Ubs salva capra e cavoli

«Mentre il Direttorio del Gruppo di Ubs poneva degli obiettivi molto ambiziosi al settore Investment Bank con particolare attenzione alla redditività e ai costi di gestione, dall'altra sia il suddetto Direttorio che i manager esecutivi dicevano di perseguire questa crescita con investimenti a rischio limitato. Qualcuno fra gli impiegati da noi intervistati ha alluso a questo conflitto». Forse è questo il punto saliente del rapporto di 16 pagine pubblicato dalla Commissione federale delle banche (Cfb) che – dopo un colpevole silenzio – ha accusato lo scorso 30 settembre Ubs di aver voluto "la moglie ubriaca e la botte piena". Le timide accuse della Cfb ­– che nello stesso rapporto assolve comunque la dirigenza bancaria definendo le conseguenze delle "sviste organizzative" come «una catastrofe in una situazione di mercato eccezionale» – sono giunte quando il governo aveva già pronto nel cassetto il pacchetto da 60miliardi di franchi. Eveline Widmer-Schlumpf aveva infatti annunciato da tempo che il Governo stava lavorando ad un piano di emergenza che è stato messo in atto quando due domeniche fa Ubs ha chiamato al proprio capezzale lo Stato. Il più grande intervento pubblico nell'economia privata della storia Svizzera è stato negoziato da un manipolo di funzionari e dalla stessa dirigenza dell'istituto bancario. Lo Stato si è presentato così in punta di piedi di fronte al grande malato. Prestandogli direttamente 6miliardi di franchi oltre alla possibilità di trasferire presso la Banca nazionale svizzera titoli ritenuti a rischio da Ubs per un totale di 60miliardi di dollari (fra questi è bene far notare che oltre ai famigerati prodotti finanziari legati alle ipoteche americane Ubs vi ha incluso anche "prestiti agli studenti" e "immobili commerciali" per quasi 15 miliardi di dollari). Il trasferimento e il prestito non ci costerà un soldo hanno assicurato il governo e il nostro banchiere centrale. Che abbiamo fatto un buon affare è davvero difficile crederlo, perché in questo caso vi assicuriamo che qualcuno sarebbe stato ben più lesto dello Stato. Come lesta è Ubs che ha posto tra l'altro come condizione che nel caso in cui i 60miliardi di dollari dovessero fruttare qualcosa, l'istituto bancario dopo il primo miliardo di profitti farà a metà con le casse pubbliche. La moglie ubriaca e la botte piena. A restare suonati, oltre a noi cittadini, è anche quel minimo di partecipazione democratica che il Partito socialista svizzero vorrebbe reintrodurre con l'entrata diretta dello Stato nel capitale di Ubs. E quindi con la possibilità di dire la propria sui famigerati bonus ai top manager e sulle strategie del massimo profitto che hanno fatto incassare più di 66 miliardi di utile netto a Ubs dal 1998 al 2006. Un'eventualità che non piace alla destra che non vuole farsi passare la sbornia mercatista nonostante l'ennesimo brusco risveglio. Il presidente del Plr svizzero Fulvio Pelli ha affermato di non capire «perché il Pss voglia profilarsi su una questione tanto complessa». Forse è giunto il momento di capirci qualcosa.

Pubblicato il

24.10.2008 00:30
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