Di lui non si conosce neanche il nome, pazienza, tanto non era che un operaio egiziano di 35 anni. Non potrà festeggiare il 1° Maggio perché è morto due giorni fa a Soresina, Cremona, schiacciato dalla benna dell’escavatore che stava manovrando nel lavoro di ristrutturazione del parcheggio di un supermercato. Era la giornata internazionale della sicurezza sul lavoro. Neanche Paolo, che di anni ne aveva 59 potrà festeggiare perché morto precipitando per 200 metri con il “dumper” con cui trasportava, come aveva fatto per tutta la vita lavorativa, pietrame e residui di marmo dalle cave di Carrara verso valle. Marmo tanto prezioso da aver attirato quassù, in terra di lotte e d’anarchia, la famiglia Bin Laden diventata proprietaria di una grossa fetta di questa ricchezza. Il marmo di Carrara è più prezioso della vita di chi ci lavora. Nelle manifestazioni sindacali del 1° Maggio Alì e Paolo saranno ricordati insieme a un numero impressionante di operai, muratori, autisti, ciclofattorini, studenti in formazione-lavoro, persino detenuti che avevano ottenuto il lavoro come pena alternativa al carcere, assassinati da “un modello di fare impresa che uccide”. L’hanno detto con le stesse parole il segretario della CGIL Maurizio Landini e papa Bergoglio, e con parole molto nette il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. 138 morti solo nel primo bimestre di quest’anno, con un aumento del 16% rispetto allo stesso periodo del 2024. 1.481 i morti ammazzati nel corso del 2024. Anche le certificazioni di malattie professionali sono aumentate del 5,8%, 15.000 sempre nello scorso anno. La precarietà uccide, e questo governo di fascisti servi dei padroni è riuscito a peggiorare una situazione già resa inaccettabile dal jobs act di marca Renzi. Dei 4,2 milioni di contratti a tempo determinato la maggioranza è imposta, non volontaria. I bassi salari e la crisi industriale spingono ad accettare sempre più i rischi di turbo-sfruttamento, di lavori insicuri, o addirittura al nero, magari gestiti da caporali. I salari italiani hanno perso l’8% del potere d’acquisto sul 2021, ma sono inferiori anche a quelli del 2008 e addirittura del 1991. La logica del maggior profitto si basa su appalti al massimo ribasso. E il governo Meloni impedisce persino di discutere una proposta di legge di tutte le opposizioni per l’introduzione di un salario minimo. Perché meravigliarsi, dunque, se i morti sul lavoro crescono di anno in anno? Meloni ha scelto la persona giusta da mettere a capo del ministero del lavoro, la ex presidente dei consulenti del lavoro privati (ora al suo posto c’è il marito) che ovviamente fa gli interessi dei padroni che cercano sempre e comunque il massimo profitto, costi quel che costi e crepi chi deve crepare. La guerra tira più della pace Quest’anno per i lavoratori italiani sarà un 1° Maggio difficile, più ricco di domande che di risposte. Un 1° maggio segnato dalla crisi di un modello di sviluppo che non sa più nascondere il suo fallimento sul versante sociale, ambientale, economico. Il neoliberismo, basato sulla libertà assoluta dei capitali a detrimento della libertà delle persone, ha portato alle estreme conseguenze le diseguaglianze sociali con l’accaparramento della ricchezza e delle risorse in poche mani e l’esplosione globale delle povertà, ma va oggi a sbattere con i nazionalismi e i nuovi protezionismi – cioè con il capitalismo di un’epoca antica. Il capitalismo non è compatibile con la democrazia, la competizione estrema ha come esito finale la guerra. La politica, al servizio del capitale, ha perso la sua funzione e accompagna, subalterna, la barbarie. A chi chiede un cambiamento di paradigma mettendo al centro la difesa dell’ambiente e la dignità dei lavoratori e dei cittadini, la risposta dominante è inquietante: per fermare la crisi bisogna metter via la riconversione ambientale per riprendere a correre, pazienza se verso il burrone. Non basta: se le automobili si vendono sempre meno