Ogni giorno la stessa processione, un corollario di Tir e auto in attesa impaziente di varcare il confine. Come costretto in un imbuto intasato, quel traffico sosta a volte per ore lasciando ai chiassesi i suoi sbuffi inquinanti. È il 1989 e le mamme di Chiasso sono preoccupate: i loro figli sono sempre più esposti agli effetti dell’inquinamento dell’aria, molti soffrono d’asma o comunque hanno problemi alle vie respiratorie. Sono stufe di ritrovarsi a parlarne tra di loro, a scambiarsi impotenti bollettini medici. Vogliono far sentire la loro voce e decidono che è arrivato il momento di organizzarsi e fare qualcosa di concreto. Nasce così a Chiasso “Sos ambiente”, un movimento che, negli anni, si è esteso a tutta la regione diventando poi Sos Mendrisiotto ambiente. «Eravamo un gruppo di mamme – ricorda Patrizia Bertanza di Sos ambiente –, circa una ventina, tutte con bambini piccoli e seriamente preoccupate che il peggioramento delle condizioni ambientali stesse minando la salute dei nostri figli. Abbiamo cominciato a muoverci chiedendo alle autorità cantonali di avere accesso ai dati riguardanti gli effetti dell’inquinamento della nostra città sulla salute dei cittadini. E, anche se non subito, li abbiamo ottenuti. Li abbiamo quindi appesi alle vetrine dei negozi aggiornandoli periodicamente e constatando che persone li leggevano con interesse». Ma per Sos ambiente portare avanti i propri obiettivi spesso ha significato trovarsi barriere di reticenze e resistenze. «Inizialmente – ricorda Bertanza – c’è stato da parte delle autorità un atteggiamento ostruzionista, si cercava di sottacere il problema. Dalla nostra però abbiamo avuto l’appoggio dei chiassesi che partecipavano numerosi alle nostre assemblee in piazza. Una sensibilità che, per fortuna, ha finito col coinvolgere anche lo stesso Municipio cittadino.» Ostinate le mamme di Sos ambiente hanno portato avanti le loro battaglie, passando dall’azione d’informazione a delle richieste ben precise. Una di queste i ripari fonici per via Como (ex via Galli), oggi diventati una realtà. Resta da risolvere quello del controllo dell’inquinamento atmosferico che non può essere circoscritto solo alla città di Chiasso. «Purtroppo però – nota Bertanza – la sensibilità ambientale dei mendrisiensi è diminuita. Sono subentrate preoccupazioni più contingenti come quella per il posto di lavoro, ad esempio, che ha fatto sì che le battaglie e le energie si spostassero su altri fronti. Molti, inoltre, vedendo che, per quanto si alzi la voce, non si riesce più ad ottenere molto, si sono demotivati». Ma come si vive oggi a Chiasso? «Il problema dell’inquinamento atmosferico – dice – si è fatto insostenìbile, pensiamo alle scuole, all’asilo, alla casa per anziani e la piscina, tutte strutture pubbliche situate in una zona a rischio, vicino alle arterie dove si concentra il traffico doganale. Purtroppo la situazione sta sfuggendo di mano: il problema del traffico trascende i confini nazionali». Cosa resta da fare allora? «Informare – conclude Bertanza – fare prendere coscienza alla popolazione che la situazione è davvero grave. Solo di recente è diventato fatto acquisito che l’inquinamento è un problema di salute pubblica. Noi riteniamo che la popolazione del Sottoceneri sia sottoposta ad un tasso di polveri fini nettamente superiore al resto della popolazione svizzera. Addirittura il doppio. Così come riteniamo che automaticamente anche i costi per la salute per noi siano raddoppiati rispetto a quelli del resto del paese. Basterebbe trovare il modo di abbassare le concentrazioni di polveri fini per far diminuire il numero di morti premature, i casi di bronchite e di asma. Come? Abbassando, per esempio, il limite di velocità vicino alla dogana e facendo spegnere i motori ai Tir incolonnati lì per ore. Non bisogna essere delle cime per arrivare a queste soluzioni, basterebbe un po’ di buon senso». Basterebbe, conclude Patrizia Bertanza, «se solo ci fosse la volontà politica per farle queste cose».

Pubblicato il 

17.12.04

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