Ticino

Oltre 50 milioni di sgravi per le grandi aziende e per i ricchi contribuenti. Una pillola amara che Governo e Parlamento ticinese hanno tentato di addolcire abbinandola a una caramellina definita “sociale”. Una politica che ricorda quella degli anni ‘90, quando si declamava di voler risollevare l’economia cantonale a suon di sgravi. Misure che invece hanno causato la diminuzione delle entrate pubbliche con le quali sono stati poi giustificati i continui tagli nel sociale. Il tutto in un contesto in cui il Canton Ticino si contraddistingue per gli indicatori sociali più allarmanti della Svizzera. Per questo Unia non ci sta e si è messa in prima fila per promuovere la raccolta di firme contro questa riforma.

 

Il referendum è stato annunciato ancor prima che il pacchetto fiscale venisse approvato in Gran Consiglio. Questo per lanciare un messaggio: «Per noi non è importante tutta quell’operazione di cosmesi che è stata fatta in Parlamento ma che ha cambiato poco la sostanza della riforma; per noi quello che conta è il principio degli sgravi fiscali che nel contesto odierno non è proprio quello di cui ha bisogno il Canton Ticino» ci spiega il sindacalista di Unia Vincenzo Cicero.


Quella approvata dal Gran Consiglio lo scorso 13 dicembre è una riforma che prevede una serie di modifiche delle condizioni di esonero fiscale che riguardano esclusivamente le grosse aziende, le holding (il cui statuto speciale è destinato a scomparire) e le persone fisiche più benestanti. Per queste ultime, ad esempio, verrà ridotta l’aliquota massima dell’imposta sulla sostanza, oggi fissata al 3,5‰ per chi possiede più di 2,8 milioni di franchi. La riforma porterà questo tasso nel 2020 al 2,5‰ a partire da una sostanza imponibile superiore a 1,38 milioni di franchi.


«Si tratta di una manovra azzardata che peggiorerà la situazione finanziaria dello Stato e perciò dell’economia ticinese nel suo insieme» aveva affermato qualche tempo fa su area il professore di economia Sergio Rossi. Negli ultimi vent’anni le varie riforme della legge tributaria e i pacchetti fiscali hanno avuto come conseguenza una riduzione notevole delle entrate pubbliche. Dal 2002 al 2016 soltanto in quattro occasioni il risultato d’esercizio del Canton Ticino ha chiuso senza disavanzi. Insomma, gli sgravi hanno svuotato le casse cantonali. Ciò che ha così permesso di giustificare i vari tagli nel sociale che sono andati a colpire soprattutto le fasce più bisognose della popolazione. Basti pensare alla riduzione delle soglie per accedere a prestazioni quali gli assegni famigliari integrativi (Afi), gli assegni di prima infanzia (Api) o i sussidi di cassa malati.


Ora si vuole perseverare con gli sgravi. Salvo cercare di accrescere il sostegno politico ad essi abbinandoli a misure di politica sociale. Si tratta in particolare di provvedimenti volti a favorire la conciliabilità famiglia-lavoro, potenziando i posti disponibili negli asili nido. Come d’altronde già previsto dalla Confederazione. L’unica novità è un assegno parentale di 3.000 franchi per il primo figlio che appare, però, una misura di cosmesi in un contesto in cui il Cantone ha continuato negli ultimi anni a ridurre gli Afi e gli Api. Eppure è proprio l’abbinamento fiscale-sociale ad aver spinto anche la maggioranza del gruppo parlamentare del Partito socialista a sostenere la riforma: «La parte fiscale della riforma non ci trova favorevoli, però ci sono le misure sociali finanziate dalle imprese» ha affermato la deputata Ps Pelin Kandemir Bordoli. Una posizione, quella del gruppo socialista in Gran Consiglio, che ha creato molta discussione e che ha segnato una scissione tra la base e i rappresentanti politici, come si è visto alla conferenza cantonale del 17 dicembre. La maggioranza del partito ha finalmente scelto di sostenere il referendum. Ad ogni modo, la responsabilità della campagna referendaria è stata assunta in precedenza da altri, in particolare dal sindacato Unia che si è fatto promotore della raccolta di firme.


Il minor carico fiscale di cui hanno già beneficiato negli anni scorsi le imprese e i contribuenti facoltosi non ha portato a significativi investimenti nel territorio cantonale. Al contrario: quanto risparmiato è semmai finito nei paradisiaci mercati finanziari e speculativi. Il tessuto economico ticinese si è nel frattempo impoverito e, paradossalmente, le entrate fiscali del cantone hanno aumentato la propria dipendenza d a questi grossi contribuenti (persone fisiche o giuridiche) con la valigia sempre pronta. Nonostante l’aumento del numero delle imprese, in Ticino sono cresciuti la povertà, la sotto-occupazione e il numero di persone che necessitano di assistenza. Senza contare che i salari in diversi settori diminuiscono da anni. Se vogliamo parlare di fiscalità occorrerebbe chinarsi sul fatto che oltre un quarto della popolazione ticinese non paga le imposte. Il motivo: non ha un salario o non ha un salario sufficientemente alto per essere sottoposto al prelievo fiscale.
La riforma in questione è solo la prima di una serie di regali fiscali previsti nei prossimi mesi. A partire da quelli che saranno integrati nel Progetto fiscale 17 promosso dalla Confederazione a seguito della pesante bocciatura, lo scorso mese di febbraio, della Riforma della fiscalità delle imprese (Rii3). Perciò, come nel caso della Rii3, occorre mandare subito un segnale chiaro alla politica ticinese.

 

Il formulario per la raccolta delle firme può essere scaricato qui.

Pubblicato il 

19.12.17
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