Un bisogno di sinistra

Per battere la destra la sinistra deve convergere al centro e il centro, a sua volta, deve fare una politica simile a quella della destra tentando di mitigarne gli effetti sociali. In altre parole, i candidati devono essere di centro per spruzzare i fondamentali del neoliberismo con qualche avanzo di welfare state, un po’ di sussidi disoccupazione e privatizzazione delle ferrovie ma non completamente, dell’acqua ma non completamente, e così via. Il centrosinistra tracimato nel centro può anche fare qualche guerra ma a condizione che sia umanitaria. È questa la filosofia che ha portato lo schieramento delle forze democratiche italiane che si battono contro Berlusconi e la sua banda clerico-fascista, razzista e padronale a una doppia sconfitta: quand’era al governo, dal ’96 al 2001, e successivamente in questi anni di flebile e timorosa opposizione. Sul governo mondiale e la lotta alla guerra come puro proseguimento della politica liberista, sulle privatizzazioni dei beni comuni e la deregulation del mercato del lavoro, sull’immigrazione, la scuola, l’etica, l’informazione, l’opposizione partitica procede divisa, subalterna, incapace di raccogliere i segnali straordinari che da Genova 2001 arrivano dalla società civile. Pesa la solitudine rispetto alla rappresentanza politica di movimenti capaci di intercettare il consenso della maggioranza del paese. Chissà che qualche riflessione non possa partire nella sfera dei partiti, prima delle elezioni regionali di primavera e delle politiche generali del prossimo anno? Partiamo dalla fine, cioè da quel che è successo a sinistra e nel centrosinistra la scorsa settimana. Domenica, alle elezioni primarie tenute in Puglia – roccaforte con la Sicilia dello sfondamento berlusconiano nel Mezzogiorno – ha vinto il candidato di Rifondazione comunista Nichi Vendola, sostenuto solo da Fausto Bertinotti e dai Verdi, che ha lasciato al palo Francesco Boccia, assessore centrista al comune di Bari sostenuto dalla Fed (il triciclo guidato dai Ds con Margherita e Sdi, vedi la scheda in questa pagina) e dunque partito come sicuro vincitore. Nichi Vendola è un quadro politico legato ai movimenti – la lotta degli operai di Melfi, la rivolta contro la costruzione di una discarica nucleare a Scanzano – ed è stato vicepresidente dell’Antimafia. È certamente collocato nella sinistra radicale e, non bastasse per i mal di pancia dei centristi, è anche esponente del movimento gay. La sua vittoria non può che essere letta come un segnale a chi si propone di sconfiggere Berlusconi. Tra sabato e domenica, poi, si è tenuta a Roma una grande assemblea promossa dal giornale quotidiano il manifesto per mettere in comunicazione la galassia piuttosto litigiosa e identitaria delle organizzazioni politiche della sinistra radicale, pacifista e antiliberista, con i movimenti che in questi anni hanno cercato di tracciare i contorni di un “altro mondo possibile”. Migliaia di attivisti, militanti, dirigenti hanno discusso per nove ore con la direzione del giornale – lo stesso che il 25 aprile del ’94 aveva riempito Milano contro Berlusconi e avviato la caduta del suo governo – l’intellettuale Alberto Asor Rosa e Susan George, di come ricostruire una cultura di sinistra in Italia. Al termine si è deciso un lungo percorso di confronto sui temi di fondo di una politica di sinistra nel terzo millennio e si è decisa una manifestazione di massa in piazza San Giovanni a Roma, in difesa della Costituzione e contro il governo. I segretari del Prc Fausto Bertinotti, dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio e del PdCi Oliviero Diliberto e i leader della sinistra Ds (Folena, Mussi e Salvi), intervenuti all’assemblea, hanno dovuto prendere atto che non sono più solo i partiti i soggetti dell’agire politico e che la cultura della delega appartiene ormai al secolo scorso. All’assemblea, salutata da un intervento sul manifesto di Romano