“Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l’iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un boss e dei sotto-boss”. Oggi che per trovare un comunista bisogna avviare una impegnativa ricerca, restano solo “gli altri”, gli altri partiti di cui parlava il Berlinguer della questione morale nell’intervista famosa rilasciata a Eugenio Scalfari il 28 luglio del 1981, tre anni prima che un ictus se lo portasse via durante un comizio a Padova. Un’intervista che metteva al centro, appunto, la questione morale. A leggere le cronache prima da Bari e poi da Palermo, passando per Torino per poi tornare al Sud, ad Avellino, sugli scandali politici, sul mercato dei voti a 50 euro l’uno in cambio di favori, sulla corruzione, la turbativa d’asta e financo sugli affari mafia-politica, sui boss e le camarille che controllano amministratori, consiglieri, dirigenti politici, un vicepresidente di regione (Sicilia) e un sindaco (Avellino) si ha la certezza che quelle parole del forse più amato segretario del Pci raccontano oggi storie di leghisti, forzisti, neofascisti, transfughi renziani e calendiani, ma raccontano anche il Partito democratico. Quel partito che la segretaria Elly Schlein eletta da non iscritti contro la volontà degli iscritti giura di voler cambiare, anzi di rovesciare come un calzino, è segnato dalle lotte tra correnti guidate da cacicchi, sultani di provincia, trafficanti di voti andati in auge da quando i voti non li si vanno più a cercare nelle strade, nelle piazze, nelle fabbriche, nelle scuole. E da quando a votare non va più la metà degli italiani e delle italiane e il partito che raccoglie il 15-20% dei consensi può permettersi di comandare tutto, dal paese alla città, dalla regione al governo. E te lo do io il bene comune caro a Berlinguer. Se in Puglia a tirare le fila degli scandali sono personaggi transitati per interesse dalla destra al Pd, in Sicilia i padroni delle urne cioè delle preferenze hanno seguito lo stesso percorso ma contromano, nel verso opposto: dal Pd, a Renzi fino alla Lega. Franza o Spagna purché se magna. Agitare scompostamente la questione morale per accusare di qualunquismo chi dice “tanto sono tutti uguali” è un’operazione meschina di chi non potrebbe più dire “noi abbiamo le mani pulite” eppure, piccato, risponde a chi critica il Pd per i suoi guai: “Non accettiamo lezioni morali da nessuno”. L’abbiamo già scritto ma val la pena ripeterlo: è probabile che le dure critiche di Giuseppe Conte al Pd proprio sulla questione morale che stanno facendo saltare il campo largo contro le destre abbia anche come fine il tentativo di raccogliere un po’ dei voti puliti del Pd per prenderne uno più di Schlein alle elezioni europee, ma resta la sostanza della critica, incontestabile perché basata su fatti, denunce, arresti, giravolte politiche (a proposito di giravolte politiche, nella scorsa legislatura il Movimento 5 Stelle ha rifornito le retrovie di tutti i partiti in Parlamento). Per costruire un’alternativa alle destre servono programmi e visioni alternative della società, della politica, del futuro. Serve anche un po’ di dignità morale. “Settimo ruba un po’ meno” è il titolo di una commedia in due atti del 1964 di Dario Fo. Concetto già anticipato da Trilussa: “Un lupo disse a Giove: Quarche pecora dice ch’io rubbo troppo… Ce vò un freno per impedi’ che inventino ‘ste chiacchiere… E Giove je rispose: Rubba meno”. E cinquant’anni fa si cantava “Dio è morto” con Guccini e i Nomadi contro “una politica che è solo far carriera”. Un partito mai nato Diciassette anni dopo la sua fondazione, il Pd non è mai diventato un partito perché le sue diverse culture politiche non sono mai giunte a sintesi, non hanno mai costruito un pensiero comune. È di questi giorni un episodio illuminante che conferma questa constatazione. In occasione dei 40 anni trascorsi dalla morte di Enrico Berlinguer, Elly Schlein ha voluto ricordarlo mettendo il suo sguardo nella tessera del 2024. Apriti cielo: la componente ex democristiana – una parte non secondaria dei dirigenti provenienti dalla Margherita e prima ancora dalla Dc – è insorta contestando la scelta: “Il nostro pantheon è duplice”, protestano, noi veniamo dall’Ulivo che era composto da ex Pci e da ex Dc. A quando la foto di De Gasperi su una delle prossime tessere del Pd, sempre che ci sia ancora e che Schlein abbia vinto la sua battaglia? |