Lo scorso 5 agosto, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha chiuso l’inchiesta penale nei confronti di Glencore International AG e delle sue attività corruttive nella Repubblica democratica del Congo (RDC). Il gigante delle materie prime, basato nel Canton Zugo, è stato condannato a una multa di due milioni di franchi e a un risarcimento di 150 milioni di dollari. area ha consultato il decreto d’accusa firmato dalla procuratrice federale Yvonne Ramjoué Wicki il quale mette in luce i legami opachi della multinazionale elvetica nella RDC, uno Stato ricco di risorse naturali ma gangrenato da povertà e corruzione.

 

Un partner innominabile

 

Nella regione meridionale del Katanga, i siti minerari di Mutanda e Kansuki sono considerati tra i siti di estrazione di cobalto più grandi del mondo. Si stima che insieme, le due miniere, possano produrre l’equivalente del 40% della produzione mondiale di questa materia prima sempre più indispensabile, a cui va aggiunto il 40% della produzione di rame congolese. Ovvio, quindi, che una multinazionale come Glencore abbia voluto metterci le mani.

 

Nel 2011, Glencore deteneva il sito di Mutanda attraverso la sua controllata Longhill Development INC. Quest’ultima possedeva il 40% della società congolese Samref Congo SPRL, che a sua volta controllava l’80% di Mutanda Mining SARL. Il restante 20% era detenuto dalla società statale Generales des carrières et des mines (Gecamines).

 

Kansuki SPRL era invece controllata al 25% da Gecamines e al 75% da Kansuki Investment Corp, nella quale Glencore deteneva la metà delle azioni attraverso l’affiliata Quick Investment Limited. L’altrà metà apparteneva alla società Marinella Properties LTD, una società della galassia controllata dal magnate israeliano Dan Gertler. Personaggio controverso, amico intimo dell’allora presidente Joseph Kabila, Gertler è finito nel mirino delle autorità penali di diversi Stati per la maniera con la quale ha ottenuto le sue concessioni minerarie nella RDC.

 

Nelle dodici pagine del decreto d’accusa, il nome dell’uomo d’affari non viene mai fatto. La Procura federale si riferisce a lui come il “partner commerciale” di Glencore.

 

Una vendita sospetta

 

Partner nella licenza di Kansuki, il gigante svizzero e il magnate israeliano decidono nel 2011 di unire questa miniera e quella di Mutanda in un’unica società. Il primo passo del loro progetto è quello di convincere la società statale Gecamines a vendere a società di Fleurette Group, controllato da Gertler, le quote di minoranza che detiene nelle due società proprietarie delle licenze. Glencore si fa promotore di questa idea proponendola per iscritto alla stessa Gecamines. Il Consiglio d’amministrazione della società mineraria pubblica congolese dà il via libera nel marzo del 2011.

 

Qualche giorno dopo vengono firmati i contratti: il 20% della azioni di Gecamines in Mutanda è ceduto alla società Rowny Assets Limited; il 25% delle quote di Gecamines in Kansuki è invece ceduto a Biko Invest Corp. Gotham City ha potuto consultare questi due contratti dai quali risulta che Rowny e Biko, entrambe basate alle Isole Vergini britanniche e controllate dalla galassia di Dan Gertler, avevano come recapito una fiduciaria di Zurigo, Salix Services AG.

 

Il prezzo d’acquisto è stato fissato a un totale di 137 milioni di dollari: 120 per Mutanda e 17 per Kansuki. A questo va aggiunta anche l’assunzione dei debiti di Gecamines nei confronti di Mutanda per un totale di 31 milioni di dollari. La fusione è annunciata da Glencore nel luglio 2013. Con questa operazione, il gigante svizzero ha ottenuto il controllo di maggioranza sul nuovo, gigantesco, conglomerato minerario.

