Un cantone mancato

La prima guerra mondiale trascina con sé molte delle certezze che si erano sviluppate durante l’Ottocento: con la fine del conflitto si sfalda irrimediabilmente il sistema di equilibri politici su cui si basavano, fino ad allora, le relazioni fra le grandi potenze. Svaniscono le certezze. L’impero austro-ungarico si sbriciola. In questo quadro di grandi cambiamenti, anche gli svizzeri si trovano a dover riflettere sul loro Paese e sulla complicatissima rete di relazioni interne che lo costituiscono. L’occasione è offerta dalla richiesta del Vorarlberg, il Land austriaco compreso fra il Reno e il Tirolo, di entrare a far parte della Confederazione. L’11 marzo 1919 la popolazione del Vorarlberg, con 47’000 voti contro 11’000, esprime chiaramente il suo desiderio di diventare il ventitreesimo cantone elvetico. Molti sono i motivi che spingono questi ex sudditi della corona di Austria-Ungheria ad avanzare la loro candidatura: il grande impero di cui facevano parte non esiste più e il futuro appare incerto e poco rassicurante. Ai danni della guerra si aggiunge una grave carestia e la mancanza assoluta di risorse finanziarie. In questo frangente di crisi gli aiuti più consistenti provengono proprio dalla vicina Confederazione. Per la Svizzera, però, un eventuale allargamento a Est solleva parecchi problemi e non di minore importanza. La solidarietà confederale esce non poco acciaccata dalla prova del primo conflitto mondiale: la spaccatura tra svizzeri tedeschi e svizzeri francesi, il cosiddetto Röstigraben, è tutt’altro che rimarginata. L’entrata nella Confederazione di un nuovo Cantone di lingua tedesca rischierebbe di esasperare le contrapposizioni interne. Anche sul piano confessionale sorgono difficoltà. Il Vorarlberg è cattolico e i Cantoni protestanti storcono il naso di fronte alla possibilità di aumento della popolazione cattolica. I ticinesi, infine, voglio assolutamente evitare che facendo leva sulla vicenda del Vorarlberg, l’Italia decida di avanzare pretese sul loro Cantone. Solo alcune élites intellettuali, guidate da testate giornalistiche come la «Neue Zürcher Zeitung», il «Bund», e il «Journal de Genève» appoggiano incondizionatamente l’allargamento. La popolazione dei Cantoni rimaneva invece piuttosto contraria al cambiamento. Da parte sua il Consiglio federale è diviso e tergiversa e guadagna tempo. Ed è proprio il tempo che manca. A Parigi i vincitori si riuniscono per ridisegnare l’Europa. La Francia, dimentica la promessa di garantire l’autodeterminazione dei popoli dell’ex impero, fa valere il suo peso di potenza vittoriosa e si oppone allo smembramento dello Stato austriaco.

Pubblicato il

14.09.2001 13:30
Roberto Ruegger