Laurent Moreillon se ne va sbattendo la porta. Il presidente della Commissione federale del consumo ha da poco annunciato che non vuole avere più nulla a che fare con «una commissione che si vuole relegare al ruolo di commediola». Il professore di diritto all’università di Losanna deplora la crescente tensione fra gli ambienti economici e i difensori dei consumatori. Una tensione che a suo avviso va decisamente a scapito dei secondi. Tanto che Economiesuisse chiede con insistenza di eliminare alla radice questa «inutile» commissione. Una commissione consultiva voluta e nominata dal Consiglio federale – composta da 16 membri fra cui esperti e rappresentanti sia dell’economia che dei consumatori – e che può al massimo formulare delle raccomandazioni. Le decisioni finali restano in ogni caso in mano all’esecutivo elvetico. Perché tanto astio allora? L’abbiamo chiesto ai diretti interessati. Da una parte Urs Furrer, rappresentante di Economiesuisse in seno alla commissione e dall’altra il presidente dimissionario. E il confronto svela i retroscena di un lavoro che dovrebbe essere di ricerca del consenso politico ma che in realtà – per colpa delle lobby economiche – non fa altro che eliminare a monte quello che di buono potrebbe portare un dibattito aperto fra gli esperti del campo. Ma le critiche di Moreillon sulla protezione del consumatore svizzero non si fermano al lavoro in commissione. Il giurista denuncia non solo l’assenza – ingiustificata – dei rappresentanti dell’economia ai lavori, ma anche l’attuale revisione della Legge sull’informazione ai consumatori (Lic). Una legge che Moreillon dice «svuotata di contenuto già prima di arrivare sui banchi dei parlamentari». Tanto che i consumatori rossocrociati risultano meno protetti dei loro vicini europei e corrono addirittura «gravi pericoli» dovuti alla mancata volontà di fare chiarezza con una legge quadro (vedi articolo in fondo alla pagina). Preoccupazioni condivise ampiamente anche dal presidente dell’Associazione consumatori della Svizzera italiana Mario Jäggli (da marzo anche lui nella commissione presieduta da Moreillon) che ricorda ad area che «i giochi finali sulla Lic si faranno in Parlamento. Il Ppd ha già tuttavia comunicato di essere contro questa revisione. Una palese dimostrazione che il sistema non vuole occuparsi dei problemi dei consumatori». Anche Monique Pichonnaz Oggier, responsabile dell’Ufficio federale del consumo (composto in tutto da 6 persone), ci dice di essere «preoccupata per questo attacco alla commissione. Perché è l’unico posto dove i consumatori possono fare proposte e portare le loro ragioni (…). E non è vero che è inutile. Ci sono stati diversi casi in cui le raccomandazioni emanate sono state prese in considerazione dal Consiglio federale». Che forse sia questo il nocciolo del problema? Urs Furrer lei è il rappresentante di Economiesuisse in seno alla Commissione federale del consumo. È vero che vuole la soppressione di questa commissione? La protezione dei consumatori non dipende dall’esistenza di commissioni. Vorremmo che ci fosse una valutazione sull’operato di questo organo. Secondo noi così com’è strutturata è inutile. Cioè? Mi spiego meglio. Il meccanismo di funzionamento di questa commissione non va bene. Lo scopo è quello di dare delle raccomandazioni al Consiglio federale. Questo mandato gli è stato assegnato dallo stesso Consiglio federale. Ma chi viene consigliato deve sapere da chi arrivano i consigli, come è stata presa la decisione e chi all’interno della stessa non era del medesimo avviso. Ad esempio non si dice che i rappresentanti dell’economia non erano d’accordo con una determinata presa di posizione. Così il pubblico pensa che tutta la commissione la pensa in quel modo. Ma spesso non è così. Non mi sembra che Economiesuisse non abbia i mezzi a disposizione per far sentire il proprio dissenso. Noi possiamo emanare dei comunicati stampa per dire la nostra ma il nostro rappresentante