Avere un tetto sopra la testa, un’abitazione dove sentirsi a proprio agio, è un bisogno fondamentale. Poter trovare un alloggio adeguato è un obiettivo sociale sancito dalla Costituzione. È allora lecito chiedersi se tale obiettivo sia raggiunto e se le economie domestiche che vivono in condizioni di povertà o precarietà abbiano accesso ad alloggi adeguati. Così incomincia il recente studio che analizza la relazione fra alloggio e povertà nel nostro paese. Lo studio prende in considerazione il costo, le dimensioni, l’ubicazione, la grandezza dell’alloggio in rapporto alla condizione economica delle famiglie. Sono considerate povere le persone che non dispongono del minimo vitale, e in condizione di precarietà le persone il cui reddito non supera il 20% del minimo vitale. La principale causa di povertà o precarietà sono le spese di alloggio troppo elevate. Per quattro persone povere su cinque il costo dell’alloggio costituisce un onere eccessivo. Per l’83,5 per cento delle economie domestiche povere e il 57,1 per cento di quelle in condizione di precarietà l’offerta di alloggi è inadeguata. Inoltre esse spendono più del 30 per cento del reddito lordo per l’affitto, il che costituisce un peso troppo gravoso. A trovarsi in tale condizione sono molto spesso le persone sole con meno di 65 anni e le famiglie monoparentali. Per un terzo delle persone sole e delle famiglie monoparentali l’offerta di alloggi è inadeguata. Non tutti i gruppi sociali ad alto rischio di povertà sono interessati in ugual misura dal problemi dell’alloggio. A trovarsi in questa condizione sono molto spesso le persone sole con meno di 65 anni (31,2%), le famiglie monoparentali (37,4%), ma soprattutto le economie domestiche composte da persone di origine straniera (42,8%): tra queste ultime, l’incidenza è oltre due volte superiore a quella rilevata tra le economie domestiche svizzere. Anche tra i beneficiari di pensioni di vecchiaia il numero di persone con problemi di alloggio superiore alla media è notevole. Il problema dell’alloggio è un fenomeno per lo più urbano. Fatta eccezione per l’aspetto dell’ubicazione, le economie domestiche povere che vivono nelle zone urbane hanno condizioni di alloggio peggiori rispetto a quelle che vivono nelle zone meno densamente popolate. Lo studio evidenzia la carenza di alloggi a pigione moderata e la difficoltà delle persone povere o in condizione di precarietà nell’accedere ad appartamenti a basso costo e a mantenerli per un lungo periodo. L’offerta di appartamenti sociali è ampiamente inferiore al bisogno, e a questo si aggiunge l’esclusione delle economie domestiche a rischio dal normale mercato immobiliare. A farne le spese sono soprattutto le economie domestiche con procedure esecutive in corso. Questi in sintesi i risultati emersi dallo studio, che non possono lasciare indifferenti. L’ASI ha lanciato alcuni mesi fa l’iniziativa che chiede più alloggi sociali e, alla luce di quanto detto, non si può fare altro che sostenerla.
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