È in corso in questi giorni presso il Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona il processo nei confronti di Trafigura. La multinazionale attiva nel commercio di petrolio è accusata di non aver impedito il pagamento di tangenti a un ex agente pubblico angolano. Nel giorno in cui il Ministero pubblico della Confederazione terrà la sua requisitoria vi proponiamo una lista dei principali protagonisti di questo processo storico che area ha potuto seguire. Un colosso del trading Fondata nel 1993 da alcuni ex manager del gruppo Marc Rich & CO AG (poi divenuto Glencore), Trafigura è oggi uno dei più importanti commercianti mondiali di petrolio. Nel 2023 ha realizzato 7,4 miliardi di dollari di utile netto. La casa madre del gruppo è a Singapore, ma la sede operativa e direzionale è a Ginevra. È la prima multinazionale a finire davanti a un tribunale in Svizzera per un caso di corruzione. Nega i fatti e ha deciso di difendersi, costi quel che costi. La joint-venture col generale Per le sue operazioni in Angola, Trafigura utilizzava un’entità societaria denominata DT Group. Questa sorta di subholding era controllata dalla stessa Trafigura assieme al generale angolano, Leopoldino Fragoso do Nascimento, soprannominato “Dino”. L’alto graduato, vicinissimo all’allora presidente Eduardo Dos Santos, ha permesso a Trafigura di godere per anni di un quasi monopolio sul mercato petrolifero angolano. È da una filiale di DT Group – DT Trading SA – che sono partite le presunte mazzette destinate a corrompere un agente pubblico angolano. Ed è questa stessa filiale che pagava i soggiorni a Gstaad della figlia del generale Dino. Il fantasma di Claude Dauphin Morto nel 2015, il co-fondatore e per anni numero uno di Trafigura è stato suo malgrado uno dei protagonisti del processo. Nell’atto d’accusa il nome di Claude Dauphin è menzionato 75 volte, in riferimento al presunto patto corruttivo al quale l’allora CEO avrebbe partecipato, ma di cui formalmente non ha mai potuto essere imputato. Secondo la difesa della multinazionale, per evitare di violare la presunzione d’innocenza di un morto, Trafigura andrebbe semplicemente stralciata dalla procedura. La proposta è stata respinta in entrata dalla Corte. La famiglia di un perfetto capro espiatorio “C’è qualcosa di marcio nel mondo del trading”. È con queste parole che inizia una lettera che l’avvocato della famiglia Dauphin, Roman Pinösch, ha scritto al tribunale per contestare il fatto che gli eredi dell’ex gran patron non hanno potuto accedere agli atti. Presente in sala in qualità di osservatore, il legale e il figlio sono dell’opinione che si sia di fronte a una strategia concertata dalle parti per fare di Claude Dauphin la sola e unica persona responsabile di questo schema di corruzione. Il pentito che va zittito Assieme a Claude Dauphin, ecco un altro uomo ideale su cui far ricadere tutte le colpe. Ex responsabile dei paesi lusofoni per Trafigura, già CEO di DT Group, Mariano Marcondes Ferraz è stato condannato a vent’anni di prigione in Brasile nell’ambito del caso Petrobras. Per ridurre la sua pena ha iniziato a parlare, rivelando così le attività corruttive di Trafigura in Angola. L’inchiesta elvetica è partita proprio da questa sua testimonianza. Secondo le difese ci sarebbe stato un accordo occulto per garantirgli un’immunità: le dichiarazioni di Ferraz andrebbero quindi scartate. Anche questo argomento è stato respinto dai giudici. Il milionario suo malgrado Baffetti bianchi, occhiali dorati, il tarchiatello Paulo Gouveia Junior – ex alto dirigente di Sonangol Distribuidora – è il presunto corrotto di questa vicenda. Nell’aprile 2009 si è recato a Ginevra, ha aperto un conto presso Crédit