Oltre un centinaio di tute arancioni, in piedi una di fianco all’altra, in un grande magazzino di stoccaggio della Stahl Gerlafingen. Di fronte a questa schiera Silvio Beck, capo della commissione del personale, e Matteo Pronzini, responsabile per Unia del ramo industriale Mem, hanno dato loro le ultime indicazioni in vista della manifestazione del 9 novembre, aggiornato sulla situazione e aperto un confronto. Questo è quanto accaduto durante le due grandi assemblee del personale che si sono svolte il 5 novembre a Gerlafingen. Per Matteo Pronzini, «si è trattato di un momento molto importante della mobilitazione, non meramente organizzativo, ma utile per far crescere la consapevolezza tra i lavoratori dell’importanza di questa lotta e della possibilità reale di vincerla». Nel contesto industriale svizzero-tedesco non è semplice costruire dinamiche resistenti così forti ed efficaci eppure questi lavoratori, con l’aiuto dei sindacati, ci stanno riuscendo: «La commissione del personale ha fatto un gran lavoro nella fase iniziale, ma con l’avanzare della mobilitazione anche gli altri lavoratori hanno preso coraggio e fiducia nelle proprie possibilità. Questa mobilitazione può essere d’esempio anche per altre realtà industriali del Paese», ha aggiunto Pronzini. Un’alleanza inaspettata Pochi avrebbero scommesso qualche anno fa che un giorno il movimento per il clima si sarebbe speso così tanto per salvare un’acciaieria. Eppure, così sta avvenendo. A Gerlafingen, come è noto, si produce acciaio di grande qualità a partire da rottame riciclato con emissioni cinque volte inferiori rispetto all’acciaio tradizionale. Una volta prodotto, l’acciaio raggiunge cantieri e altri luoghi in Svizzera in breve tempo con ulteriore risparmio di emissioni. Il movimento per il clima ha capito che importare acciaio a prezzo più conveniente dall’estero significa semplicemente aumentare esponenzialmente le emissioni. Sostenere la Stahl Gerlafingen significa coniugare politica industriale e politica climatica. Questo è stato il messaggio forte della manifestazione del 9 novembre ribadito sia da due attiviste climatiche presenti sul palco, sia dai lavoratori stessi. Queste le parole di Silvio Beck che hanno aperto la manifestazione: «Siamo qui per i nostri posti di lavoro, ma in gioco c’è molto di più: siamo qui anche per salvare l’azienda di riciclaggio più grande del paese». Un messaggio ribadito dalla Presidente Unia Vania Alleva che ha ricordato l’importanza di un acciaio a basso tasso di emissioni di CO2 «per rafforzare la transizione ecologica anche nel settore delle costruzioni». Lavoratori, sindacati, attivisti per il clima chiedono insomma ai decisori di intraprendere una politica industriale seria che sia anche allo stesso tempo una politica climatica, una sterzata in direzione di una transizione ecologica e sociale reale e non solo a parole. Per farlo occorre rompere un tabù neoliberista molto caro agli esperti di economia alle nostre latitudini: l’industria può e deve essere sovvenzionata dallo Stato. Tempo di decisioni Il 9 novembre ha segnato il punto più alto e anche la fine di una fase della mobilitazione. La lotta dalla fabbrica si è trasferita in società e nei palazzi della politica. A contribuire a tutto ciò è stata anche la petizione a sostegno degli operai, firmata in pochi giorni da oltre 15.000 persone, la manifestazione dei lavoratori in Piazza federale a Berna a ottobre e la consegna delle firme al Consigliere federale Parmelin. Una parte della politica, avvertendo la forte pressione, non è rimasta indifferente: «Alla Commissione Economia degli Stati sono state depositate tre mozioni che saranno discusse nella sessione parlamentare di dicembre. Sono piuttosto simili e chiedono al Consiglio federale di riconoscere la situazione di emergenza e di intervenire per salvare l’acciaieria. Roger Normann, Consigliere nazionale socialista, ha inoltre presentato una proposta in Commissione energia per ridurre i costi dell’energia sostenuti dalla fabbrica. Con i lavoratori stiamo inoltre definendo le modalità per richiedere al Cantone di Soletta di intervenire attraverso un prestito di 20 milioni di franchi come avvenuto nel 1997» ha affermato Pronzini. La lotta della Stahl Gerlafingen ha dimostrato che la contrapposizione tra lavoro di qualità e transizione ecologica non ha ragione d’essere. Ha scritto pagine importanti per un nuovo e accattivante vocabolario delle lotte del mondo del lavoro elvetico. La politica elvetica non può permettersi di restare a guardare. |