Il binomio “Capitalismo-Democrazia” è considerato da molti il miglior modello per garantire performance economica, libertà e sicurezza al cittadino. Affamato di profitto e sempre alla ricerca di produttività, il capitalismo crea e distrugge continuamente. Adotta le innovazioni che facilitano il raggiungimento dell’obiettivo. Ultimo esempio è Web 4.0 – quarta rivoluzione industriale – che associa automazione, robotizzazione a sistemi d’intelligenza artificiale. Essa consente forme radicalmente diverse di organizzazione del lavoro per concepire, sviluppare, produrre merci e servizi. Web 4.0 offre nuove opportunità di lavoro; ma, esigendo altre competenze, genera anche sconvolgimenti, esuberi, nonché forme di lavoro “autonome”, su chiamata alla “Uber”. La cosiddetta Gig economy (economia dei lavoretti) che «messi tutti assieme – scrive Riccardo Staglianò – superano di gran lunga la fatica e lo stress del lavoro full time, restando ben lontani dalla retribuzione». Socialmente è una bomba ad orologeria.


Oltre a nuovi modi di concepire e realizzare prodotti e servizi, le tecnologie attuali consentono di accedere e sfruttare la miniera dei “big data”. Una miniera inesauribile che cresce alimentata costantemente dalle “tracce” (informazioni) lasciate da un numero crescente di utenti. Ovvero: utilizzo di una app, acquisto su un sito online, ma anche nei negozi fisici, foto, video, messaggi vocali, tweet, spostamenti, commenti, “I like” – che riguardano i loro comportamenti; ma anche di tutto ciò collegato alla rete. I sempre più potenti sistemi di analisi sorretti dall’intelligenza artificiale (Big Data Analytics) stilano in tempo reale mappe e identikit specifici su comportamenti, abitudini, preferenze, desideri di singole persone o gruppi, declinati secondo età, sesso, paese. I grandi distributori commerciali quali Migros e Coop conoscono a menadito le preferenze di ciascun detentore di una carta fedeltà. Se volessero – non è una questione tecnica – potrebbero applicare prezzi specifici per ogni cliente.


Dal conoscere pratiche e comportamenti alla tentazione di influenzarli il passo è breve. Lo scandalo Cambridge Analytica, implicata nella campagna a favore di Trump, e che aveva utilizzato dati riguardanti 85 milioni di utenti Usa fornitigli da Facebook ha scoperchiato il pentolone. All’ammirazione sfrenata è subentrata la diffidenza. Shoshana Zuboff, prof. emerito ad Harvard, è più esplicita: i “Big Other” come li chiama – «sono progettati per catturare e controllare a loro insaputa il comportamento umano». Mediante un’azione comunicativa personalizzata le aziende possono assicurarsi un vantaggio competitivo sui nuovi mercati. L’autrice definisce tale pratica «capitalismo della sorveglianza» (che è anche il titolo del suo recente saggio) perché «gli imprenditori appropriandosi dei dati personali, mettono in pericolo la democrazia manipolando il nostro libero arbitrio».


Paradossalmente mentre “opinion maker” e stampa denunciavano (giustamente) l’occhio orwelliano degli stati autoritari (Cina, Russia in primis), sono rimasti ciechi riguardo al diffondersi delle pratiche di sorveglianza del capitalismo negli stati democratici, “cadendo – è il caso di dirlo – dal fico”.


Senza accorgerci siamo entrati quindi in un’altra dimensione in cui pochi attori economici sono in grado di influenzare scelte e comportamenti, invadendo campi extra economici. Un capitalismo che pone gli individui tra l’incudine erodendo e precarizzando il lavoro, e il martello della sorveglianza. «Sarà necessario combatterlo – scrive Shoshana Zuboff – trovare nuovi mezzi di azione collettiva, come seppero farlo i lavoratori nel 19esimo secolo contro il capitalismo industriale». Un modo anche per salvaguardare la democrazia.

Pubblicato il 

21.05.19
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