Un anno di governo di destra

Un anno di Blocher e Merz in Consiglio federale. Quando, il 10 dicembre 2003, i due vennero eletti in governo, il consigliere nazionale Franco Cavalli ironizzava: «Finirà che della “banda dei quattro” il più a sinistra sarà Couchepin». Ed ha avuto quasi ragione, se si giudica Deiss con una certa severità (Cavalli in effetti escludeva Schmid, forse perché ritenuto poco influente). Nella sostanza della sua politica, che come previsto si è rivelata per quello che è (soprattutto con proposte di tagli al bilancio), in realtà questo governo non è cambiato molto rispetto al precedente: centrodestra era e centrodestra è rimasto, nonostante sia saltata la “formula magica” e, con essa, gli equilibri interni. Il cambiamento, che pure c’è stato, ha invece riguardato questioni di forma e di rapporti personali. Con qualche sorpresa non da poco. Chi avrebbe mai detto un anno fa che, per esempio, Merz e Leuenberger avrebbero fatto amicizia e si sarebbero intesi molto bene sul piano personale, tanto da fare regolarmente insieme le camminate domenicali? Certo, è solo un’intesa “letteraria”, non politica. Ma c’è. E chi avrebbe mai immaginato che dopo un anno Christiane Brunner avrebbe detto di Blocher che è «incredibilmente impegnato nel lavoro», e che se prima faceva politica «con l’accetta» ora argomenta «in modo ugualmente sbagliato ma in modo più abile e meno grossolano»? Altra sorpresa: Merz, che veniva presentato come uomo di grande competenza finanziaria, nel quale la destra politica ed economica aveva piena fiducia, ha manifestato strane insicurezze e qualcuno ha cominciato a mettere in dubbio la sua competenza: le proposte più radicali, anche in campo finanziario, sono venute da Blocher; alla bocciatura popolare del pacchetto fiscale non ha ancora reagito con proposte chiare; il suo preventivo 2005 è stato contestato in parlamento proprio dalla destra del suo partito e dall’Udc. Se si aggiunge che questo governo in un anno ha perso 8 votazioni popolari su 13, fa molta fatica a rispettare la collegialità, i suoi componenti litigano apertamente (Couchepin ha detto persino che il comportamento di Blocher è un pericolo per la democrazia), si capisce che in questo governo c’è qualcosa che non va. Ne abbiamo allora parlato da un punto di vista sindacale con il copresidente di Unia, Vasco Pedrina, e da un punto di vista politico con il presidente del Pss, Hans-Jürg Fehr. Vasco Pedrina: "La piazza ritrovata" Con Blocher e Merz in Consiglio federale, quale differenza hanno avvertito i sindacati rispetto agli anni scorsi? Si è avvertito un certo irrigidimento, in particolare per tutto quello che riguarda la politica dell’asilo e la politica degli stranieri. Questa, per noi sindacati (e penso soprattutto ad Unia, che ha una componente di immigrati del 50 per cento) è un’evoluzione molto preoccupante sul piano dei diritti. Si pensi all’importante discussione sui bilaterali II e sulle misure d’accompagnamento. A livello nazionale, le associazioni padronali, ma anche componenti importanti del Prd e del Pdc, sono state disponibili a cercare una soluzione ai problemi di dumping salariale e sociale. Ma questa pressione la sentiamo soprattutto nei cantoni dove ci sono forti resistenze a mettere in applicazione già il pacchetto di misure d’accompagnamento dei primi bilaterali. Inoltre, constatiamo un irrigidimento delle associazioni padronali di categoria, in particolare nella Svizzera tedesca, dove c’è una radicalizzazione a destra sotto l’influenza dell’Udc, che rende molto più difficile trovare dei compromessi ragionevoli. È stato il caso, quest’anno in particolare, nel settore dei pittori e gessatori della Svizzera tedesca e del Ticino, e anche del settore delle falegnamerie, dove è diventato evidente il peso e la pressione di questa corrente politica populista di destra sulle associazioni padronali. In questi due settori siamo in situazione di vuoto contrattuale già da diversi mesi. Nel corso di quest’anno però la sinistra ha anche conseguito dei successi, per esempio nelle votazioni popolari… Questo è l’altro aspetto, l’altra faccia della medaglia. Da un lato constatiamo questi irrigidimenti; dall’altro lato bisogna però dire che si è parlato all’inizio dell’anno di una “svolta borghese”, che però non c’è stata