nella suddetta commissione non può far valere le sue ragioni, anche se di minoranza. Ribadisco che a mio modo di vedere il Consiglio federale dovrebbe sapere che in questa commissione ci sono dei problemi di buona gestione democratica. Allora volete un’altra commissione o non volete commissioni del tutto? Di certo, non la vogliamo così. Una strada percorribile è quella di nominare esperti settoriali per ogni caso, perché la materia è complicata. E se le dicessi che voi volete la testa della commissione perché mette becco nei vostri affari? È una provocazione che non accetto. L’economia non è fatta unicamente di imprese che offrono beni e servizi, ma anche di consumatori che devono avere fiducia in noi, che devono essere bene informati. Non vogliamo un concetto di “protezione dei consumatori” fine a se stesso. I consumatori non sono i nostri nemici, non li vediamo così. Sono nostri clienti, e con i clienti bisogna avere un buon rapporto. Non è quindi vero ciò che lei dice, noi non vogliamo eliminare la commissione per approfittare dei consumatori. Un’ultima domanda. Per quale motivo non si è presentato alla riunione della commissione del 4 ottobre? L’ho seguita per più di un’ora. Poi avevo un altro impegno e purtroppo non ero lì al momento del dibattito finale. Comunque trovo che queste informazioni non andrebbero rese pubbliche. Perché scrivere chi c’era e chi non c’era? Non lo trovo corretto. Laurent Moreillon lei ha deciso di dimettersi per la fine dell’anno dalla carica di presidente della Commissione federale del consumo. Al quotidiano Le Temps ha dichiarato che «tutto è concepito affinché il nostro lavoro diventi una commediola». Quali sono i problemi di questa commissione? In realtà la commissione in sé funziona benissimo. Personalmente sono però estremamente deluso dal fatto che le proposte che scaturiscono dal nostro lavoro spesso non vengono neppure lette. Raramente veniamo presi in considerazione da un governo che ci ha dato un mandato di lavoro. Ho l’impressione che ci abbiano presi per delle marionette. Il rappresentante di Economiesuisse in seno alla commissione ci ha detto chiaramente che caldeggia la soppressione di questo organo consultivo. Vi accusa di dare raccomandazioni al Consiglio federale senza essere degli esperti. Inoltre vi rimprovera di non riportare nelle vostre prese di posizione il dissenso dei rappresentanti dell’economia. Ora ci manca pure che non siamo democratici, è un’accusa che non accetto. È vero che Economiesuisse negli ultimi mesi si è trovata spesso in una posizione di minoranza all’interno della commissione, ma signori questa è la democrazia. Se Economiesuisse non è contenta può uscire dalla commissione. La verità è che loro pongono dei diktat, se non riescono ad averla vinta allora vogliono cambiare le regole del gioco o romperlo del tutto. Non partecipano alle riunioni ma poi vogliono comunque che riportiamo le loro volontà. Ci accusano di non essere degli esperti? È lo stesso Consiglio federale che ci ha nominati perché ci ha ritenuti competenti. A suo parere come mai Economiesuisse teme questa commissione? In fondo non avete alcun potere, potete unicamente dare delle raccomandazioni a delle autorità che sono comunque libere di fare ciò che meglio credono. Immagino che non piaccia il fatto che siamo un organo ufficiale. Una commissione che tiene conto sia del parere di esperti scientifici, che di rappresentanti dell’economia e delle associazioni dei consumatori. A loro dà fastidio che ci sia una voce indipendente che non fa capo ad un partito politico. Economiesuisse vuole sopprimere qualsiasi voce di dissenso che non coincide con i loro personali interessi. Bel modo di intendere la democrazia. In una recente presa di posizione che avete pubblicato vi è specificato che le «decisioni sono state prese in assenza dei rappresentanti dell’economia». Questo ha fatto imbestialire gli assenti che la tacciano di non essere corretto. E perché mai? Se uno non