Nel 2000 ho subìto una frattura del femore e mi sono dovuto sottoporre ad una seconda operazione per rimuovere le placche in metallo applicate nel corso della prima operazione. La seconda operazione era stata fissata per il mese di ottobre 2001. Tuttavia, su richiesta del mio datore di lavoro, è stata posticipata al mese di giugno 2002.
Alla fine del mese di aprile 2002 mi è però stato notificato il licenziamento per la fine del mese di giugno 2002 (nel quarto anno di servizio). Ho fatto notare al mio datore di lavoro che a causa dell’operazione il termine di disdetta si sarebbe prolungato di circa 3 settimane. Lui ha però sostenuto che l’operazione, non avendo carattere d’urgenza, non avrebbe avuto ripercussioni sul termine di disdetta e che quindi il rapporto di lavoro sarebbe terminato, come notificato, alla fine di giugno.
L’operazione è stata posticipata dall’autunno del 2001 al mese di giugno 2002 su richiesta del datore di lavoro. Il datore di lavoro era a conoscenza dell’operazione e, ciononostante, ha notificato il licenziamento al lavoratore.
Il Codice delle obbligazioni (art. 336c Co) disciplina la “Disdetta in tempo inopportuno”:
«Dopo il tempo di prova, il datore di lavoro non può disdire il rapporto di lavoro:
b) allorquando il lavoratore è impedito di lavorare, in tutto o in parte, a causa di malattia o infortunio non imputabili a sua colpa, per 30 giorni nel primo anno di servizio, per 90 giorni dal secondo anno di servizio sino al quinto compreso e per 180 giorni dal sesto anno di servizio;
La disdetta data durante uno dei periodi suddetti è nulla; se, invece, è data prima, il termine che non sia ancora giunto a scadenza all’inizio del periodo è sospeso e riprende a decorrere soltanto dopo la fine del periodo».
Ciò significa che il rapporto di lavoro non può essere sciolto per la fine del mese di giugno, ma si protrae per la durata dell’incapacità lavorativa (massimo 90 giorni). Se per la cessazione di un rapporto di lavoro vale un giorno fisso, come la fine di un mese o di una settimana lavorativa, che non coincide con la scadenza del termine prorogato di disdetta, questo è protratto sino al giorno fisso immediatamente successivo.
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Lo scorso anno il mio datore di lavoro mi ha mandato più volte a casa a causa dello scarso volume di lavoro. Adesso mi ha ridotto lo stipendio perché il mio conteggio finale presentava delle ore lavorative in difetto. Il mio datore di lavoro è legittimato a detrarre dal salario le ore che io non ho potuto prestare a causa dello scarso volume di lavoro?
No, il datore di lavoro non può detrarre queste ore dallo stipendio. Tale divieto è contemplato nel Codice delle obbligazioni (Co), art. 324 “Salario in caso di impedimento al lavoro. Mora del datore di lavoro”: se il datore di lavoro impedisce per sua colpa la prestazione del lavoro o è altrimenti in mora nell’accettazione del lavoro, egli rimane tenuto al pagamento del salario, senza che il lavoratore debba prestare ulteriormente il suo lavoro.
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