almeno sul piano politico, visto che non sono riusciti a far passare i loro programmi di smantellamento e di riduzione del ruolo dello stato. Penso in particolare alla votazione sul pacchetto fiscale, ma anche a quella sull’11.ma revisione dell’Avs. Dunque, l’obiettivo di trasferire anche nella società e nell’economia lo spostamento politico a destra verificatosi in parlamento, non s’è ancora realizzato. Grazie anche alla controffensiva ed alla resistenza delle forze sindacali e politiche della sinistra. Anche la fondazione del sindacato Unia si inserisce in questo progetto di controffensiva, di controtendenza alla politica blocheriana. Una politica che ha svegliato la nostra base e l’ha resa più attiva, ostacolando alla controparte l’attuazione del radicale smantellamento sociale che ha in testa. Che il parlamento abbia accettato l’intesa tra le parti sociali sulle misure d’accompagnamento alla libera circolazione delle persone, non è la dimostrazione di un’attenzione delle forze politiche che prima si temeva non ci sarebbe stata? Va detto che effettivamente la radicalizzazione a destra non ha permesso a Blocher di impedire che le forze ragionevoli nel padronato e nell’arco politico possano trovarsi in un compromesso che è sicuramente nell’interesse del paese. La presenza di Blocher e Merz in governo ha influito sugli obiettivi dei sindacati? In altre parole, i sindacati hanno dovuto cambiare qualcosa nelle loro strategie? Ha avuto come effetto che sul piano organizzativo dobbiamo puntare su una maggiore pressione proveniente dalla base, e quindi accrescere la combattività sindacale. Credo che un effetto dello shock blocheriano sia stato proprio quello di risvegliare di più i nostri iscritti per una partecipazione attiva alla vita sindacale. A livello di programma, siamo confrontati a battaglie nelle quali dobbiamo difenderci dagli attacchi blocheriani, in particolare per quel che riguarda le privatizzazioni ed il tentativo di smantellare le assicurazioni sociali. Ma questo ci permette anche di meglio profilarci per una politica alternativa, sui cui elementi abbiamo discusso anche al nostro congresso definendo le priorità per i prossimi anni. Se penso all’anno venturo, a parte la problematica delle misure d’accompagnamento e degli accordi bilaterali, mi sembrano importanti due iniziative: una difensiva, rispetto ai tentativi di deregolamentazione sociale, con il referendum contro la generalizzazione del lavoro domenicale; ed un’iniziativa offensiva in risposta anche al nostro successo sull’11.ma revisione dell’Avs, per l’introduzione di un prepensionamento flessibile a partire dai 62 anni d’età. Visti questi effetti positivi sul sindacato, si può allora dire che si è superata l’ossessione di Blocher? Purtroppo è il paese che non ha ancora superato questa ossessione di Blocher, ma credo che con il tempo sia possibile arrivarci se effettivamente il sindacato e le forze di sinistra e di centro ritrovano una dinamica positiva, riprendono a mobilitarsi e sviluppano proposte e soluzioni realistiche per i problemi reali che ha il paese. Penso alle questioni legate al potere d’acquisto della gente, penso al problema dei posti di lavoro in una società globalizzata, e penso anche alle prospettive di medio-lungo termine della sicurezza sociale. Hans-Jürg Fehr: "Macché ossessione" Il 10 dicembre ricorre un anno dall’elezione di Blocher e Merz in Consiglio federale. Quale bilancio politico può trarre oggi il Pss? Per il Consiglio federale è stato un anno pessimo. Ha perso quasi tutte le votazioni popolari importanti, schierandosi in parlamento a sostegno della svolta borghese con il pacchetto fiscale, con l’11.ma revisione dell’Avs, con il controprogetto “Avanti”, con la revisione del diritto di locazione, e così via. Tutti questi progetti politici della destra sono stati respinti dal popolo, persino distrutti con maggioranze dei due terzi in tutti i cantoni. Ciò vuol dire che la politica condivisa da questo governo è naufragata e non ha una maggioranza; e che il Consiglio federale ha fortemente perso credibilità tra la gente. Ma tale perdita di credibilità dipende anche dal fatto che i membri del governo litigano pubblicamente, nonostante abbia la maggioranza la destra (Udc e Prd). E questo danneggia ancor di più il governo. Ma, fatto