viene al lavoro deve prendere la responsabilità dei propri atti. Non c’erano, punto. Lei vorrebbe stralciare Economiesuisse dalla commissione? No, per nulla. In passato il dibattito era aperto. Ora invece loro boicottano i lavori. O si è democratici e si partecipa a questa democrazia oppure si abbandona la scena. Ma il problema è loro, non della commissione. Laurent Moreillon lei si è detto profondamente deluso dell’attuale revisione della Legge sull’informazione dei consumatori. Per quale motivo? Avevamo un progetto che inizialmente era molto solido, che davvero metteva l’accento sulla protezione del consumatore. Poi a furia di consultazioni, di rivalutazioni ci troviamo con un progetto svilito nella sua natura. Una revisione “snaturata”. Non capisco neppure perché Economiesuisse continua a criticarla. Non si sono accorti che ormai ne è rimasto ben poco. A furia di discuterne nei corridoi e nei sotterranei dei luoghi ufficiali nei quali se ne dovrebbe parlare è stato macinato il grano che ne formava la sostanza. Già prima di arrivare sui banchi del Parlamento ci troviamo con un progetto senza midollo e con un piede nella fossa. Forse sono un idealista, ma a queste condizioni non voglio far parte della “pièce”. Ci può fare degli esempi per capire in quale modo la revisione è stata “snaturata”? La commissione – a larga maggioranza – voleva che questa legge trattasse il tema della sicurezza dei beni e dei servizi. Era la nostra priorità. Il primo colpo di scure è stata l’eliminazione della voce servizi. Ora si vogliono sparpagliare leggi settoriali di modo che non ci sia una coerenza del progetto. La seconda cosa importante: la terminologia. Non si vuole neppure più parlare di sicurezza dei consumatori ma di “informazione sul prodotto”, uno slittamento di termini non da poco. Via la sicurezza, benvenuta l’informazione. Ad esempio: quando si ritira un prodotto dal mercato perché non è sicuro? Questa revisione non vuole portare una risposta univoca ad un quesito fondamentale come questo. I consumatori svizzeri sono sufficientemente protetti? Per rapporto alle norme dell’Unione europea no. La protezione dei nostri consumatori è inferiore a quella nell’Ue. Non c’è alcun norma generale in Svizzera che sancisce chiaramente il ritiro dal mercato di un prodotto difettoso, non parliamo poi dei servizi. Neppure la responsabilità penale è ben specificata. A mio modo di vedere è una mancanza grave. Forse ci vorrà un disastro affinché ci si risvegli dal torpore. Poi tutti si stupiranno… Quale potrebbe essere uno di questi casi gravi? Un esempio concreto: prendiamo il caso di un’automobile che nonostante l’omologazione in Svizzera presenta un difetto di fabbricazione. Finché si decide di obbligare l’importatore a ritirarle dal mercato ci potrebbero essere parecchi incidenti. È una falla nella protezione – e non informazione – dei consumatori. Cosa bisognerebbe cambiare in Svizzera per arrivare ad un equilibrio fra il diritto del consumatore e quello dell’economia? Bisogna partire dal passato per capire le manchevolezze di oggi. Stupidamente nel 1992 si è deciso di non fare altro che allinearsi agli standard dell’Unione europea, senza alcuna ulteriore discussione. Questo perché era in vista la possibile adesione allo Spazio economico europeo. Si voleva diventare “eurocompatibili”. Una necessità anche per l’economia elvetica che voleva commerciare i propri prodotti. Poi l’adesione è andata in fumo, e il diritto svizzero è stato lasciato sostanzialmente in quello stato. L’Ue è andata avanti nella protezione dei consumatori mentre la Svizzera ha marciato sul posto. Si vuole fare commercio con l’importante partner Ue, a pari condizioni. Ecco, io chiedo che anche la protezione dei consumatori sia uguale al di qua e al di là della frontiera. Non è complicato, ma c’è chi fa orecchie da mercante.

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28.10.05

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