Un'industria che ha perso il treno

Il declino dell’industria ferroviaria e tranviaria elvetica sembra inarrestabile. È il tramonto di un altro tassello del mitico “Swiss Made”, in un paese in cui l’attaccamento ai treni con la croce svizzera è estremamente radicato e dove molti hanno almeno un antenato che ha lavorato in ferrovia. Per decenni le locomotive e i treni elvetici sono stati dei simboli dell’orgoglio industriale e dell’identità nazionale. Ma il patrimonio legato a grandi nomi come Brown Boveri, Sulzer, Schindler e Sig sta scomparendo. Dal 1998 l’impiego nel settore del materiale rotabile si è dimezzato a circa 2 mila 800 occupati. Il mercato svizzero, di dimensioni relativamente modeste, ha subito l’urto della liberalizzazione e si è aperto alla concorrenza delle multinazionali estere. In controtendenza vi è la spettacolare crescita del gruppo turgoviese Stadler Rail, specializzato nei treni regionali, che sta persino conquistando significative nicchie di mercato in Europa. Un’eccezione positiva, poiché svolge un ruolo trainante per le rimanenti ditte subappaltatrici del settore. A Pratteln, alle porte di Basilea, Bombardier sta chiudendo i battenti della più grande fabbrica ferroviaria svizzera. Per centinaia di lavoratori è la fine di un’epoca: i 364 a contratto e i 163 interinali. Qui si è montato il 44esimo e ultimo Icn, il treno intercity a inclinazione variabile, concepito esclusivamente per le Ferrovie svizzere e orgoglio di dirigenti e collaboratori. Dopo 50 anni, nei capannoni che occupano una superficie di 110 mila metri quadrati, si conclude una vicenda industriale che ha visto succedersi Schindler, Asea Brown Boveri, quindi l’alleanza tra Abb e Daimler-Benz in AdTranz, poi la cessione della partecipazione Abb a Daimler e infine appunto il colosso mondiale canadese Bombardier. Tra gli ex-collaboratori, per il 40 per cento frontalieri, solo un centinaio hanno ritrovato un impiego. I lavoratori interinali, quasi tutti frontalieri, sono letteralmente scomparsi dal mercato del lavoro. Ironia dei tempi ora si cercano soluzioni più terziarie che produttive. Il progetto Manor di un immenso centro commerciale con 500 impieghi è tuttavia già stato bocciato dalle autorità di Pratteln e Muttenz. Avrebbe provocato l’esplosione del traffico privato. Alfred Ruckstuhl, direttore di Bombardier Svizzera, ha vissuto e modellato nell’ultimo decennio il processo di ristrutturazione, fusione e ridimensionamento dell’industria ferroviaria elvetica, determinato dai raggruppamenti a livello internazionale. «Per anni abbiamo ottenuto ordinazioni importanti per il mercato svizzero. Ciò ha dato lavoro alla fabbrica di Pratteln. Ma un ciclo si chiude e il mercato è cambiato. Nei prossimi anni non sono prevedibili comande rilevanti nel traffico intercity. Dobbiamo perciò adattare l’assetto del nostro gruppo a livello mondiale e svizzero alla situazione di mercato». La chiusura imminente dello stabilimento di Pratteln è stata criticata il 7 febbraio scorso da sindacati e personale: un’azione di protesta proprio mentre usciva dai capannoni uno degli ultimi Icn. Hanno denunciato la perdita di sapere tecnologico e professionale. Per salvare i posti di lavoro, hanno sperato fino all’ultimo in una soluzione industriale con altre attività e l’intervento di nuovi consorzi: invano. Bombardier non è ovviamente disponibile ad un progetto che darebbe origine a una produzione industriale in concorrenza con le sue attività. La crisi e le prospettive del settore sono state analizzate su incarico del sindacato Unia da Peter Marti, dell’ufficio di ricerche sui trasporti Metron. La debolezza storica dell’industria ferroviaria svizzera, con l’eccezione parziale dell’Abb, è stata il non aver saputo o potuto affermarsi sui mercati esteri offrendo anche treni completi. Lo studio evidenzia che l’apertura dei mercati ha provocato un declino progressivo. La svolta nel 1999: le esportazioni calano, mentre aumentano le importazioni. Secondo Marti «da una parte, si sono accumulate delle sovracapacità di produzione a livello mondiale; in Europa ha inciso inoltre l’allargamento agli ex-paesi dell’est. D’altra parte i tre global players del settore (Bombardier, Alstom, Siemens ), di fronte a una pletora di luoghi di produzione, hanno cominciato a ristrutturare. Nonostante la liberalizzazione, e diversamente dalla Svizzera che è in certo qual modo l’allievo modello, in Europa si privilegiano di fatto ancora i produttori locali. La concentrazione è quindi avvenuta