Società

Trent'anni di lotta per la formazione

Ecap Ticino Unia compie il suo trentesimo anniversario. Consacrata alla formazione e alla riqualifica professionale degli adulti, ha seguito le trasformazioni del mercato del lavoro ticinese e ora guarda alle sfide future

“Il Cantone provvede affinché ognuno possa beneficiare di un’istruzione e di una formazione adeguata e possa perfezionarsi conformemente ai suoi desideri e alle sue attitudini”, così recita la Costituzione ticinese e a questo scopo lavora, da trent’anni, ECAP Ticino Unia. Nel 1994 infatti – dopo alcuni precedenti tentativi di far nascere anche in Ticino una succursale della Fondazione ECAP fondata già nel 1970 Oltralpe – anche nel nostro Cantone si consolida questa istituzione che allora come oggi permette alle persone di formarsi e riqualificarsi professionalmente.

 

Mercoledì 18 e giovedì 19 settembre, all’Ex Asilo Ciani di Lugano, numerose persone si sono ritrovate per celebrare il traguardo dei 30 anni di attività, tra cui anche chi prese parte alla nascita di Ecap. «Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta la Confederazione, in difficoltà per via della carenza di manodopera – problema che sussiste anche al giorno d’oggi – lanciò l’offensiva della formazione professionale, che tramite la formazione voleva recuperare persone da inserire nel mercato del lavoro, in particolare donne e stranieri, e approfondire le conoscenze in ambito informatico. Partecipando a un bando di concorso, abbiamo vinto con il Progetto frontalieri, malgrado l’avversione dei partiti di destra e degli impresari costruttori», ci dice Giacomo Viviani, tra i fondatori di Ecap Ticino Unia ed ex direttore di Ecap Svizzera. La fondazione, in Ticino, inizia a operare già nel 1992 proprio con il Progetto frontalieri, pensato per i muratori provenienti da oltreconfine e volto a rispondere a una crescente domanda di formazione, non senza però resistenze iniziali: «gli impresari non volevano che qualcun altro si occupasse della formazione nel loro settore – continua Viviani –, formazione che veniva offerta ogni anno o due e per sole 10 o 15 persone. Noi, nei primi tre anni, siamo invece partiti con 7-10 corsi che hanno visto formarsi fino a 150 persone. Oltre che rispondere a una richiesta dei lavoratori, quindi, abbiamo applicato quanto imponeva il diritto alla formazione, possibilità che prima dipendeva dalla scelta dei datori di lavoro e che era riservata ai lavoratori più bravi o piu fedeli. Per gli impresari, questa era una concorrenza inaccettabile, anche perché la formazione comportava uno scatto salariale, addirittura due per chi conseguiva un attestato federale». Senza contare, inoltre, il valore che aveva per i lavoratori il riconoscimento delle loro competenze e il riconoscimento sociale della formazione acquisita. Un lavoro collettivo, quindi, dal primo giorno inscindibilmente legato alla lotta sindacale: «L’obiettivo principale per noi, però, era dare dignità a persone che non avevano avuto un grande percorso scolastico. Se a questo, poi, seguiva anche l‘iscrizione al sindacato e una mobilitazione personale e sociale, meglio ancora. Era una rete che per i lavoratori comportava un’apertura culturale, formativa e di coscienza critica rispetto al mondo di cui erano cittadini».   

 

Attraverso i profondi cambiamenti del mondo del lavoro

La fondazione e l’offerta di corsi hanno saputo riorientarsi in base anche alle enormi mutazioni che hanno riguardato il Ticino, in particolare durante gli anni Novanta e la crisi del settore industriale. Furio Bednarz, presidente della fondazione Ecap dal 2004 al 2015 e già responsabile dell'Ufficio Studi della stessa, ricorda: «In quegli anni, a seguito del processo di riqualificazione e ristrutturazione industriale, molti dei settori tradizionali – come l’industria edilizia, meccanica e tessile – conobbero una crisi o una riconversione tecnologica. Questo costò molti posti di lavoro. Di fronte all’aumentare della disoccupazione, si affermò allora l'idea di riqualificare la manodopera e di favorirne il reinserimento professionale. Nacque da lì l’importante progetto Alp Transit: si cercò di mettere d’accordo tutti i partner sociali affinché i disoccupati venissero ricollocati in varie professioni; la costruzione di un tunnel, infatti, non è solo fatta da minatori, ma è un grande cantiere tecnologico dove servono manutentori, persone che lavorino nei servizi e nei cicli amministrativi». Un importante esempio di riqualificazione giunge anche a seguito della chiusura della Monteforno: «allora venne creata l’associazione Transfer Monteforno, che immaginava di ricollocare i lavoratori attraverso misure di sostegno e accompagnamento. Arriviamo così a fine anni Novanta, quando poi l'economia ticinese ripartì segnando la necessità di ricollocare persone nei servizi, dal sociosanitario – che inizia a crescere in quegli anni – fino all'informatica. Si apre quindi anche la possibilità dell'accompagnamento al lavoro, una delle altre grandi sfide raccolte da Ecap Ticino Unia».