produrremo carrarmati, missili e bombe perché la guerra tira più della pace. La Germania, come nel secolo scorso, fa da apripista e l’Italia, come nel secolo scorso, tenta di agganciarsi al carro(armato) del presunto vincitore. Non è forse l’industria bellica, oggi in Italia, l’unico settore manifatturiero di rilievo che tira? Iveco non si allea forse a Leonardo, dagli autocarri alle autoblindo? Corvette e motovedette non sono forse nei piani industriali di Fincantieri? Parigi val bene una messa? Detto senza fraintendimenti, per difendere il lavoro nella crisi si può cavalcare un missile con i cavalli vapore alimentati da energia fossile? La FIOM e la CGIL sono tra i pochi sindacati europei a rispondere no, la mitica Ig-Metal sembra meno categorica, più attratta dalle considerazioni di Enrico IV che per giungere al trono si fece cattolico abiurando la fede ugonotta. La precarizzazione del lavoro si regge sul parallelo scatenarsi della guerra tra poveri: i penultimi contro gli ultimi, i bianchi contro i neri, i nativi contro i migranti, i maschi contro le femmine, i giovani contro gli anziani, i lavoratori di un paese contro quelli di un altro paese, di uno stabilimento contro quelli di un altro stabilimento. Dentro la competizione criminale a cui sono spinti, a volte i lavoratori rispondono con dignità e solidarietà, persino con un ritrovato internazionalismo, a volte soccombono perché sono soli, la politica si è liquefatta non prima di averli silenziati. E qui le categorie di destra e sinistra, ahinoi, aiutano sempre meno a orientarsi. L’opportunità dei referendum dell’8 e 9 giugno I 4 referendum sul lavoro promossi dalla CGIL, se approvati ridurrebbero i danni arrecati dal jobs act di Renzi e dalle leggi volute dalla destra che aumentano la precarietà, la vittoria del sì renderebbe le aziende appaltatrici responsabili degli infortuni in tutta la loro filiera. Ed è nella catena degli appalti e subappalti a pioggia che si verifica il massimo degli infortuni. Il quinto referendum è sulla cittadinanza, renderebbe un po’ meno difficile diventare a tutti gli effetti italiani a chi da anni vive, lavora e paga le tasse in Italia. Pd, M5S e AVS dicono di sostenere i referendum, vorremmo vederli alla prova. Vorremmo che i media facessero il loro dovere informando i cittadini. Elly Schlein ha speso parole impegnative, ma gran parte del suo partito e soprattutto del suo gruppo dirigente solo 10 anni fa ha votato il jobs act del suo allora segretario, Matteo Renzi, creando un vulnus nel cuore dello Statuto dei lavoratori. Il Pd non è diviso solo sulla guerra e il riarmo ma anche sul lavoro. Per battere sfiducia e indifferenza, con il sostegno della parte viva della società e delle associazioni laiche e cattoliche impegnate in difesa della dignità dei cittadini e dei lavoratori, contro razzismo e odio, al fianco dei deboli, dei poveri, dei migranti, bisogna portare la maggioranza degli italiani a far pace con le urne e votare sì ai 5 referendum. Per rompere finalmente le catene che ci legano al modello sociale, politico e culturale americano. Per non finire come in Florida, dove il Senato discute due leggi per abbassare da 14 a 13 anni l’età lavorativa. Servono braccia e quelle che c’erano, erano di lavoratori immigrati che Trump sta deportando in Salvador. Ben vengano dunque gli adolescenti. Di tutte queste cose si parlerà nei cortei e nei comizi del 1° Maggio. Un 1° Maggio non così unitario come il Concertone romano vorrebbe lasciarci intendere. Sarà unitario nella denuncia del rifiuto dei padroni a rinnovare il contratto nazionale dei metalmeccanici, del pubblico impiego e di tutti quei settori a cui è scaduto da tempo, con il silenzio complice del governo. Non sarà unitario sui referendum, perché la CISL ha da tempo imboccato un’altra strada, non la “strada maestra” della Costituzione ma quella che corre parallela e spesso si intreccia con la strada tracciata dal governo Meloni. Buon 1° Maggio a tutte e tutti. |