 

Mazzette al consigliere di Kabila

 

Un affare colossale, insomma. Il quale, però, è stato reso possibile da pagamenti corruttivi. I documenti ottenuti dall’MPC dimostrano infatti che il “partner commerciale” di Glencore ha “ripetutamente effettuato ingenti pagamenti in contanti ad un funzionario pubblico, nel frattempo deceduto, in relazione alle sue attività commerciali”. Quest’ultimo, si legge nel decreto d’accusa, era un membro del Parlamento congolese e il più stretto consigliere dell’ex Presidente della RDC per quanto riguarda gli aspetti minerari.

 

Anche in questo caso, l’MPC preferisce non fare nomi anche se è di notorietà pubblica che si tratti dell’ex governatore del Katanga, Augustin Katumba Mwanke, morto in un incidente aereo nel 2012. Secondo la Procura federale, l’alto funzionario ­“era in grado di adottare misure ed esercitare un’influenza decisiva, in particolare per quanto riguarda le attività commerciali della società statale Gecamines”.

 

Dieci milioni in contanti

 

L’indagine ha dimostrato che Gertler ha utilizzato dei conti svizzeri a lui riconducibili per fare arrivare i soldi in contanti all’alto funzionario. Nel periodo circostante l’acquisizione delle partecipazioni di minoranza di Mutanda e Kansuki, da questi conti sono transitati circa 26 milioni di dollari dei quali circa “10 milioni sono stati inoltrati in contanti in varie tranche al funzionario coinvolto in questa vicenda”. In cambio quest’ultimo ha partecipato attivamente alla vendita delle azioni di Mutanda e Kansuki a Rowny e Biko a un valore inferiore a quello di mercato: secondo l’MPC, infatti, il valore delle partecipazioni di minoranza acquisite era superiore al prezzo d’acquisto concordato.

 

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Nel decreto d’accusa viene specificato che non è stato rilevato che organi societari o dipendenti di Glencore fossero a conoscenza di queste transazioni. Ciononostante, la multinazionale è stata condannata per non avere adottato tutte le misure organizzative ragionevoli e indispensabili in relazione alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri da parte di un suo partner commerciale.

 

“Agente di Glencore”

 

La Procura federale sottolinea che “un’azienda non dovrebbe poter eludere la propria responsabilità ‘esternalizzando’ le attività aziendali a un partner commerciale che agisce essenzialmente negli interessi dell’azienda”. In sostanza, per l’MPC, Gertler ha agito come “agente di Glencore” e gli atti di corruzione del magnate israeliano “si considerano compiuti all’interno dell’azienda”.

 

Per l’MPC, nella RDC, Glencore era esposta “ad un rischio corruzione molto elevato” che però non è stato monitorato e controllato a sufficienza. Così facendo non ha rispettato la propria politica interna in materia di anticorruzione ciò che porta a una carenza organizzativa “grave” ai sensi dell’articolo 102 del codice penale, ossia quella norma che permette di punire un’azienda che non ha potuto impedire reati quali appunto la corruzione.

 

In un comunicato stampa, Glencore ha confutato le conclusioni dell’MPC. Tuttavia, il colosso con sede a Zugo ha rifiutato di contestare il decreto d’accusa “nell’interesse della risoluzione del caso”.

 

L’inchiesta, aperta nel 2020 dopo che, a fine 2017, l’ONG Public Eye aveva sporto una denuncia penale è quindi conclusa. Glencore dovrà pagare una multa di due milioni di franchi (massimo previsto: 5 milioni) e restituire 150 milioni di dollari. Questa somma corrisponde alla differenza tra il prezzo di acquisto delle miniere (168 milioni di dollari) e il loro valore “ragionevole nel contesto di una normale transazione”.

 

Lo scorso anno, Glencore aveva già dovuto pagare altri 27 milioni di franchi alla Svizzera per dei casi di corruzione in vari Paesi, tra cui la stessa RDC.


 

 

Pubblicato il 

23.08.24
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