C'è qualcosa di strano e al contempo di "naturale" nel conflitto dell'edilizia ticinese. La vertenza vede opposte la Società svizzera impresari costruttori e i sindacati; le trattative per l'aumento salariale 2007 sono fallite per il tentativo da parte padronale d'inserire il principio del merito.
Di strano ci sono i tempi. Il settore gode di ottima congiuntura come non gli succedeva da molti anni. L'edilizia tira, dicono gli analisti. Perché allora da parte padronale sacrificare la pace del lavoro, dunque di una migliore produttività, per una questione di principio?  Il problema dell'aumento non è una questione di soldi. L'importo, con la variabile del merito o meno, è quasi lo stesso. Negli anni '60, in piena espansione economica, il padronato edile concedeva aumenti anche sostanziosi, senza troppi patimenti. Ora no. La maggioranza dei delegati nazionali della classe impresaria svizzera, alla quale si è adeguata la dirigenza ticinese, ha voluto imporre una decisione ideologica. A tutti i costi, anche in contrasto con i propri interessi economici. Una minoranza consistente degli impresari, invece, avrebbe preferito salvaguardare la pace del lavoro riversando ai lavoratori una parte degli utili con un aumento classico, senza particolari condizioni. E lo ha fatto, come lo dimostrano l'accordo vallesano, i cantieri Alptransit e di recente il più grande gruppo edile svizzero, Implenia, che hanno concesso a tutti i 100 franchi d'aumento. In Ticino no.
Ma quali interessi persegue questa maggioranza ideologica degli impresari? Il "diritto sacrosanto" a cui fa riferimento il direttore della Ssic Ticino Edo Bobbià è il diritto di decidere da parte padronale l'operaio meritevole di ricevere un aumento decente. E in questo sta l'aspetto "naturale" della vertenza. Nel conflitto capitale-lavoro vi è una costante battaglia per appropriarsi di spazi di diritti, gli uni a discapito degli altri. Lo strumento del merito non è altro che un ulteriore mezzo di pressione sugli operai per migliorarne la resa lavorativa. Le ore flessibili nell'edilizia, il progressivo ricorso agli interinali, la pressione sui ritmi imposta nei cantieri con la figura dei cottimisti, sono tutti strumenti per imporre dei rapporti di forza più favorevoli ai datori di lavoro. L'ostinazione dell'introduzione del merito nell'aumento s'inserisce in questo processo. Ci si vuole arrogare il diritto di imporre gli interessi di una sola parte, quella padronale, a scapito di quelli degli operai.
Gli edili ticinesi dunque non lottano solo per il legittimo diritto ad avere un aumento che permetta loro di arrivare a fine mese con un po' più di serenità. Non si tratta neanche solo di evitare una disparità di trattamento e di salario tra colleghi che fanno un lavoro di squadra.
In gioco c'è anche la volontà padronale d'imporre i propri interessi ideologici senza cercare un'equa soluzione con chi produce la ricchezza con il lavoro.

Pubblicato il 

16.03.07

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