Home
Rubriche
Dossier
Multimedia
Archivio
Contatti
Tutti scontenti di Hans-Rudolf
di
Silvano De Pietro
Martedì 25 gennaio la “Neue Zürcher Zeitung” rimproverava al ministro delle finanze, Hans-Rudolf Merz, mancanza di coraggio nella riforma della tassazione delle imprese. Il suo collega in governo, Christoph Blocher, non si faceva scrupolo di dichiarare pubblicamente che le proposte di Merz non gli piacevano e che lui preferiva la totale esenzione fiscale degli utili delle imprese. Contestato a sinistra, com’è ovvio, e preso a pesci in faccia dai suoi stessi sostenitori ed alleati, questo ministro delle finanze del Prd appare come una figura sempre più sbiadita, un’ombra di quell’uomo forte che due anni fa l’economia voleva entrasse in governo. Prima della votazione sul pacchetto fiscale (16 maggio 2004), Merz ha avuto poco tempo per proporre qualcosa di suo. Dopo la batosta di quella bocciatura popolare, s’è messo ad esporre le sue idee (“visioni”) su come dovrebbe essere risanato il bilancio dello stato e riformato il sistema fiscale, ma senza formulare nulla di concreto. Adesso che, dopo una lunga pausa per riprendersi, finalmente ci prova a fare alcune proposte, tutti gli dicono che non vanno bene. Di che cosa si tratta? Alla fine del 2003 il governo aveva definito tre modelli per la seconda riforma del sistema di tassazione delle imprese, con la quale il Consiglio federale intende rafforzare la piazza Svizzera attraverso uno sgravio fiscale mirato del capitale di rischio. Ma nella procedura di consultazione nessuno dei tre modelli, che si differenziavano per i provvedimenti fiscali a livello di titolare della partecipazione azionaria, era stato in grado di raccogliere la maggioranza dei consensi. Allora il Dipartimento delle finanze ha cercato una via d’uscita percorribile, sottoponendo al Consiglio federale altre tre opzioni alternative: sgravi a livello d’imprenditore, sgravi a livello d’impresa, interruzione della riforma. Escludendo decisamente quest’ultima proposta, il Consiglio federale ha ribadito che occorre intervenire con la massima urgenza ed ha proposto sgravi fiscali a vantaggio sia degli imprenditori che delle imprese. Per capire meglio, occorre dire che il sistema attuale tassa gli utili di una società di capitali, ma tassa anche il dividendo distribuito agli azionisti. Insomma, per Merz il problema è la doppia tassazione degli utili aziendali. La sua proposta: ridurre all’80 per cento l’imposizione dei dividendi provenienti da patrimonio privato, ed al 60 per cento i dividendi e gli utili da alienazioni (cioè da cessioni, da vendite) del patrimonio commerciale. Questi sgravi andrebbero applicati a favore di tutti gli azionisti, anche se Merz voleva limitarli alle partecipazioni superiori al 5 per cento (ma non è stato ascoltato) poiché il Consiglio federale intende riproporne anche altri, rimasti incontestati nella procedura di consultazione, per le società di capitali e le imprese di persone. Queste proposte hanno però finito per scontentare tutti. L’economia, spalleggiata dai partiti borghesi, vorrebbe agevolazioni più consistenti; la sinistra invece deplora i regali agli azionisti («perché i dividendi debbono essere tassati meno dei salari e delle pensioni?»), mentre i cantoni temono massicce riduzioni delle entrate. Il Partito socialista svizzero non esita a parlare di «truffa fiscale». «Il Consiglio federale ha perso l’occasione di trarre le giuste conclusioni dalla sconfitta sul pacchetto fiscale, e tenta ora nuovamente di ridurre le tasse ai ricchi», ha detto il presidente del Pss, Hans-Jürg Fehr. Ad approfittare di questa riforma sono ancora le persone sbagliate: imprenditori, azionisti e manager che non ne hanno oggettivamente bisogno, mentre non ne avrà nessun beneficio quel 75 per cento di cittadini e di lavoratori che non possiede azioni. Insomma, il consigliere federale Merz non è riuscito finora a far passare una sola sua proposta (e si consola citando il suo predecessore Willi Ritschard, che riteneva buona una legge fiscale «solo quando ne sono tutti ugualmente insoddisfatti»), ma dice di volere una riforma radicale; giudica il sistema fiscale svizzero troppo macchinoso e complicato, ma parla di una valanga di proposte: tasso unico di Iva, imposta negativa sul reddito, “flat rate tax” (aliquota unica d’imposta). Ma avrà poi le idee abbastanza chiare? box Pochi giorni dopo all’annuncio dello sgravio per coloro che hanno capitale a rischio (vedi articolo sopra), in un’intervista al domenicale “Nzz am Sonntag” il ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz annunciava che «entro il 2008 saranno soppressi complessivamente fino a 4’200 impieghi» nell’amministrazione federale, il cui personale verrebbe così ridotto di oltre il 10 per cento. L’intenzione è quella di proseguire in tal modo con il processo di ridimensionamento già avviato l’anno scorso: «Nel 2004 erano occupate per la prima volta nell’amministrazione federale meno persone rispetto ad un anno prima», ha rilevato Merz. Alla fine di novembre il numero di impieghi alle dipendenze della Confederazione era stato infatti ridotto dell’1,8 per cento. Alla domanda se ci saranno licenziamenti, il consigliere federale Merz non ha voluto rispondere: «Faremo tutto il possibile per portare a termine la riduzione in modo socialmente sopportabile e sfruttando le fluttuazioni naturali». La reazione del Sindacato dei servizi pubblici Ssp/Vpod non s’è fatta attendere, e la sua sezione bernese ha subito protestato contro tale decimazione degli impieghi federali. La Confederazione si appresta a diventare il più grande annientatore di posti di lavoro della Svizzera, denuncia il sindacato. In un comunicato, il Vpod scrive che «non è ammissibile che Merz riduca del 10 per cento il personale dell’amministrazione federale, per poi ridurre le imposte ai ricchi». Il popolo si è chiaramente espresso contro tali sgravi, dicendo no al pacchetto fiscale il 16 maggio 2004. La Svizzera «dipende da uno Stato che funziona bene e la Confederazione, uno dei maggiori datori di lavoro del paese, deve assumersi le sue responsabilità». Secondo il Vpod l’annunciato ridimensionamento non sarà possibile senza licenziamenti, contrariamente a quanto sperato da Merz.
Pubblicato il
04.02.05
Edizione cartacea
Anno VIII numero 5-6
Articoli correlati
Nessun articolo correlato