Un’Europa più autonoma e indipendente

Per l’Unione europea si prospetta una fase di cambiamenti? In passato si sono sempre alternati un passo indietro e, soprattutto dopo una crisi, due passi in avanti. È una situazione che stiamo rivivendo. L’uscita della Gran Bretagna è stata certamente un passo indietro. La crisi pandemica ha rappresentato una nuova sfida e la guerra russa contro l’Ucraina quella successiva.


Appena in tempo, il 9 maggio scorso si è conclusa l’ampia consultazione sul “Futuro dell’Europa”, che ha visto coinvolti migliaia di cittadini europei (un campione rappresentativo), confrontatisi per un anno su questioni relative all’Europa che sarà, nell’ambito di una serie di consessi. Ora, le conclusioni di questi lavori sono state presentate ufficialmente al Parlamento europeo di Strasburgo: vi sono interessanti proposte di riforma per la conversione ecologica, ma anche in materia di politiche sociali, economiche e fiscali. Proposte che come denominatori comuni hanno una migliore armonizzazione a livello europeo e soprattutto una maggiore autonomia. Già durante la crisi del coronavirus si è acquisita consapevolezza sulla forte dipendenza dell’Europa dalla catena di approvvigionamento globale e si è iniziato a prospettare il ripristino di luoghi di produzione di beni vitali, come per esempio i farmaci. La guerra in Ucraina dal canto suo ha messo a nudo la dipendenza dei Paesi Ue dal gas e dal petrolio russi. Ma anche quella geopolitica nei confronti degli Stati Uniti. Le richieste della Conferenza sul futuro giungono al momento giusto: chiedono che l’Ue sviluppi una politica estera comune e autonoma, nonché una politica di sicurezza, industriale ed energetica indipendente.

 


Ma perché tutto questo sia possibile servono cambiamenti strutturali più profondi. Due passi in avanti, appunto. Nell’ambito dei processi decisionali, il principio dell’unanimità dei 27 Paesi membri andrebbe superato in favore di quello di una maggioranza qualificata. E al Parlamento europeo andrebbe dato più potere. L’Ue dovrebbe inoltre essere dotata di maggiori entrate. E bisogna riconoscere la priorità dei diritti sociali su quelli del libero mercato, come da molto tempo chiedono i sindacati. Si tratta di trasformazioni che richiedono una revisione dei trattati dell’Ue, la sua Costituzione. Per anni questo è stato un tabù. Ma ora la Francia e altri Paesi “latini” propongono una “Convenzione costituzionale”, idea recentemente sostenuta anche dalla Germania. Si muovono però anche quelli che frenano, quelli che non vogliono dare ulteriori competenze all’Ue: in prima linea i Paesi nordici a guida socialdemocratica, alleati con degli Stati conservatori dell’Europa orientale.

Pubblicato il

19.05.2022 09:28
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