Scandalo Argo 1

Perché Argo 1? Perché il Dss scelse una neocostituita agenzia di sicurezza, sprovvista di personale, per affidarle improvvisamente un appalto nella delicata gestione dei centri dei richiedenti l’asilo? E perché il Dss non notificò mai al Governo quell’appalto da 3,4 milioni di franchi?
Per rispondere a questi quesiti, nell’arco di due anni, si sono succeduti nell’ordine: la sottocommissione della Gestione, il perito indipendente Marco Bertoli, incaricato dal governo ad approfondire le critiche sollevate a suo tempo dal Controllo cantonale delle finanze (Ccf), le inchieste della Magistratura e infine la Commissione parlamentare d’inchiesta (Cpi).


Nel mese di dicembre, il procuratore generale Andrea Pagani aveva comunicato la fine dell’inchiesta penale nei confronti di due funzionari del Dss e due dipendenti dell’agenzia di sicurezza, emanando nei loro confronti un decreto d’abbandono. Nella sua lunga inchiesta, pur evidenziando «manifeste carenze e valutazioni superficiali e soggettive», la magistratura non ha ravvisato il reato di corruzione né d’infedeltà della gestione pubblica. Restano ancora aperte tre inchieste, quella sulle ipotesi dei reati d’usura (i versamenti in nero e i mancati pagamenti di oneri sociali), quella sul pestaggio di un richiedente l’asilo minorenne nel bunker di Camorino, e infine sui sospetti di riciclaggio dei fondi finanziari della società di Argo 1.
Si sono invece concluse le verifiche sulle responsabilità politiche e operative sulle quali ha investigato la Commissione parlamentare d’inchiesta (Cpi), il cui rapporto conclusivo è stato pubblicato la scorsa settimana.


Delle 134 pagine del rapporto della Cpi, area vi propone una sintesi, evidenziando gli aspetti a nostro giudizio più rilevanti. Esclusa la corruzione dalla magistratura, la risposta alla domanda principale dei motivi che indussero il Dss a scegliere  Argo 1, appare piuttosto evidente. La neonata agenzia di sicurezza fu scelta per l’offerta da 35 franchi orari (equivalente al dumping salariale nel ramo). Una scelta indotta dalla pressione al risparmio della spesa pubblica, deciso dalla maggioranza politica cantonale.


Visti gli alti costi sostenuti successivamente, il danno d’immagine e di credibilità patito dalle istituzioni, si può affermare che fu una decisione scellerata. Di positivo vi è stato che lo scandalo ha fatto emergere la serie di incredibili disfunzioni dei vari dipartimenti (Dss in primis) nella gestione della cosa pubblica. Il Governo ha dichiarato di aver adottato delle misure nel tentativo di evitare che tali disfunzioni si ripetano. Conosciuti i fatti, ora toccherà agli elettori esprimere il giudizio politico nelle urne del prossimo aprile.

 

Perché proprio Argo 1?

«Nella risposta all’interpellanza, il Direttore del Dss ha affermato: “Se avessimo fatto un concorso, anziché spendere 3,4 milioni, ne avremmo spesi 5 o 5,5”. Si auspica si tratti solo di un ragionamento a posteriori. In caso contrario occorrerebbe concludere che la volontà di risparmiare abbia travalicato l’osservanza delle leggi» scrive la Cpi. Il sindacato Unia, nella sua denuncia alla magistratura, ha stimato a 460mila franchi le differenze salariali mancanti. L’istituto delle assicurazioni sociali ha invece quantificato a circa 80mila franchi gli oneri sociali elusi. Il prezzo “estremamente basso” di 35 franchi pattuito col Dss non consentiva di rispettare il Ccl, imponendo il ricorso al nero. Riassumiamo lo schema. Per “economizzare” sugli stipendi, Argo 1 stipulava con gran parte dei suoi dipendenti un contratto di tipo C, cioè di lavoratori ausiliari per un massimo consentito di 900 ore l’anno, circa 80 ore mensili pagate 22,20 franchi lordi l’ora. Col personale perennemente insufficiente a coprire la turnistica sulle 24 ore, gli agenti dovevano prestare molte ore straordinarie, sforando il tetto massimo delle 900 ore. L’agenzia avrebbe dovuto dunque modificargli la classe salariale. Uno scatto che equivale a un aumento della retribuzione. Economicamente impossibile, visti i 35 franchi pattuiti col Dss. Da qui la scelta di segnare ufficialmente le ore massime consentite dalla classe salariale, pagando in nero le supplementari. Così facendo, poteva pure “risparmiare” sugli oneri sociali, eludendoli.

