Il 53,4 per cento degli irlandesi ha detto no al Trattato di Lisbona, la versione riveduta della Costituzione europea (Ue), respinta da Francia e Olanda nel 2005. Se allora le ragioni erano soprattuto il rifiuto di un super-Stato, oggi si parla in particolare di una paura irlandese di perdere la propria autonomia fiscale e l'indipendenza politica, così come la paura di quei termini militari che animano il trattato. I politologi respingono in blocco l'ipotesi di un no volto a chiudere la porta all'Ue. L'Irlanda non può infatti essersi dimenticata di aver ricevuto da Bruxelles 40 miliardi di euro e un sostegno fondamentale per realizzare il miracolo economico che l'isola verde ha conosciuto negli ultimi anni. Resta il fatto che l'Ue ora deve affrontare l'ennesima fermata e cercare di riavviare il motore. A Bruxelles si fanno varie ipotesi: avanzare senza Irlanda, far pressione su Dublino, introdurre un protocollo speciale... Per capire cosa sta succedendo all'Ue, area ha incontrato Nicolas Levrat, direttore dell'Istituto europeo dell'Università di Ginevra.

Il Trattato di Lisbona è il risultato del no francese e olandese alla Costituzione europea (considerata portatrice di un super-Stato dimentico delle specificità nazionali, ndr). Quali sono le principali differenze tra i due testi?
Per quel che ne è della sostanza, le differenze sono molto poche. E a prova di questo vi è uno studio dell'Università di Bruxelles secondo cui il 94 per cento delle affermazioni contenute nella Costituzione figurano ancora nel Trattato di Lisbona. Vengono a mancare soltanto le disposizioni "simboliche" come l'inno europeo. I cambiamenti sono invece a livello strutturale: il trattato costituzionale era infatti un nuovo trattato, dotato di una coerenza propria, mentre il documento di Lisbona deve inserirsi all'interno di trattati già esistenti. Ciò comporta che al momento di entrare in vigore sparirà, inglobato nel trattato comunitario e sull'Unione europea.
Concretamente che cosa significa?
Vi sono due conseguenze: la prima, positiva. Attualmente i trattati comunitari sono inclusi nel trattato sull'Unione (art. 47 Ue) ma sono i trattati comunitari che primeggiano su quello europeo, con una ripartizione dei poteri manifestamente strana. Con Lisbona questo sparirà. La seconda conseguenza è invece negativa: tutte le politiche dipendenti dal secondo pilastro europeo – come la difesa o la politica di sicurezza – restano iscritte nel primo pilastro europeo (il trattato sull'Unione, ndr). Tutte le altre politiche vengono invece posizionate nel secondo pilastro, quello sul funzionamento dell'Ue. Una ripartizione che può dare l'impressione – e probabilmente l'ha data agli irlandesi che hanno votato no la scorsa settimana – di voler dare maggiore importanza alla politica di difesa comune e meno alle altre politiche tradizionali, come quella sulla coesione, la politica sociale e commerciale.
Nel 2005, dopo che la Costituzione fu respinta venne presa una pausa di riflessione per decidere sul da farsi. Visto lo scetticismo che aleggiava e continua ad aleggiare nei confronti del Trattato di Lisbona possiamo dire che fu una pessima pausa di riflessione?
La situazione allora era molto diversa da quella attuale: il trattato Costituzionale era infatti un documento nuovo e in quanto tale dotato della facoltà di decidere quando e come entrare in vigore. In quell'occasione fu stabilita la necessità dell'unanimità, ma si sarebbe potuto decidere anche altrimenti in favore della maggioranza. Una libertà di scelta oggi impossibile per Lisbona visto che l'accordo precedente impone l'unanimità.
Perché fu presa quella decisione?
Penso che per evitare il rischio di arrivare ad ottobre 2006, e ritrovarsi ad andare avanti malgrado la mancata ratifica della Costituzione da parte di Francia e Olanda. Si preferì bloccare tutto e la sola soluzione che si fu in grado di trovare fu quella di ricominciare praticamente con lo stesso testo.
Oggi quali sono le ipotesi più probabili e giuridicamente accettabili per il futuro europeo?

