Quando si è chiamati a votare su una possibile riforma fiscale, è utile conoscere bene la situazione socio-economica di un territorio. Appurato che i contribuenti estremamente facoltosi – al centro dell’attenzione in vista della votazione del 9 giugno – in Ticino non mancano (ma anzi aumentano ogni anno), è quindi il caso di concentrarsi su altre fasce della popolazione, ben più popolose e decisamente meno presenti nel dibattito politico. 50mila dei circa 210mila individui assoggettati all’imposta cantonale sul reddito risultano esenti. Ciò equivale praticamente a un contribuente su quattro. Chi sono queste persone? Quale il loro profilo? In quale situazione economica vivono? Abbiamo tentato di sollecitare in tal senso il Cantone, ma la Divisione contribuzioni ha fatto sapere di non disporre dei dati sociodemografici delle dichiarazioni d’imposta in entrata. Non resta quindi che fare delle supposizioni, anche se la Legge tributaria cantonale, così come altri studi pubblici, ci danno un aiuto. I soliti noti La legge esenta dall’imposta sul reddito quelli inferiori a 12.300 franchi. Sono inoltre esenti i redditi inferiori a 20.100 franchi di coniugi, di contribuenti vedovi, separati, divorziati, nubili o celibi che sostentano figli minorenni (o che stanno studiando o facendo un tirocinio, fino a 28 anni di età) o che provvedono in modo essenziale a persone bisognose. Incrociando i dati con la “Statistica sulla povertà in Ticino” (USTAT 2023), basata su dati del 2018, i conti in parte tornano. Lo studio mostra infatti chiaramente che, in Ticino, a vivere in condizione di povertà reddituale assoluta sono quasi 21mila persone (prima della pandemia e di due guerre). Significa, in poche parole, non disporre del minimo vitale per tirare a campare. La categoria più colpita, inoltre, è proprio quella delle famiglie monoparentali, seguita da adulti soli e anziani, in particolare quelli oltre gli 80 anni. Tutto ciò senza considerare inoltre i 40mila individui che, in Ticino, sono a rischio povertà e che dispongono probabilmente di un imponibile piuttosto basso. «Una percentuale rilevante, ben superiore a quanto si osserva nel resto della Svizzera» Benché non sia possibile stabilire in maniera univoca la composizione sociodemografica di quel 25% di contribuenti esenti dall’imposta sul reddito, alcuni dati fiscali lasciano intravedere una realtà quantomeno disequilibrata, visto che oltre al 25% di cui sopra, un altro 30% di assoggettati ha un reddito imponibile sotto i 40mila franchi. Da questo siamo partiti, dunque, nell’intervista a Sergio Rossi, professore ordinario di macroeconomia ed economia monetaria all’Università di Friburgo. Professore, cosa riflette nel 2024, in Svizzera, il fatto che un quarto dei contribuenti ticinesi non può pagare le imposte sul proprio reddito? Si tratta di una percentuale rilevante, ben superiore a quanto si osserva nel resto della Svizzera dal 2000 innanzi. Questa fascia di contribuenti è formata da diverse categorie di persone fisiche, soprattutto donne “single” – sia lavoratrici sia pensionate –, famiglie monoparentali e “working poor”. Ci sono evidentemente anche dei pensionati che, per varie ragioni, hanno un basso livello di rendite del primo (AVS) e del secondo pilastro (cassa pensione). Tutto ciò riflette la situazione economica ticinese, strutturalmente più fragile che negli altri cantoni, sia storicamente sia in termini congiunturali. È evidente che se una parte importante della popolazione in Ticino riceve bassi stipendi durante tutta la vita professionale, quando sarà in pensione riceverà la rendita minima e dovrà far capo alle prestazioni complementari e magari anche all’assistenza sociale per avere il minimo vitale. A livello strutturale, che ripercussioni può avere un modello “a rincorsa” dei grandi contribuenti, modello che prevede continui sgravi a loro favore come quelli sostenuti dai favorevoli alla riforma fiscale? Questa strategia fiscale aggrava la situazione economica ticinese sul piano strutturale, in quanto riduce le risorse finanziarie dello Stato. Ciò indurrà i politici al governo e in parlamento a ridurre la spesa pubblica per limitare l’indebitamento (se non addirittura per raggiungere il pareggio del conto economico) del Cantone, come abbiamo visto in tempi recenti. In generale, la riduzione delle aliquote di imposta per le persone molto benestanti non porta alcun vantaggio per l’economia ticinese, visto che queste persone non spendono maggiormente nel sistema economico ticinese quando si riduce il carico fiscale sul loro reddito o sulla loro sostanza. Questa dipendenza dai grandi contribuenti costituisce un modello sostenibile sul lungo periodo e nell’ottica di uno sviluppo armonico della società? Assolutamente no. Non si tratta di aumentare il carico fiscale di questi contribuenti, ma di fare in modo che la finanza pubblica ticinese sia un fattore di sviluppo armonico della società nel suo insieme, vale a dire che lo Stato deve raccogliere delle risorse fiscali che siano sufficienti per finanziare la spesa pubblica in maniera sostenibile a lungo termine. I recenti tagli nel campo socio-sanitario e nell’istruzione pubblica dimostrano che non si può continuare su questa traiettoria al ribasso della fiscalità dei grandi contribuenti, per evitare la continua diminuzione della qualità e della quantità dei servizi pubblici, che a lungo termine può anche indurre una fuga di una parte notevole di questi contribuenti. |