Un cantiere molto

Un sogno di cantiere, o quasi. A un mese dalla conclusione delle due fasi più pesanti del “Progetto Generoso” il Ticino su gomma – e quello politico – può ora tirare un sospiro di sollievo. Il traffico scorre nuovamente su tutte e due le corsie dell’autostrada A2 fra Melano e Mendrisio. Con la chiusura di questa ulteriore tappa dell’imponente cantiere è infatti terminato il periodo di gestione della viabilità denominato 4-0 che vedeva spostata tutta la circolazione stradale su un’unica corsia. Il Consorzio italo-ticinese Cossi Costruzioni Spa e Boni&Foglia ha concluso la fase più critica dei lavori con ben 39 giorni di anticipo (incassando 3,9 milioni di franchi di bonus) e verosimilmente con un risparmio previsto sui costi di 13 milioni di franchi, 114 milioni al posto di 127 milioni di franchi. Restano ora da svolgere unicamente dei lavori ritenuti marginali. Non c’è stato nessun incidente grave sul temuto cantiere (l’ambulanza non è mai dovuta intervenire), nessuna coda neppure nei momenti più critici dell’anno mentre si è avuta una particolare attenzione alle condizioni di sicurezza sul lavoro (un solo ferito leggero). Un cantiere esemplare vien da pensare quindi, eppure l’avvio non era stato dei più felici. Quando nel luglio del 2001 il Consiglio di Stato assegnò l’appalto alla valtellinese Cossi e alla luganese Boni&Foglia (tutti gli altri concorrenti erano svizzeri) si innescarono una serie di ricorsi. In molti vedevano l’assegnazione dell’appalto come l’inizio della conquista del mercato ticinese da parte di imprese estere. Eppure alla prova dei fatti le cose non sembrano stare così, «il 70 per cento del fatturato si è riversato sull’economia ticinese e abbiamo sempre prediletto la collaborazione con le imprese locali», ci ha confermato l’ingegnere Pietro Faifer della Cossi di Sondrio. Dumping salariale allora? «Non solo sono state rispettate le condizioni del contratto collettivo di settore ma il Consorzio ci ha ascoltati ed ha voluto andare oltre», ci ha detto Davide Polli segretario aggiunto della sezione Sottoceneri del Sindacato Edilizia&Industria (Sei). Nessun mordi e fuggi in definitiva anche se «saremmo stati più contenti se il lavoro fosse stato svolto interamente da ditte indigene», ha commentato Dante Gilardi presidente della sezione Ticino della Società svizzera impresari e costruttori (Ssic). Ma infine cosa resterà di questa “avanguardistica” esperienza di collaborazione transfrontaliera che ha sconfessato ogni timore? Ci è voluta la presenza di una ditta italiana per raggiungere nuovi standard? Lo abbiamo chiesto ai principali attori coinvolti. La Cossi Costruzioni Spa è la ditta di Sondrio che ha vinto – insieme alla Boni&Foglia di Lugano e dopo parecchi ricorsi – l’appalto per il “Progetto Generoso”. Conta circa 300 dipendenti e si situa fra la 30esima e la 40esima posizione per fatturato del settore costruzioni in Italia. «Conosciamo la Svizzera per sentito dire perché ci hanno lavorato i nostri nonni e zii, siamo valtellinesi, abitiamo a due passi da voi – ci dice il direttore tecnico dell’impresa italiana Pietro Faifer –. Ma il vostro è un mercato chiuso. Come abbiamo fatto allora ad aggiudicarci l’appalto pubblico? Grazie alla nostra esperienza, ad un buon progetto e ai rischi imprenditoriali che abbiamo deciso di correre. Certo che le polemiche non sono mancate. Abbiamo fatto i nostri conti insomma e abbiamo rischiato». L’appalto prevedeva infatti anche un bonus-malus di 100 mila franchi al giorno per ritardi o anticipi nella chiusura della tappa più critica con la posa dei nuovi viadotti autostradali (che si è conclusa con 39 giorni di anticipo). «Le voci che abbiamo insegnato qualcosa agli svizzeri sono da smentire – continua Faifer –. Sono voci più da ambienti politici che tecnici. Abbiamo trovato professionalità e qualità nelle rifiniture tanto che abbiamo subappaltato alle imprese ticinesi. Resta pur vero comunque che noi abbiamo saputo prenderci dei rischi e forse