Chiedete al Gigi di Viganello, o all'Orlando di Gnosca, chi sono, in Ticino, gli spacciatori di stupefacenti: "gli asilanti africani", vi risponderebbero. Elementare Watson! La potenza di questo luogo comune ha dell'incredibile, alla luce delle statistiche di polizia: nel 2006, su 550 persone denunciate per infrazione alla legge sugli stupefacenti in Ticino, gli africani sono solo 42, di cui 35 arrivati in Svizzera come richiedenti l'asilo (6 per cento delle persone denunciate). Quali sono le radici del luogo comune? Almeno tre. La prima è che gli africani saltano all'occhio, per ovvii motivi. La loro immagine colpisce chi li vede trafficare più di quella dei visi pallidi. La seconda attiene alla propaganda martellante contro questa minoranza più visibile. Basti pensare allo sciagurato "troppi neri sui bus", in copertina del solito settimanale dedito a "sbattere il mostro in prima pagina", anzi, il presunto "mostro", che tale diventa a furia di sentirselo ripetere. La terza, che facilita la seconda, è la politica di comunicazione poco attenta in materia di reati contro la Legge federale sugli stupefacenti. Lo scorso 11 dicembre, alla domanda di due deputati che chiedevano se "il Consiglio di Stato condivide la preoccupazione circa il "salto di qualità" compiuto dalla criminalità da parte di sedicenti richiedenti l'asilo", la risposta si è limitata all'esito di un'operazione di polizia, circoscritta a Lugano, denominata "Kilimangiaro" (il più alto monte africano…). Si riferisce di "centinaia di controlli che hanno coinvolto ben 190 persone. Di queste, 160 individui sono risultati di origine africana". Quale messaggio passa? Che oltre l'80 per cento degli spacciatori (160 su 190) sono di origine africana. La differenza fra "persona controllata" e "persona colpevole" sfugge ai più, benché fondamentale, e pochi realizzano che l'esito non poteva essere diverso: l'operazione "Kilimangiaro" era esplicitamente diretta contro gli africani. In una successiva risposta del 19 dicembre, il medesimo Consiglio di Stato ha opportunamente allegato una statistica di polizia del 2006, non facile da leggere, ma che fornisce dati significativi sul coinvolgimento di africani in faccende di droga. Si distinguono, senza spiegazioni, le "contravvenzioni" e le "infrazioni" alla legge sugli stupefacenti. Le prime, per lo più, sono reati minori (consumo); le seconde, più gravi, attengono allo spaccio. Le persone registrate per contravvenzioni sono 1'345 in tutto, di cui 40 africani (3 per cento) e 662 svizzeri (49 per cento). Degli africani, solo 17 sono indicati come "richiedenti l'asilo" (1 per cento). I registrati per infrazioni sono invece 550, di cui 42 africani (8 per cento) e 308 svizzeri (56 per cento). Gli africani "asilanti" sono 35 (6 per cento). Che dire? Che anche un solo richiedente l'asilo africano dedito allo spaccio è uno di troppo, come sono troppe le 1'895 persone in tutto denunciate per reati di droga. Ma anche che una buona politica di repressione e di prevenzione comincia da una buona informazione, non dai luoghi comuni. |