sui mercati più importanti». Per 5 anni le ordinazioni delle Ffs hanno assicurato a Bombardier un fatturato medio annuo di 500 milioni: oltre alla flotta dei veicoli di comando, le 341 carrozze a due piani per l’Intercity 2000 e l’Icn. Ma nel bando di concorso per la seconda generazione della S-Bahn zurighese a due piani, Bombardier per la prima volta non l’ha spuntata. Ed è stato il colpo di grazia. Alfred Ruckstuhl afferma che «oggi ci sono condizioni precise per i bandi di concorso: prezzo, tempi di consegna, economicità, costi della manutenzione, ciclo di vita del prodotto. Le Ffs hanno purtroppo scelto l’offerta della concorrenza e siamo rimasti tagliati fuori». Senza prospettive anche il concorso per la seconda generazione dei “pendolini”, che la Cisalpino impiegherà sulle linee del San Gottardo e del Lötschberg-Sempione. L’attuale Icn svizzero non risponde alle esigenze del bando; secondo Ruckstuhl un’offerta per una serie di sole 14 composizioni avrebbe richiesto investimenti tali da generare un rapporto costi-prezzo di vendita non interessante. La preferenza del consorzio Cisalpino (di cui fanno parte anche le Ffs) è andata a Alstom, l’erede di Fiat ferroviaria (che aveva costruito la prima generazione) e Sig (fornitrice dei carrelli). Sig ha intanto cessato la produzione a Neuhausen nel canton Sciaffusa, cancellando 85 posti di lavoro. Le ferrovie federali Ffs hanno a lungo preferito l’industria nazionale, che consorziata offriva locomotive e carrozze su misura. Vi era una sorta di intesa dietro le quinte tra ABB, Sulzer-Slm, Schindler e Sig per la produzione rispettivamente di locomotive, vetture e carrelli, delle parti meccaniche e di quelle elettriche. Ma la liberalizzazione, secondo le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio, e l’esigenza di controllo dei costi hanno imposto l’abbandono di una politica protezionista. Per il direttore generale delle Ffs Benedikt Weibel la svolta è irrevocabile: «operiamo nell’ambito di regole precise, fissate dalla legge federale sui bandi di concorso. Dobbiamo far giocare la concorrenza e scegliere l’offerta migliore. L’epoca dei monopoli nazionali e delle intese di settore è definitivamente tramontata». * Questo articolo è una versione ampliata e aggiornata del documentario andato in onda nella rubrica Micromacro della Tsi il 25 aprile 2005: www.rtsi.ch/trasm/micromacro/. La multinazionale tedesca Siemens entra in gioco per la prima volta con l’ordinazione per la S-Bahn zurighese di 35 treni Desiro: un affare da 447 milioni, che verrà realizzato principalmente nella fabbrica di Praga. Per la costruzione dei convogli di quattro carrozze a due piani e a pianale ribassato, il 30 per cento delle componenti verranno acquistate in Svizzera. La turgoviese Stadler esegue l’assemblaggio delle due carrozze intermedie. La consegna è prevista a partire dal 2006. Ulrich Ritter, direttore di Siemens-Transportations Svizzera, afferma che «tra le varie offerte la nostra era quella economicamente più vantaggiosa ed abbiamo ottenuto l’ordine». Per Siemens, che vanta un’opzione per altri 25 convogli, si tratta di un successo significativo. «È un ordine importante visto il suo volume», dice Ritter, «ma soprattutto ci consente di sviluppare la piattaforma Desiro nel segmento dei treni a due piani: speriamo di poterli vendere anche su altri mercati». Lo sfondamento di Siemens sul mercato svizzero concerne anche le eurolocomotive policorrente, destinate unicamente al traffico merci. Le 18 motrici fornite a Ffs-Cargo potranno essere impiegate dalla Germania all’Italia: prezzo 99 milioni. Lo sviluppo del traffico merci privilegia l’attraversamento di diversi paesi senza cambio di locomotiva. Ffs-Cargo è un esempio delle nuove percorrenze. L’europeizzazione di questo mercato ne è una chiara conseguenza. Qui ritroviamo la concorrenza con Bombardier, che fornisce a Ffs-Cargo e Bls-Cargo complessivamente 48 locomotive per il traffico nord-sud, a due rispettivamente tre sistemi di corrente. La loro entrata in esercizio è la chiave della nuova strategia transnazionale e transfrontaliera, in un mercato liberalizzato aperto alla concorrenza delle ferrovie tedesche. Con una ricaduta importante per l’occupazione: infatti Bombardier mantiene a Zurigo-Oerlikon un centro di competenza mondiale nell’ingegneria in questo campo: sono 350 dei 700 addetti che il gruppo impiega tuttora in Svizzera.

Pubblicato il

17.06.2005 01:30
Sergio Agustoni
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