 

L'invocata urgenza

Il Consigliere di Stato Paolo Beltraminelli ha sempre giustificato la ripetuta serie di violazioni alla legge sulle Commesse pubbliche prolungatasi per anni con l’urgenza nell’affrontare il servizio dei richiedenti l’asilo. Nel caso dell’improvvisa entrata in scena di Argo 1, la scusante dell’urgenza non regge alla prova dei fatti. Quando nell’estate del 2014 i richiedenti devono traslocare dalla sede di Lodano a quella di Lumino, è previsto che li seguano anche gli agenti della Rainbow, ossia l’agenzia già attiva a Lodano. Solo due giorni prima, il Dss comunica a Rainbow di disdire il rapporto e di affidarlo alla nuova ditta Argo 1. Quando questa entra in servizio a Lumino, conta 4 agenti per coprire 24 ore. Di questi, due agenti erano fittizi, nel senso che figuravano i loro nominativi ma non presteranno mai servizio. Il nome dell’amministratore di Argo 1, Davide Grillo, figurerà negli anni seguenti sulla lista degli agenti in servizio, unicamente per coprire i lunghi turni degli agenti in nero. L’agenzia Rainbow fatturava 48 franchi l’ora (proponendo anche una riduzione a 43,50), mentre Argo 1 solo 35 franchi. «È ragionevole pensare che il principale motivo del passaggio ad Argo 1 possa essere il contenimento dei costi» si legge nel rapporto della Cpi. Più esplicito fu il perito del CdS, l’avvocato Marco Bertoli: «Nessuno dei motivi invocati a sostegno della repentina attribuzione del mandato ad Argo 1 trova riscontro nelle carte d’inchiesta». A fronte di una ditta collaudata, con anni di esperienza, si è deciso di affidare il delicato compito di gestione dei centri dei richiedenti l’asilo a una neo costituita ditta senza che avesse il personale necessario.

 

Il capo che non sapeva

Il capodipartimento Paolo Beltraminelli, pur avendo firmato il contratto con i responsabili di Argo 1, ha sempre dichiarato d’ignorare che fosse stato prolungato tacitamente per due anni, prima di essere stato interrotto dopo l’intervento della polizia. Ignorava che quell’appalto non fosse stato ufficializzato al Consiglio di Stato tramite la risoluzione governativa. «Non ho avuto il guizzo di chiedere» disse in Parlamento. Il Consigliere di Stato era pure all’oscuro che il suo Dipartimento non avesse mai stipulato per anni dei contratti per le forniture di vitto e alloggio dei richiedenti l’asilo. E poiché non esistevano contratti, quelle prestazioni non furono mai regolarizzate da risoluzioni governative, nonostante il suo Dipartimento non potesse farlo in autonomia.
Beltraminelli non sapeva che nessuno di questi accordi verbali fosse mai stato inserito nella lista obbligatoria delle commesse pubbliche a mandato diretto. Non sapeva che questi ultimi, stando alla legge sulle commesse pubbliche, dovessero essere posti a concorso. Beltraminelli era pure all’oscuro che il suo capodivisione organizzava in giugno degli incontri negli uffici del Dss con il presidente del suo partito, il Ppd Fiorenzo Dadò, per chiarire la vicenda della cena a Bormio pagata da Sansonetti (il direttore di Argo sotto inchiesta) alla responsabile del Servizio richiedenti, Carmela Fiorini, e al fidanzato Dadò. D'altronde, Dadò non glielo aveva mai detto a Beltraminelli di quella cena, nonostante fossero passati mesi dallo scoppio dello scandalo. Beltraminelli ignorava pure che il suo capodivisione, Renato Bernasconi, chiese al direttore di un’agenzia di sicurezza di non impiegare più a Camorino uno dei tanti ex agenti di Argo 1 che avevano fatto scoppiare il caso denunciando in Procura il malandazzo. «Si pone la questione centrale: qual è il ruolo del Consigliere di Stato?» scrive la Cpi nelle sue conclusioni. La Cpi dà una risposta sfumata, "politichese". Forse l'attento lettore ne avrà una più netta.

 

Sette milioni di illegalità

Complessivamente, sono oltre 7 i milioni di franchi spesi senza le autorizzazioni necessarie e in violazione alla Legge sulle commesse pubbliche. «In generale, mancanza di risoluzioni governative e di formalizzazione di contratti per tutto il settore dell’asilo», riassume la Cpi. Ai noti 3,4 milioni di appalto alla Argo 1, si devono aggiungere 1,13 milioni di appalto alla Rainbow senza la dovuta copertura della risoluzione governativa. Altri 2,5 milioni sono stati invece versati nel campo dell’alloggio e il vitto dei richiedenti, senza che esistessero dei contratti. Nel suo rapporto, il Controllo cantonale delle finanze (Ccf) ha evidenziato come in questi ambiti siano state violate le procedure della legge sulle commesse pubbliche e che i vari appalti non siano stati iscritti «nella lista degli appalti su mandato diretto (solo a posteriori e parzialmente nel 2017)». Per quanto concerne la Sezione delle finanze, incaricata dei pagamenti, il Ccf annota che «ci si sarebbe potuto attendere un approccio più critico rispetto alle richieste di pagamento preavvisate dall’Ussi (Dss). Non si rileva tuttavia da parte della Sf alcuna violazione alla legge». La Cpi evidenzia come «la mancanza di controllo con altre realtà dell’Amministrazione, ha spinto il servizio richiedenti a dare troppo peso all’aspetto finanziario, trascurando la qualità della gestione dei richiedenti e senza rispettare la legge».

Pubblicato il 

14.02.19