La revisione della legge sull'asilo in votazione il prossimo 5 giugno non è una riforma “equa”, ma uno strumento che riduce ulteriormente le possibilità di ottenere rifugio in Svizzera per i disperati in fuga da guerre e persecuzioni e che consente alle autorità di “liberarsene” in fretta grazie alla prevista “procedura celere”. Siamo insomma di fronte ad un ennesimo inasprimento della legge perfettamente in linea con le passate controriforme, leggermente edulcorato da qualche norma ragionevole (per esempio in favore delle famiglie con bambini o dei minori non accompagnati). Sarà anche per questo che l'Udc, pur avendo promosso il referendum e pur dichiarando che il testo in questione rappresenterebbe l’adozione di una “cultura dell’accoglienza irresponsabile” e che la sua messa in pratica trasformerebbe la Svizzera in un “Eldorado per tutti i migranti che giungono in Europa”, rinuncia di fatto a fare campagna. Niente affissioni e nessun invio di materiale di propaganda a alle economie domestiche, ma solo volantinaggi e uso dei media, ha annunciato il partito di Blocher, sostenendo che “l’Udc ha mezzi limitati”: una spiegazione semplicemente ridicola, un modo per non dire che in fondo questa riforma va bene anche all’Udc. Basta leggere un po’ attentamente le norme per rendersi conto che non si tratta di una legge “equa” come sostiene il consiglio federale. Limitiamoci ad evocare gli aspetti più problematici. “Le persone che sono esposte a seri pregiudizi o hanno fondato timore di esservi esposte per aver rifiutato di prestare servizio militare o per aver disertato” non sono considerati “rifugiati”. Tutti e in nessun caso, per definizione. Il richiedente che “senza un valido motivo viola il suo obbligo di collaborare” (secondo il giudizio di chi?), perde il diritto all’esame della sua pratica e ogni possibilità di ricorso: “la domanda è stralciata ...senza formalità”, recita la legge. I cosiddetti “recalcitranti” (termine orribile, usato per definire, secondo il dizionario Devoto-Oli, un “animale da tiro, da sella o da soma ostinatamente restio a lasciarsi guidare”), giudicati tali in modo totalmente arbitrario, vengono collocati in centri speciali di detenzione I richiedenti che hanno già messo piede in uno stato dell’area Schengen e che, in nome dell’accordo di Dublino, devono essere rinviati in quello stato non avranno di fatto alcuna possibilità di contestare la decisione. Se si considera che già oggi queste persone sono oggetto di un trattamento disumano (trascorrono 17 ore al giorno in cella e spesso vengono privati dei documenti che necessiterebbero per inoltrare ricorso, si veda l’inchiesta apparsa su area del 4 dicembre 2015) è facile immaginarsi cosa accadrebbe con la prevista “procedura celere”. In generale i termini per inoltrare i ricorsi e per la trattazione degli stessi (indipendentemente dalla complessità dei casi) vengono ridotti al minimo, spalancando così la porta a decisioni affrettate e arbitrarie. Un normale cittadino che contestasse la presenza di un pollaio sul terreno del vicino sarebbe meglio garantito. L’assistenza legale gratuita tanto contestata dall’Udc è solo uno specchietto per allodole. Il compito di consulenza viene infatti affidato dalla Segreteria di Stato della migrazione (Sem) “a uno o più fornitori di prestazioni”, che avranno l’obbligo di informare “quanto prima il richiedente l’asilo sulle probabilità di riuscita della procedura d’asilo” e potranno unilateralmente decidere se interporre un ricorso. “La rappresentanza legale cessa nel momento in cui il rappresentante legale designato comunica al richiedente l’asilo di non voler interporre ricorso, in quanto esso non avrebbe alcuna probabilità di successo”, recita la legge. Infine (ma non per importanza) va rilevata la cancellazione definitiva dalla legislazione elvetica (la misura era stata introdotta provvisoriamente nel 2012) del diritto di presentare domanda d’asilo presso le ambasciate elvetiche. Il che è semplicemente assurdo, tenuto conto che se si reintroducesse questa possibilità, a molti migranti si risparmierebbero pericolosi e interminabili viaggi via terra o via mare spesso nelle mani di trafficanti di esseri umani senza scrupoli. Ci sono insomma abbastanza ragioni per sostenere l’appello lanciato da un gruppo di politici e intellettuali romandi ed esprimere un no di sinistra a questo ennesimo atto di smantellamento del diritto d’asilo, senza paura di “mischiare” il proprio voto con quelli della destra nazionalista: perché questo non è un referendum pro o contro l’Udc, ma sui destini di donne, uomini e bambini che scappano dalle guerre e dal terrore.
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