Dopo oltre un anno di infruttuosi tentativi di dialogo con il consiglio di amministrazione della Gestione Stalvedro Sa, il sindacato Unia Ticino e Moesa denuncia pubblicamente il comportamento sprezzante e irrispettoso nei confronti degli ex dipendenti dell’area di servizio autostradale di Stalvedro, abbandonati al loro destino con la chiusura definitiva del 31 marzo scorso. Esattamente un anno fa, il 31 gennaio 2019, avrebbe dovuto chiudere l’area di servizio di Stalvedro, ad Airolo, termine che la ditta, per esigenze proprie, è riuscita a far slittare fino al 31 marzo. Dopo i lavori di smantellamento e ricostruzione, l’area è transitata dalle mani di Gestione Stalvedro Sa a quelle di Ecsa Energy Sa, un passaggio non privo di conseguenze per la quarantina di persone che vi lavoravano, tutte residenti nella regione, e che solo in parte sono o saranno riassunte dalla nuova gestione. Una vicenda che lascia l’amaro in bocca, perché si poteva fare meglio, evitando ulteriori grattacapi alle dipendenti e ai dipendenti, molti dei quali hanno dedicato l’intera vita professionale a questa azienda, vedendosi poi sbattere la porta in faccia una volta che non c’è più stato bisogno di loro. La vicenda La concessione cantonale del terreno sul quale sorge l’area di servizio di Airolo è scaduta al terminare dei 30 anni previsti e l’area era da riconsegnare come ricevuta, perciò tutto andava smantellato, aveva spiegato a novembre 2018 l’ex gerente di Stalvedro Sa, Bruno Lombardi. La struttura, costruita a suo tempo dall’architetto Tita Carloni, andava quindi rasa al suolo. Una nuova costruzione è nel frattempo sorta a firma di Mario Botta e la sua gestione è andata alla Ecsa Energy Sa, che ha vinto il concorso per la nuova concessione. La chiusura inizialmente era prevista per il 31 gennaio 2019, data che avrebbe dovuto coincidere con i licenziamenti di tutti i 36 dipendenti che lavoravano all’area di servizio di Stalvedro, almeno così aveva dichiarato Lombardi a inizio novembre, quando ancora si dichiarava disponibile a trovare un accordo con i sindacati per attenuare gli effetti della perdita del lavoro. Il tentativo di dialogo Per legge la Stalvedro Sa non era tenuta a mettere in atto un piano sociale perché non c’erano i numeri, ma si era detta disponibile a intavolare una discussione in tal senso, esortando i sindacati Unia e Ocst ad inviare una bozza di piano sociale da discutere, come spiega Igor Cima, segretario della sezione Sopraceneri di Unia. Disponibilità al dialogo che è improvvisamente svanita dopo l’invio della bozza di un piano sociale «che di fatto non abbiamo mai nemmeno avuto l’opportunità di discutere, perché dopo due mesi ci hanno risposto, per tramite del loro legale, che non accettavano la proposta», racconta Cima con rammarico. Unia ha quindi tentato a più riprese di riprendere le trattative, ma senza esito: alle lettere del sindacato che chiedevano almeno un incontro per dare spiegazioni, la direzione ha sempre fatto rispondere dall’avvocato, tentando addirittura di far passare come piano sociale il fatto che i dipendenti abbiano lavorato sino a fine marzo, alcuni nell’area di servizio e altri nel ristorante della stazione sciistica di Airolo-Pesciüm. Uno spostamento di personale, quest’ultimo, che era diventato prassi da diversi anni durante l’inverno e che, soprattutto viste le nevicate tardive del 2018/2019 avevano in questo caso permesso di chiudere in tranquillità la stagione sciistica. «In pratica vorrebbero far passare quella che è stata fondamentalmente un’esigenza della ditta di avere manodopera operativa sino a fine marzo 2019 come un piano sociale a favore dei dipendenti, ma gli stipendi che le lavoratrici e i lavoratori hanno ricevuto per quei tre mesi in più erano semplicemente dovuti visto che hanno lavorato, nessuno ha fatto loro un regalo», prosegue il sindacalista. Quanto concesso da Stalvedro Sa è semplicemente quello che prevede il Ccl del settore, nulla di più, mentre i sindacati avevano chiesto degli indennizzi che tenessero conto anche degli anni di servizio, dell’esperienza e dell’età. Nel luglio del 2019, in un ultimo disperato tentativo, gli ex dipendenti riuniti in assemblea avevano sottoscritto una lettera alla direzione chiedendo la riattivazione della discussione riguardante il piano sociale, ma nemmeno in questo caso la Stalvedro Sa ha mostrato la benché minima disponibilità, rispondendo che considera oramai chiusa la questione e ritiene di non dovere più nulla al personale in questione. La denuncia di Unia «Quello che disturba è soprattutto il fatto che, dopo una disponibilità iniziale, si siano rimangiati la parola senza dare spiegazioni e senza darci la possibilità di discutere la nostra proposta, che avremmo anche potuto rivedere e modificare se del caso. Magari l’esito sarebbe stato lo stesso, ma almeno avremmo avuto la possibilità di parlarne e far sentire le ragioni dei lavoratori che, ricordo, in alcuni casi hanno lavorato lì per tantissimi anni, ma che nonostante questo si son visti sbattere la porta in faccia». Un atteggiamento di chiusura che ha lasciato sgomenti non solo i sindacalisti, ma anche i lavoratori e le lavoratrici, tutti residenti in Leventina e che, dopo l’ottima e decennale collaborazione, non si sarebbero mai aspettati una tale indisponibilità da parte del signor Lombardi. Da qui la decisione di Unia Ticino e Moesa di denunciare pubblicamente questo comportamento nei confronti dei 36 licenziati. |