Un'altra revisione della legge sull'asilo

La legge sull'asilo e quella sugli stranieri sono ormai diventati il vero campo di battaglia politico della Confederazione. Dopo Christoph Blocher ora anche Eveline Widmer-Schlumpf si cimenta nell'esercizio mettendo in consultazione una nuova revisione delle due leggi. In materia di asilo la Consigliera federale ha intenzione di proporre quattro principali modifiche. Primo: nel quadro della procedura coloro che chiederanno un riesame della propria domanda saranno esclusi dall'aiuto sociale. Secondo: non sarà più possibile presentare una domanda d'asilo presso un'ambasciata elvetica all'estero. Terzo: saranno punite le attività politiche, definite col termine «abusive», dei rifugiati che se la prenderanno pubblicamente con il proprio paese. In ultimo, ed è proprio su questa misura che ci concentreremo, le autorità federali vogliono stralciare la diserzione o il rifiuto di prestare servizio militare nel proprio paese quale elemento sufficiente per ottenere l'asilo. Una norma che pare voler colpire soprattutto i disertori e gli obiettori eritrei che sono diventati il gruppo più numeroso di richiedenti l'asilo nel nostro paese (201 nel 2006, 1'662 nel 2007 e 2'849 nel 2008). Una legge che, come conferma nell'intervista che segue la portavoce del Dipartimento federale di giustizia Brigitte Hauser-Süess, vorrebbe «far diventare meno attrattiva la Svizzera». Ma anche una revisione, come ci spiega l'etnologo ed esperto dell'Eritrea David Bozzini nell'articolo in pagina, che mira in realtà a ribaltare una sentenza giuridica del 2005 che sancisce il diritto all'asilo dei disertori e obiettori di coscienza eritrei. E che misconosce la realtà di un paese soggiogato ad un regime che punisce pesantemente chi lascia o si rifiuta di entrare nell'esercito del paese più militarizzato al mondo.

Brigitte Hauser-Süess nel progetto di modifica della legge sull'asilo è prevista, tra le altre misure, anche quella del non riconoscimento del diritto all'asilo a quei rifugiati che sono scappati dal loro paese per aver disertato o essersi rifiutati di prestare il servizio militare. E che per questo motivi sono esposti a seri pregiudizi. Perché questa modifica di legge?
Essere disertore o essersi rifiutati di prestare il servizio militare nel proprio paese non può essere preso in considerazione per la richiesta di asilo. Anche in Svizzera il servizio militare è un dovere civico e chi non lo onora è sanzionato. Solo se la sanzione dovesse risultare sproporzionata, la diserzione o il rifiuto possono essere presi in considerazione per un'ammissione provvisoria.
Nel rapporto alla modifica di legge fate un legame diretto fra questa nuova norma e l'afflusso di rifugiati eritrei. Per quale motivo ?
Perché in questo gruppo di rifugiati il rifiuto al servizio militare o la diserzione sono frequenti giustificazioni per la richiesta di asilo. Quello che vogliamo mettere in chiaro è che la diserzione o il rifiuto in sé – se non accompagnati da motivi politici rilevanti, come ad esempio gruppi di minoranza etnica o religiosa discriminati – non possono essere ritenuti sufficienti per chiedere l'asilo.
Quindi questa norma è pensata soprattutto per gli eritrei?
No, non solo per loro ma per tutti quei casi in cui la diserzione o il rifiuto sono l'unica motivazione dichiarata per la richiesta di asilo.
Questa norma avrà un influsso sulla richiesta di asilo da parte degli eritrei?
Vogliamo poter trattare caso per caso.
Non è già così oggi?
Certo.
Nel rapporto di modifica alla legge scrivete che una decisione della Commissione federale in materia di asilo del 2005 (la Cra è stata sostituita nel 2007 dal Tribunale amministrativo federale), che ha riconosciuto il diritto di asilo ai disertori eritrei a causa delle pesanti sanzioni della dittatura del regime, è una delle cause del forte afflusso di richiedenti provenienti dall'Eritrea nel nostro paese. Cosa intendete?
Non è la decisione in sé ad aver avuto un influsso, ma la sua pubblicazione. Non dico che questa decisione è stata letta sui giornali eritrei, ma sicuramente non è stato un deterrente per i rifugiati di questo paese. Le faccio anche notare che la Svizzera è da poco entrata nel sistema degli accordi di Dublino: ora potremo verificare se una domanda di asilo era stata già presentata in altri paesi membri.
Quindi se non ho capito male già oggi la diserzione o il rifiuto di prestare il servizio militare non sono sufficienti per ottenere l'asilo o l'ammissione provvisoria in Svizzera. Perché allora doverlo nuovamente specificare?
È un segnale chiaro a tutti coloro che pensano di poter chiedere asilo alla Svizzera solo perché sono disertori o perché si sono rifiutati di fare il militare nel loro paese.
Quindi è un problema di comunicazione?
Sì, vogliamo diminuire l'attrattiva svizzera.

