prodotti in crescita insieme agli smartphone. Tre milioni di famiglie consumano meno di un pasto proteico ogni due giorni, per il cibo si spende meno che nel 1971, in sei anni il mercato dell'auto si è dimezzato, ma persino la spesa per i neonati: ciucci, biberon e pannolini, sta scendendo (meno 4 per cento).
Tra le ragioni dei mancati interventi statali in difesa del lavoro e dei redditi c'è l'unica scelta fatta dal governo Letta: l'abolizione della tassa sulla casa per tutti, anche per i proprietari di castelli per far contento Berlusconi. La seconda potenza manifatturiera europea dopo la Germania, l'Italia, sta vedendo svanire il suo patrimonio produttivo tra chiusure, delocalizzazioni, fughe all'estero. All'estero fuggono anche i capitali (gli italiani ricchi sono i primi acquirenti di case nella City di Londra) e i giovani laureati disoccupati. Il rischio del collasso sociale – di una società sterilizzata da vent'anni di regime berlusconiano e di subalternità suicida della sinistra – è concreto, ed è ben più pericoloso della crisi del governo. La rabbia popolare, per ora, non si trasforma in rivolta. E la delusione di chi ha votato contro Berlusconi, salvo scoprire che il suo voto è servito a salvare Berlusconi, provoca un senso di impotenza diffusa. Chi chiama antipolitica questo stato d'animo nazionale è uno stupido, o un mascalzone. Ad uccidere la politica sono i partiti che governano il paese aumentando il fossato tra società e politica e tra ricchi e poveri.

 

Pubblicato il

11.09.2013 23:25
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