questo bilancio, il Pss può formulare e proporre un’alternativa, una svolta politica? Noi siamo già chiaramente un’alternativa, poiché rappresentiamo altre posizioni politiche. Nel corso di questo stesso anno abbiamo vinto tutte le votazioni popolari importanti: avevamo detto quali volevamo vincere e le abbiamo vinte tutte. Questo vuol dire che il popolo ha visto in noi un’alternativa: la maggioranza ha visto che il Pss combatte questa politica poiché ne vuole un’altra più sociale e più ecologica. Inoltre, ambedue i nostri consiglieri federali, la signora Calmy-Rey ed il signor Leuenberger, si sono tenuti fuori dai conflitti personali ed hanno svolto molto bene il loro lavoro. Dunque, questa è l’alternativa del Pss ad altre posizioni politiche: un serio lavoro di governo. Logicamente, con l’aspirazione di accrescere la nostra quota e capovolgere nel 2007 i rapporti di maggioranza nel governo a favore della sinistra e dei verdi. Si può allora dire che la sinistra ha superato l’ossessione di Blocher? Non credo che noi abbiamo un’ossessione di Blocher. Non l’abbiamo neppure eletto. È uno dei più importanti avversari del Pss, ma non ci siamo fissati su di lui. Non facciamo la nostra politica guardando a quello che pensa o che non pensa Blocher, ma sulla base del nostro programma e delle nostre convinzioni, che sono sempre diverse da quelle del signor Blocher e dell’Udc. Questo è confronto politico, e non ha nulla a che vedere con le fissazioni. E se anche Blocher siede in Consiglio federale, non può certo spostare le montagne. La signora Christiane Brunner ha avuto parole di elogio per Blocher: lavora bene, ha una buona conoscenza dei dossier, eccetera. Lei condivide? Sarà certamente così, ma questa non è una valutazione politica. Il minimo che ci si possa aspettare da un consigliere federale è che conosca i suoi dossier, che sia diligente, che diriga il suo dipartimento. Questa è la norma. Ma ciò che noi vediamo di Blocher è che lui non è un vero consigliere federale: non riesce a ritrovarsi in questo ruolo perché nello stesso tempo continua a fare il capo dell’opposizione. Questo lo porta a violare sempre più spesso il principio di collegialità, poiché non vuole sottomettere la sua opinione a quella del Consiglio federale. Egli è e rimane una persona che vuole dominare, vuole imporsi, e non si adegua ad un organismo come il Consiglio federale, che è un governo collegiale. Ciò conferma le nostre valutazioni per cui non lo abbiamo eletto e non lo volevamo quale consigliere federale. Gli ultimi sondaggi dicono che il Pss ha il vento in poppa. Vuol dire che Blocher in governo giova al Pss? No, credo che Blocher non c’entri affatto. Ciò che invece nel corso di quest’anno ci ha senza dubbio giovato sono state le numerose votazioni popolari, in occasione delle quali i cittadini hanno riconosciuto che il nostro partito difende i loro interessi meglio dei partiti borghesi. Per questo hanno votato secondo le nostre indicazioni e per questo oggi sempre più gente ci eleggerebbe. La nostra è una politica che convince. C’è tuttavia qualcosa che salverebbe da quest’anno di governo di centrodestra? No, non salverei nulla, poiché credo che questo governo di centrodestra non ha fatto una buona impressione nel corso di quest’anno. Non ha fatto nessuna politica accettabile dal popolo. Se consideriamo cosa è successo con le votazioni popolari, dobbiamo concludere che da questo governo non c’è nulla da imparare. Ma il confronto, ovviamente, continua. Come s’immagina, in definitiva, una Svizzera senza Blocher e Merz? Ah, posso immaginarmela molto bene. Blocher è senz’altro una figura eccezionale degli ultimi quindici anni, e adesso è uno dei sette consiglieri federali. Ma in Svizzera le singole personalità in definitiva non sono determinanti. Ci sono cose molto più importanti che caratterizzano questo paese, come ad esempio la questione se dobbiamo aprirci all’Europa e al mondo, o se al contrario dobbiamo chiuderci. O come la questione del conseguimento della crescita economica. O come il miglioramento del nostro sistema formativo. O come possiamo abbandonare l’energia atomica e finalmente usare le energie rinnovabili. Queste sono le questioni politiche centrali di cui dobbiamo occuparci.

Pubblicato il

10.12.2004 01:00
Silvano De Pietro