questo è mancato alle altre imprese concorrenti. Ma quando ci si confronta su un mercato protetto è così. Comunque sono aziende che possono calarsi in qualsiasi realtà se sapranno ammodernare alcuni loro processi». «Non abbiamo paura delle imprese estere, le regole devono però essere uguali per tutti – precisa Dante Gilardi presidente della Ssic –. Pensi ad esempio a tutte le parti d’opera prefabbricate. Queste produzioni all’estero non sono sicuramente state eseguite nel pieno rispetto dei nostri contratti collettivi. Oppure pensi alla parte di lavoro di sicurezza o direzione che pesa il 10-15 per cento sul budget totale. Questi lavoratori sfuggono al Ccl. Si può portare un ingegnere o un geometra dall’Italia che costa molto meno. Ecco dove possiamo essere svantaggiati. I pericoli sono sempre in agguato dopo la tappa dei bilaterali del primo giugno». Non è quindi tutto oro quel che luccica secondo il presidente dell’associazione che rappresenta gli impresari costruttori ticinesi. Impresari costruttori che nel 2002 avevano criticato a più riprese i termini del bando di concorso e le autorità cantonali. «È vero che all’inizio non eravamo d’accordo di fare dei lotti così grossi, forse con lavori più piccoli avremmo potuto fare tutto con le imprese ticinesi ma le autorità hanno deciso diversamente e noi ne abbiamo preso atto. Certo, è sotto agli occhi di tutti che i lavori sono andati in fretta. Non ho altri dettagli per poter giudicare anche la qualità dei lavori. Comunque, forse in questo caso, per un lavoro di grandi dimensioni il consorzio transfrontaliero era una soluzione auspicabile. Almeno c’era una nostra associata. Chiaro che se potessimo fare tutto da noi saremmo ancora più contenti», conclude infine Gilardi. Davide Polli, segretario aggiunto della sezione Sottoceneri del Sei è particolarmente soddisfatto per le condizioni di lavoro sul cantiere del Generoso. «Il Consorzio transfrontaliero non ha solo rispettato le regole del contratto collettivo di lavoro del settore (Ccl) – ci ha detto il sindacalista – ma è andato oltre. Il primo giorno di lavoro tutti gli impiegati hanno ricevuto l’attrezzatura completa senza pagare nulla. Non è affatto una cosa ovvia. Inoltre hanno accettato la nostra proposta di partecipare ai costi del vitto e dell’alloggio. Gli operai pagavano solo 24 franchi al giorno tutto compreso». Una scommessa, quella dell’importante cantiere nel mendrisiotto, vinta quindi non solo dai costruttori e dai politici ma anche dai lavoratori e dai loro rappresentanti sindacali. «Non nascondo che all'inizio temevamo questo cantiere, con la presenza di un'impresa estera e dopo i bilaterali. Per questo motivo il sindacato si è voluto muovere in anticipo. Siamo riusciti addirittura ad ottenere una primizia a livello svizzero: una intera giornata di formazione pagata dalla Cossi e dalla Boni&Foglia. Già prima dell’inizio dei lavori abbiamo potuto discutere con gli imprenditori e non siamo mai entrati in polemica con loro. Non è un caso che il livello della sicurezza sia stato così alto». Il sindacato si dichiara relativamente stupito dal comportamento delle imprese coinvolte. «Un cantiere idilliaco? Non lo definirei così, parlerei piuttosto di rispetto reciproco. Fa piacere sentire, come è stato in questo caso, che non siamo visti come degli antagonisti ma come partner produttivi. Vorremmo che fosse sempre così. E il risultato è sotto agli occhi di tutti, ed è stato raggiunto con pochissimi incidenti di carattere lieve sul lavoro». «Cosa resterà di questa esperienza? Sicuramente un know-how che si è migliorato, anche per noi del sindacato. Il Ccl fissa gli standard minimi, certo con la volontà si può andare oltre e ne traggono vantaggio tutti. Ad esempio sul cantiere era presente un ingegnere addetto unicamente alla sicurezza. Sarebbe davvero bello se le cose potessero sempre andare in questa maniera. Qui non abbiamo mai avuto ostacoli per svolgere la nostra attività».

Pubblicato il

10.09.2004 03:30
Can Tutumlu