Un'oppressione oltre ogni limite

David Bozzini* una nuova legge sull'asilo vorrebbe specificare che la diserzione o il rifiuto di prestare servizio militare presso il proprio paese non sono più un motivo sufficiente per chiedere l'asilo in Svizzera. La nuova norma sembra voler colpire l'afflusso di rifugiati eritrei. Cosa pensa di questa nuova legge?
Non credo che la questione si ponga in questi termini, perché già oggi il rifiuto di prestare il servizio militare o la diserzione non sono un motivo sufficiente per ottenere l'asilo. A mio avviso questa nuova norma punta in realtà a rimettere in discussione una decisione del 2005 in cui il Tribunale amministrativo federale (Taf) ha riconosciuto che il regime eritreo perseguita coloro che disertano o si rifiutano di prestare il servizio militare. Una persecuzione politica che viola sia il diritto interno, che quello internazionale. Per questo motivo agli eritrei fuggiti a causa di queste persecuzioni, o che rischiano di subirle se tornano nel loro paese, è stato concesso l'asilo. La revisione si scontra inoltre con la pratica giuridica di questa questione in altri paesi europei e della Corte europea dei diritti dell'uomo. Devo tuttavia aggiungere che questa pratica è già una realtà quotidiana presso l'Ufficio federale della migrazione (Ufm). Dalle informazioni in mio possesso l'Ufm già da alcuni mesi privilegia lo strumento dell'ammissione provvisoria. In questo modo sta già applicando il disegno di legge, mentre in realtà il Taf dispone di concedere l'asilo.
Nel rapporto di modifica della legge vi è scritto a chiare lettere che proprio a causa della sentenza che lei ha citato la Svizzera è diventato un paese attrattivo per coloro che disertano o rifiutano il servizio militare. È daccordo con questa interpretazione?
No, non lo sono. Questa pseudo-attrattività viene invocata unicamente per calcolo politico. Si è parlato di un livello di domande di asilo problematico, ma è utile ricordare che negli anni Novanta abbiamo avuto picchi di quasi 50mila domande all'anno (si veda il box in pagina, ndr). Oggi parliamo di meno di 3mila rifugiati che invocano la diserzione o l'obiezione di coscienza quale motivo per ottenere l'asilo su un totale di 16 mila domande di asilo nel 2008. In secondo luogo bisogna aggiungere che la Svizzera non sta conoscendo una crescita di domande di asilo anomala, stiamo seguendo il trend degli altri paesi europei. Una modifica di legge non influisce, o molto poco, su questi flussi migratori. Parlare dell'attrattività elvetica come di un fenomeno politico serve a nascondere le ragioni per le quali i migranti fuggono dal loro paese. Serve a focalizzare l'attenzione degli svizzeri sul loro paese al posto di informarli su quello che sta succedendo in Eritrea.
Eveline Widmer-Schlumpf ha parlato di senso civico alla trasmissione 10 vor 10 riferendosi all'obbligo di prestare il servizio militare. È possibile fare un paragone fra lo svolgere il militare in Svizzera e in Eritrea?
No, assolutamente. L'affermazione della nostra Consigliera federale (e svizzera dell'anno, ndr) è davvero infelice e spiega bene l'amalgama ideologica che viene fatta nel rapporto sulla nuova legge. Qui non si vuole puntare a stralciare la diserzione o l'obiezione di coscienza dalla lista di motivi per l'ottenimento dell'asilo. In questa revisione si vuole sminuire la durezza delle sanzioni inflitte da regimi autoritari e dalla natura disumana del servizio militare in Eritrea e in altri paesi. Dalla mia esperienza diretta posso assicurare che non si può fare alcun paragone fra il prestare servizio militare in Eritrea e in Svizzera.
Quali sono le conseguenze per gli eritrei che decidono di abbandonare il servizio militare o lo disertano?
Se usassimo i parametri dello Stato di diritto come lo intendiamo noi e i criteri dei diritti dell'uomo non è eccessivo affermare che oggi ogni cittadino eritreo fra i 18 e i 50 anni è perseguitato. Pensate solo al fatto che legalmente il servizio militare in Eritrea dura 18 mesi, mentre in realtà la mobilitazione è continua. Le donne sono obbligate ad arruolarsi fra i 18 e i 27 anni e molte scappano perché vittime di stupro. È la stessa legislazione nazionale di questo paese ad essere continuamente violata dal regime. Durante il mio soggiorno nel paese ho assistito a diversi soprusi. Coloro che non prestano il servizio militare non possono sposarsi, non hanno il permesso di lavorare o di studiare. Diventano dei sans-papier nel loro paese. Quelli che riescono a scappare all'estero diventano automaticamente dei traditori o degli oppositori del regime. Come se ciò non bastasse i famigliari di un disertore o obiettore rimasti in Eritrea sono pesantemente sanzionati. Viene loro chiesto di pagare la somma di 50mila nakfa, circa 3mila dollari che rappresentano una somma enorme per molte famiglie. Chi non paga viene incarcerato. Una richiesta senza alcuna base legale e un'incarcerazione senza alcun processo. Si tratta di un modo di punire e di "tassare alla fonte" gli aiuti che la famiglia potrebbe ricevere dall'estero. Questi ed altri soprusi sono ampiamente documentati dagli esperti che trattano le domande di asilo in Svizzera e nei paesi occidentali.

* assistente all'istituto di etnologia presso l'università di Neuchâtel. Sta scrivendo un  dottorato in antropologia giuridica e politica sull'Eritrea. Nell'ambito di questa ricerca ha soggiornato due anni e mezzo in Eritrea.

Pubblicato il

30.01.2009 02:30
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