In questo momento si sentono le opinioni più disparate, si parla anche di estromettere l'Irlanda dal gioco, di avanzare senza di lei. Ma la realtà è un'altra, giuridicamente ciò non è possibile. L'art. 48 del Trattato sull'Unione europea è infatti molto chiaro: senza l'unanimità il Trattato di Lisbona non può entrare in vigore. Paradossalmente abbiamo una situazione molto più bloccata oggi rispetto al 2005 quando vi erano certamente delle scappatoie giuridiche ma che, come detto, non furono usate per troppa paura. Un paradosso...
Dunque?
Quello che è certo è che per delle ragioni politiche, economiche, demografiche e geografiche nessuno s'immagina di costruire l'Europa senza la Francia. E questo indipendentemente dal contesto giuridico. Diverso invece è il discorso relativo all'Irlanda: anche se non è giusto, anche se gli irlandesi sono altrettanto sovrani che i francesi. L'ipotesi di esclusione oggi rientra nell'ordine del pensabile perché geograficamente, politicamente e demograficamente l'Irlanda è periferica. Certo, dal punto di vista giuridico non è possibile ma è invece possibile fare molta pressione su uno Stato per convincerlo a prendere una decisione.
Una democrazia un po' bizzarra questa, no?
Non è una democrazia: bisogna avere il coraggio di dirlo…
Ma la si presenta come tale…
Questo è probabilmente un problema reale: si proiettano sull'Ue i criteri di valutazione degli Stati nazione. Ma l'Ue non è uno Stato, né tantomeno uno Stato federale. Evidentemente non è democratico non rispettare il no degli irlandesi ma non è nemmeno democratico, che gli irlandesi possano bloccare tutti gli altri con un solo no contro 26 sì. Oggi siamo fermi a questo punto.
Non sarebbe ipotizzabile un referendum europeo esteso dunque a tutti gli Stati?
Molti filo-europei lo reclamano ma i responsabili politici degli Stati membri non hanno mai voluto una simile consultazione perché il suo risultato consacrerebbe l'esistenza di un popolo europeo dotato di un potere decisionale sovrano che, a suo modo, metterebbe fine alla sovranità delle nazioni.
Come uscire allora dall'impasse?
Purtroppo non ho la soluzione pronta ma da accademico posso auspicare regole che permettano effettivamente una buona legittimazione. Dal punto di vista politico penso si debba avanzare senza perdersi in dettagli istituzionali. E per capire questo basterebbe, ad esempio, che l'Europa si trovasse davanti a una situazione grave di crisi concreta – come potrebbe essere un 11 settembre 2001 – che metterebbe in secondo piano il superfluo… Scongiurando però la crisi, la soluzione che potrei augurarmi è lo sblocco della situazione facendo funzionare il trattato di Nizza (pensato per aiutare l'allargamento dell'Ue, ndr). Certo non è straordinario ma ha quantomeno il merito di esistere e solo facendolo funzionare si potranno realmente vedere quali sono i suoi limiti e si potrà intervenire per migliorarlo. Purtroppo oggi non lo si lascia funzionare e le scuse sono sempre e solo di tipo istituzionale: "Non si può fare funzionare Nizza se non abbiamo la Costituzione" o "la Costituzione non può funzionare se non si ha l'unanimità" ecc. E non si è lasciato funzionare Nizza perché si sperava e si continua a spera sempre in un trattato migliore anche senza crederci realmente. E se si cerca di avanzare introducendo ogni minuto un trattato nuovo, senza crederci realmente, come possono crederci i cittadini e dimostrare la loro fiducia attraverso le urne? E come possono i cittadini credere che l'Europa va bene se si continua a dire loro che l'Europa non va bene, che si devono cambiare le regole, che occorrono nuovi trattati?
Intanto il processo di ratifica prosegue. Per risolvere la questione irlandese la soluzione più probabile è  un protocollo speciale per poi tornare a votare?

Nell'ambito del Trattato di Lisbona, Inghilterra e la Polonia hanno ottenuto un loro protocollo (la Carta dei diritti fondamentali non può essere invocata in giustizia per il loro territorio, ndr). Anche per l'Irlanda potrà essere intrapresa una via simile. Anche se in fondo tutti questi protocolli non fanno altro che alimentare l'idea di un'Europa rattoppata… ma che funziona...
Non era meglio pensarci prima del voto a un protocollo speciale?
Sarebbe stato meglio così per non avere intoppi, ma i dirigenti irlandesi favorevoli all'Ue non hanno voluto un trattamento speciale.

Pubblicato il 

20.06.08

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