Agricole e pranzato con Claude Dauphin. Per l’accusa, è Gouveia che firmava i contratti a favore di Trafigura. In cambio ha ricevuto quasi 6 milioni di dollari sul conto svizzero controllato dalla sua società offshore, Wyland Group. Lui ha però affermato di non saperne nulla dei soldi che sono arrivati lì: «Era un conto gestito da Ferraz», ha dichiarato laconico. L’intermediario smemorato Ginevrino, residente a Dubai, T.P. vanta una lunga carriera nell’industria petrolifera, soprattutto in Africa. Dopo aver lasciato Trafigura ne è diventato un intermediario, ossia quel profilo di persone ben presente nel settore del trading e che, spesso nell’opacità, fa da tramite tra i grandi gruppi e le entità statali di paesi ad alto rischio corruzione. È attraverso la sua società, ConsultCo, che Trafigura effettuava i pagamenti a Paulo Gouveia Junior. Per T.P. ciò avveniva a sua insaputa, malgrado la sua firma sia apposta su diversi documenti. Si ritiene «manipolato». Da chi? Da DT Group, dice, senza però indicare dei nomi. La memoria fa brutti scherzi. L’ex numero 2 si gode la pensione A 51 anni, Mike Wainwright si gode il suo pensionamento anticipato a Ginevra e può finalmente dedicarsi alla sua grande passione: le corse automobilistiche. Sotto inchiesta per corruzione, nel 2024 ha lasciato Trafigura dopo ventiquattro anni di carriera che lo hanno portato a diventare il numero due del gruppo. Membro del CDA di DT Group, il suo nome figura anche in un documento con il quale Trafigura ha convalidato ConsultCo, l’intermediario attraverso il quale sarebbero stati versati i presunti pagamenti corruttivi. Interrogato a lungo dai giudici, l’uomo ha alternato dei vuoti di memoria a prese di posizione più ferme. Come quella secondo cui l’Angola non presentava un rischio di corruzione elevato. Giammai. Mister Non-Compliant Dalla sua discreta fiduciaria a Ginevra, J.H. si occupava dei conti segreti e delle commissioni versate da Trafigura, della quale era stato a lungo dipendente. Claude Dauphin lo aveva soprannominato “Mr Non-Compliant”, perché «faceva cose che non potevano essere fatte internamente al gruppo Trafigura». J.H. era stato nominato da Dauphin e Wainwright per monitorare le attività di ConsultCo e per supervisionare i pagamenti a Gouveia. L’ONG che mette il dito nella piaga Già nel 2013, Public Eye aveva svelato le controverse relazioni d’affari tra Trafigura e il generale Dino. In vista del processo, l’ONG si è recata in Angola per indagare sull’attuale presenza di Trafigura. Cacciata dopo la caduta di Dos Santos, la multinazionale è ritornata nel paese e oggi gestisce il corridoio di Lobito, una strategica linea ferroviaria che permette di collegare le miniere di rame e cobalto dell’Africa centrale all’oceano Atlantico. In questi giorni, Public Eye ha pure svelato come Trafigura abbia ricompensato molto generosamente gli uomini chiave della sua rete angolana, anche dopo l’apertura dell’inchiesta svizzera. L’autore di queste inchieste non è certo passato inosservato agli occhi del folto team di consulenti della società presente a Bellinzona. L’ex Financial Times che lavora per Trafigura Trafigura non ha lesinato i mezzi per seguire il processo. Oltre al team legale dell’avvocato Jean-François Ducrest, in sala ci sono anche due traduttori appositi per riportare in inglese ai vari giuristi e portavoce della società tutto quanto viene detto. Tra i responsabili della comunicazione spicca il nome di Neil Hume, ex responsabile materie prime del Financial Times e ora membro del team “corporate affaire” di Trafigura. L’uomo entra ed esce dalla sala stampa ed è in dialogo continuo soprattutto con i giornalisti britannici, un po’ troppo embedded. |