Prodi, hanno partecipato forze ambientaliste, i metalmeccanici della Fiom con l’intero gruppo dirigente e l’area di sinistra della Cgil. Il giorno successivo, sempre a Roma, un incontro promosso da un gruppo di riviste di sinistra, al termine di un lavoro seminariale ha varato una Fondazione e anche in questo caso, al centro i contenuti molto più dei contenitori, contro chi spinge per una semplificazione organizzativa tra i residui partiti e partitini di sinistra, in una logica che tende a ingessare la sinistra radicale al 13 per cento dell’elettorato italiano, quando le vere battaglie di sinistra in Italia raccolgono un consenso maggioritario. Ma le divisioni, nel centrosinistra, rimangono, esaltate soprattutto dal conflitto cieco tra il leader della Gad (vedi scheda sotto) designato “unanimemente”, Romano Prodi e il capo della Margherita Francesco Rutelli. Il quale, mentre avvenivano le cose di sinistra di cui sopra, si è lanciato in una dichiarazione che ha nuovamente fatto traballare la speranza degli italiani democratici: la socialdemocrazia è morta e meno male, dice l’ex sindaco di Roma, e l’eguaglianza è un patrimonio fetente da buttare alle ortiche, presumibilmente insieme alla rivoluzione francese. Si può capire che l’Unto del Signore abbia buon gioco nel gridare, in apertura di campagna elettorale, che la sinistra è “morte, terrorismo e fame”. Lo schieramento d’opposizione è tenuto insieme soltanto dall’obiettivo di battere Berlusconi. Ma può vincere, uno schieramento così, senza un programma realmente alternativo a quello della destra? Magari puntando sulle divisioni dell’avversario, le irruzioni del resuscitato Bossi che fa traballare la berlusconiana Lombardia? È dalla risposta a questo quesito che si potrà capire il nostro futuro. Sapendo che sempre più elettori pensano che, se battere Berlusconi è fondamentale, sconfiggere il dilagante berlusconismo lo è altrettanto: senza un progetto di società antitetico a quello del Cavaliere dell’Apocalisse vincerà nuovamente Berlusconi. Scheda Per i detrattori, l’unica cosa di grande nello schieramento elettorale antiberlusconiano è la prima lettera dell’acronimo: Gad, grande alleanza democratica in cui convergono tutti i partiti di opposizione al governo di Silvio Berlusconi. Ci sono le forze dell’Ulivo – i Ds guidati da Piero Fassino che stanno concludendo il loro congresso, la Margherita guidata da Francesco Rutelli e da cui proviene il leader della coalizione Romano Prodi, lo Sdi che raggruppa la frazione democratica nata dalla fine del Psi di Craxi, i Verdi, il PdCi di Diliberto e Cossutta, l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro più altre formazioni minori. E c’è anche Rifondazione comunista, “rifondata” una seconda volta in chiave unitaria e “pacifica” da Bertinotti, dopo la rottura con l’Ulivo nel ’98. Anche il Prc sta andando a congresso e il segretario dovrà vedersela con una forte opposizione interna contraria a un accordo di governo con Prodi e critica sulla scelta della non violenza. Difficile dire se della Gad faccia parte l’Udeur del democristiano Mastella che entra e esce a giorni alterni dallo schieramento. La Gad non ha un programma politico comune e i suoi componenti hanno posizioni diverse sul sistema elettorale e i diritti del lavoro, sulla guerra e le politiche per l’immigrazione, sulla scuola e la fecondazione assistita in vista dei referendum sopravvissuti alla tagliola della Corte costituzionale. La Fed, federazione democratica, altrimenti chiamata “triciclo”, è l’insieme di Ds, Margherita e Sdi. Il progetto prodiano prevede la fusione di queste forze in un unico partito naturalmente “riformista”. Si oppone a tale progetto la sinistra diessina che ha annunciato l’intenzione di abbandonare i Ds qualora il progetto dovesse tradursi in pratica. Ma se il triciclo non corre è per il conflitto sull’egemonia tra Ds e Margherita.

Pubblicato il

21.01.2005 04:30
Loris Campetti