Un budello senza sbocchi

Mi si spezza il cuore se penso all'urlo d'agonia del cervelat. Un urlo che si sta facendo vieppiù flebile con l'avvicinarsi del momento fatale in cui termineranno le scorte di budello brasiliano. E qui al dolore si mischia la rabbia: è mai possibile che la nostra mitica salsiccia possa rimanere strozzata in un budello straniero? Adesso dobbiamo scoprirlo? Abbiamo consumato tonnellate di cervelat, quintessenza della produzione svizzera, senza sapere che si era laidamente arreso all'abbraccio di un budello carioca. Non so se c'è bisogno di ulteriori prove ma ancora una volta mi trovo a dire: visto cosa succede a cedere sul terreno dell'autarchia? Una malattia tra le vacche di un paese decisamente lontano, il divieto di importarne i budelli e la nostra gloriosa industria del cervelat non sa più dove inguainare le proprie salsicce. Adesso si studiano alternative ma è difficile correre ai ripari quando le mucche brasiliane sono scappate dalle stalle. Non si sa che fare perché sembra che il miglior budello sia proprio quello lì. Pare una beffa.
Ma non è uno scherzo. Veramente rischiamo di andare incontro a estati dove le grigliate saranno orfane di cervelat. Ma come si fa? Ci mancherà la curva sorridente del cervelat che sfrigola sulla graticola. O avete presente quando lo infilziamo con un bastoncino con le estremità incise a croce, lo mettiamo a rosolare sul fuoco e lui per divertirci si apre come un doppio fiore?    
Potrebbe venirci un dubbio: forse il cervelat si sta ribellando dopo aver subito per anni torture medievali? Ha voluto significarci un chiaro "no" al suo martirio tipicamente estivo? Non crediamo. Il soldato Cervelat è sicuramente orgoglioso di immolarsi sulle nostre griglie, conscio del suo contributo alla felicità della Nazione. Se così non fosse il primo ad esaurirsi dovrebbe essere il kebab che viene lasciato ore e ore a rosolare a fuoco lento. E invece quello resiste! Non conosce labili budelli, ha la scorza dura. Proprio per questo è venuto, ha visto e ha conquistato le nostre manifestazioni all'aperto. Chi non si è mai lasciato rapire dai suoi effluvi che spande per l'aria in un misto subdolo di unto, cipolle e spezie orientali? E intanto il nostro povero cervelat langue dimenticato da chi l'ha tradito attirato dalle lusinghe esotiche. Ancora una volta: ecco cosa succede arrendendosi a prodotti esteri.
Ma come si fa a disamorarsi delle sue curve seducenti? Perché rischiare che una gloria nazionale si riduca a un sogno di una notte d'estate? No, il cervelat non può essere solo un'avventuretta vacanziera. Il cervelat deve rimanere per sempre nel cuore e nello stomaco dei cittadini confederati. Ti prego, non abbandonarci cervelat. Non diventare una nota a piè di pagina sui futuri libri di storia svizzera.
Mi permetto infine di citare alcuni versi struggenti del celebre poeta macellaio che in un momento di malinconia immaginò questo epitaffio: "Oh, cervelat / tu sei come una falce di luna calante / nel cielo estivo dell'elveticità".

Pubblicato il

15.02.2008 13:30
Flavia Parodi