 

La strategia di oggi, le sfide per il futuro

Con il nuovo millennio e la progressiva digitalizzazione, nel 2006 viene sancita anche la collaborazione con il sindacato Unia. La fondazione inizia poi a elaborare e mettere in pratica un approccio diverso e di più ampio respiro rispetto alla formazione, concentrandosi nel valorizzare le competenze già acquisite – anche quelle più informali –, come nel caso delle donne e del loro lavoro di cura della casa e della famiglia, utili per per un eventuale reimpiego. L’offerta di formazioni, ricorda ancora Furio Bednarz, ha cominciato a rivolgersi poi anche ai settori della vendita, della ristorazione e del turismo: «nell'ultimo periodo, poi, si è cominciato a lavorare anche nel settore delle cure a domicilio, con la formazione di collaboratrici e collaboratori familiari. Questo è un altro pezzo di storia, ed è anche stata una prima assoluta a livello svizzero. C'è sempre un parallelo tra la fondazione e i fabbisogni che emergono nel mondo del lavoro». I progetti, come spiega l’attuale direttore di Ecap Ticino Unia Nicola Martino, non riguardano però solo i lavoratori: «da noi arrivano anche migranti o persone senza lavoro. Abbiamo a che fare soprattutto con persone in cerca di impiego, ma abbiamo anche corsi d'italiano per chi è appena arrivato in Svizzera e corsi serali di lingua per chi ha già un permesso. Nell'ultimo anno siamo diventati il primo ente a fornire corsi d'italiano proprio ai migranti, corsi che consentono loro di accedere a questioni di cittadinanza come la richiesta di moduli, informazioni sulle scuole che frequentano i loro figli, e ovviamente che li facilitano nel trovare lavoro». Nella ferma volontà di continuare a formare, per aiutare le persone nel loro percorso lavorativo e sociale, il direttore di Ecap Ticino Unia non manca però di sollevare anche preoccupazioni per quel diritto alla formazione da cui questa storia lunga trent’anni è nata: «abbiamo bisogno di trovare un consenso da parte delle aziende affinché diventi possibile formare i lavoratori nell'ambito del loro tempo di lavoro, o affinché vengano elaborati altri modelli come ad esempio la concessione di crediti formativi. Non dobbiamo lasciare alle imprese questa iniziativa, perché ci possono essere lavoratori che vogliono formarsi e ai quali vengono precluse delle possibilità. L'opportunità deve essere aperta a tutti, anche perché il più delle volte si ha un ritorno in termini di valore e di progettualità. Quello che serve è una cultura aziendale della formazione: noi continueremo a lottare per questo».



LUTTI

Un pezzo di storia che se ne va

di Mattia Lento

 

A pochi giorni dalle celebrazioni del trentennale di ECAP Ticino Unia, la comunità italiana in Svizzera ha pianto la scomparsa di due figure di primo piano della storia dell’istituto di formazione per adulti. Guglielmo Grossi e Luigi Fucentese erano due personalità molto conosciute rispettivamente a Berna e Winterthur perché protagonisti di molte battaglie a favore dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici migranti. Guglielmo Grossi (1946-2024) è stato responsabile dell’Ecap di Zurigo dal 1976 al 1983 e Presidente delle Colonie Libere Italiane in Svizzera dal 1982 al 1993. La sua storia s’intreccia anche con quella sindacale perché Grossi è stato segretario sindacale per oltre quindici anni: prima nel Sindacato edilizia e industria (Sei) e, a partire dalla sua nascita, nel sindacato Unia, fino ad avvenuto pensionamento nel 2008. A Grossi, secondo molti compagni e compagne di battaglie, va riconosciuto il merito di aver posto, prima e più di altri protagonisti delle battaglie per i diritti dei migranti, l'integrazione e la partecipazione in Svizzera come impegni prioritari dell’iniziativa politica della comunità italiana. Luigi Fucentese (1941-2024), arrivato a Winterthur nel 1961 da Pompei, ha lavorato 45 anni presso l'azienda metalmeccanica Sulzer e si è impegnato per anni all’interno del sindacato come militante. Fucentese è stato tra i fondatori dell’Ecap in Svizzera, istituto che ha mosso i suoi primi passi nel 1970, e suo Vicepresidente durante i primi anni di attività. Alla sua morte, giunta inaspettata, era presidente del “Copi”, storico locale socialista ancora oggi punto di ritrovo molto vivo a pochi passi dalla stazione di Winterthur. Anche lui come Grossi è ricordato per l’enorme impegno a favore dei diritti dei migranti in Svizzera.  

 

 

Foto Ecap 

Pubblicato il

20.09.2024 20:12
Federica Bassi
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