Il popolo ha voluto la 13esima AVS? Se la paghi; Che fare per contenere l’aumento dei premi di cassa malati? Si chiamino alla cassa gli ammalati; E per contrastare il turismo degli acquisti? Si puniscano i consumatori; Come fare invece per compensare lo scriteriato forte aumento della spesa militare? Con misure di risparmio antisociali quali tagli su trasporti, asili nido, migrazione e aiuto allo sviluppo. Detto in modo estremamente semplificato, è così che vanno le cose in questo paese. È questo infatti il tipo di (non) risposte che dà la politica al problema principale che vivono i salariati e i pensionati: un costante impoverimento, una progressiva erosione del potere d’acquisto. Nulla di nuovo sotto il sole, ma un contesto che vale la pena ricordare perché la questione è al centro di fondamentali battaglie politiche e sindacali di strettissima attualità che toccano la carne viva delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati. Battaglie alle urne come quella contro la riforma della legge sulla previdenza professionale LPP 21 in votazione il 22 settembre e dunque contro ulteriori tagli alle rendite dei pensionati. E battaglie nelle piazze e sui luoghi di lavoro come quella per correggere una situazione allarmante sul fronte dei salari, che vivrà un momento alto con la manifestazione nazionale a Berna di sabato 21. La situazione richiede una forte mobilitazione dal basso, perché siamo confrontati con un governo e con una maggioranza parlamentare di destra, ciechi di fronte ai bisogni reali della popolazione e sordi a ogni grido d’allarme. Succede così che il Consiglio federale proponga di far finanziare la 13esima rendita AVS dal popolo attraverso un aumento dell’IVA, la più ingiusta e antisociale delle tasse che fa molto male alle fasce più povere della popolazione. È un affronto alla decisione popolare di un anno fa in favore di questa iniziativa, che ha reso evidenti le difficoltà di molte pensionate e di molti pensionati di questo paese ad arrivare alla fine del mese. Il che dovrebbe indurre governo e parlamento a prendere sul serio il problema e a cercare soluzioni eque. Evidentemente il segnale non è stato colto. Passando in rassegna alcune altre decisioni politiche di cui abbiamo appreso durante questa estate, non possiamo non citarne una in materia di assicurazione malattie che sa quasi di provocazione: a poche settimane dall’annuncio di una nuova stangata sui premi per il 2025 (si prevedono aumenti fino al 6 per cento), il Consiglio federale si è detto favorevole a un aumento della franchigia minima (oggi di 300 franchi) a carico degli assicurati, così come propongono due mozioni targate UDC. Insomma, con l’obiettivo dichiarato di contenere la crescita dei premi si vanno a sottrarre altri soldi dalle tasche di chi ha la sfortuna di ammalarsi. Con la stessa sensibilità e lungimiranza governo e parlamento sono anche al lavoro per contrastare il fenomeno del turismo degli acquisti oltrefrontiera attraverso una riduzione della franchigia IVA (il limite di spesa sopra il quale è necessario fare dichiarazione in dogana) da 300 a 150 franchi a persona. Una misura, oltre che di dubbia efficacia, che va a penalizzare i consumatori, soprattutto quelli che dipendono dagli acquisti all’estero perché non si possono permettere i prezzi alti della Svizzera. All’orizzonte si intravedono anche massicci tagli alla spesa pubblica, come suggerito dal gruppo di esperti istituito dal Consiglio federale, che settimana scorsa ha presentato un pacchetto di misure da lacrime e sangue per risanare le finanze della Confederazione: risparmi per 4-5 miliardi di franchi all’anno un po’ in tutti i settori (tranne l’esercito), un pacchetto avvelenato che riporterebbe il paese indietro di anni in termini di formazione, mobilità, protezione del clima, uguaglianza e potere d’acquisto. Questo è il clima che si respira e che ci dà la misura dell’importanza delle battaglie cui abbiamo accennato in entrata. A incominciare dalla cruciale votazione sulla LPP 21, una riforma che l’Ufficio federale delle assicurazioni sociali cerca di vendere con cifre abbellite, con previsioni fondate su calcoli irrealistici utili solo a gettare fumo negli occhi alla popolazione. Ma che in realtà è abbastanza facile da spiegare: se sarà accettata le rendite del secondo pilastro diminuiranno dell’ordine del 12 per cento e i contributi salariali pagati da lavoratori e datori di lavoro aumenteranno praticamente per tutti. E le conseguenze più dolorose le subiranno le classi sociali ai piedi della scala salariale, quelle che già sono le prime vittime dell’inflazione e della decrescita dei salari reali cui assistiamo da tre anni consecutivi, al centro dell’altra grande battaglia dell’autunno alle porte. Uno scenario che peraltro appare già ben chiaro alla maggioranza della popolazione, come indicano gli ultimi sondaggi pubblicati questa settimana. Sondaggi che rilevano un consolidamento del fronte dei contrari e indicano una chiara tendenza verso una bocciatura popolare della LPP 21. |