Tutti video attivisti

Become your media, ovvero: Diventa il tuo media. È lo slogan di www.indymedia.org, il network nato in occasione delle proteste di Seattle, novembre 1999. E mai slogan fu tanto appropriato per raccontare una generazione di attivisti che non rifiuta il contatto con gli organi di informazione, ma decide di raccontarsi in prima persona.Dai giorni di Seattle e in tutto il mondo, una rivoluzione permanente ha invaso il movimento: con telecamere e macchine fotografiche digitali, postazioni di montaggio video e per lo streaming in diretta sul web, ogni mobilitazione diventa un’occasione per comunicare. Per immagini, specialmente. È il “cinema de noantri”, per dirlo alla romana: il cinema fatto in casa, che non obbedisce alle regole del mercato, ma a quelle della passione e del desiderio. L’ultimo clamoroso esempio si è avuto in occasione del G8 di Evian, dove proprio Indymedia ha denunciato pubblicamente via internet le violenze della polizia all’Usine di Ginevra e il ferimento dell’attivista inglese sul ponte nei pressi di Losanna. “Candida Tv” è stata pioniera del genere. Nasce nel 1998 dall'incontro di una decina tra giovani autrici, registi, tecniche, «appassionati e appassionate ricercatrici delle potenzialità ancora inespresse del linguaggio audiovisivo». È la “televisione elettrodomestica”, con un palinsesto senza confini, dalla fiction ai reportage di attualità, ed un diluvio di slogan satirici: «Fatti di etere, Prendila prima di uscire, Il tuo filo intermentale». Dopo cinque anni e molti progetti, “Candida” è diventata una cooperativa che realizza prodotti di qualità, organizza corsi e seminari, lavora come service per le riprese e per il montaggio, porta in tutta Europa i suoi live-set, o “esperienze retino-acustiche”: è l’arte di miscelare i video in diretta, con telecamere e videoregistratori. Una sapienza che si basa su risorse riciclate, perché «siamo la generazione cresciuta con la televisione come babysitter»: live-set che straripano di immagini dai cento piani di lettura, rubate da film o fatte al computer, mescolate con frammenti di Palestina, Iraq, voci da dentro il carcere e dalle strade e accompagnate dalla Sparaconcetti, un programma che consente di sovrapporre alle immagini frasi e parole. Il mediattivismo è una malattia contagiosa. E dai giorni di Seattle, in tutto il mondo i collettivi video sono cresciuti come funghi, complice una tecnologia ormai alla portata di (quasi) tutte le tasche. Con una telecamera digitale e un computer, chiunque può diventare videoattivista. La stampa internazionale se n’è accorta in occasione delle proteste contro il G8 di Genova, luglio 2001. Migliaia di occhi hanno filmato quei tragici giorni: 1 morto, 600 feriti, 300 arresti. E decine di film, professionali o artigianali. Un collettivo di Berna ha raccolto la produzione dei giorni del G8 di Genova in un archivio digitale: è la videoteca di “Le Geometrie della Memoria”, progetto ambizioso che ha cercato «di fare incontrare di nuovo l’arte e la politica». Nella videoteca di “Memoria” ci sono le produzioni italiane e tedesche, inglesi e americane; da Seattle a Melbourne, da Davos al Chiapas. Tutto in un computer, a disposizione di chi ne faccia richiesta per iniziative e mobilitazioni. Sono molti i titoli e i temi interessanti: “Rebel Colours”, per scoprire i gruppi di affinità; l’attivismo internazionale in Palestina; le lotte di strada in Argentina con “The land, the street, the square”; la battaglia del gruppo “Itoiz” e la scelta radicale in “Love, peace and petrol bombs” (pace, amore e bombe molotov). Il progetto “new global vision” porta “il cinema de noantri” in tutte le case: ngvision.org è un sito che sfrutta le potenzialità della rete per diffondere e distribuire video autoprodotti. Ngv è una banca dati visuale in aggiornamento continuo: filmati in qualità vhs da scaricare e vedere in locale o da riversare su nastro o su cd. Nell'archivio sono indicati i contenuti dei video, i circuiti che li producono ed i server che li ospitano in rete, e ci sono cd di raccolta già pronti: scarica, masterizza e diffondi. Sono ormai 140 i titoli in catalogo, ognuno accompagnato da una descrizione e da parole-chiave che aiutano nella ricerca. Fra gli ultimi arrivi: la “Mayday” del primo maggio a Milano e il viaggio di alcune attiviste italiane per incontrare le donne della rete Rawa in Afghanistan. Ma anche i centri di detenzione in Australia ed il sud Africa, il Forum sociale di Firenze e quello di Porto Alegre. Film e clip di pochi minuti: è tutto lì e vi basta un computer per scaricarli dalla rete. La parola chiave è software libero, ovvero non proprietario e dunque gratuito: tecnologie di pubblico dominio con le quali è stata realizzata l'infrastruttura per produrre, scaricare e pubblicare video. Col nuovo millennio, è partita la conquista del satellite. Il movimento dei Disobbedienti ha dato vita a “Global-tv”, «la tribù satellitare per scorribande tra le stelle», che si materializza in occasione di mobilitazioni o su progetto. Ha scelto il satellite anche “No-war tv”, nata per volontà di Emergency e poi sviluppata da una cooperativa che vende insieme professionisti dell’informazione e mediattivisti. Presidente ne è il giornalista Giulietto Chiesa, per un progetto sostenuto da alcuni comuni italiani. Da settembre, dovrebbe andare in onda tutti i giorni: sul satellite, via Internet e in chiaro sulle televisioni locali italiane. L’ultima frontiera si chiama Televisione di strada: è la televisione fai-da-te, per la quale non serve un buon curriculum e tanto meno una raccomandazione. Le telestreet trasmettono su frequenze minori, sfruttando i coni d'ombra dei canali concessionari, cioè lo spazio dell'etere non raggiunto dal segnale delle tv commerciali e pubbliche. Bacino d’utenza, alcune centinaia di metri o pochi chilometri. Sono televisioni ai confini della legalità e soprattutto comunitarie: realizzate da collettivi autogestiti e territoriali. Ce ne sono in Francia e in Germania, Olanda e Spagna. In Italia sono già 60 ed il fenomeno ha trovato uno dei suoi momenti felici in “Telefabbrica”, dedicata alla battaglia dei lavoratori dello stabilimento Fiat di Termini Imerese. Cento deputati hanno firmato una proposta di legge per depenalizzare e tutelare le televisioni di strada, perché «strumenti di microinformazione».

Pubblicato il

20.06.2003 04:00
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