Nonostante l’andamento altalenante della borsa, si va diffondendo sempre più il sentimento che il peggio, a questo punto, potrebbe anche essere passato. Intendiamoci, non che ora si attenda con trepidazione l’avvento del toro, ma perlomeno ci si aspetta che l’orso, simbolo del mercato al ribasso, se ne vada per un po’ in letargo. E se di letargo non dovesse trattarsi, che si faccia almeno un bel sonnellino tranquillo. In questo atteggiamento troviamo parecchie sfumature. Si va dal moderato attendismo di coloro che aspettano che il treno sia evidentemente ripartito per salirci, alla smodata ricerca di opportunità d’investimento fra le migliaia di vittime del tracollo dei mercati, a costo di salire su un treno che ripartirà chissà quando. Fra questi estremi troviamo tutta una serie di comportamenti, dettati da osservazioni e deduzioni a volte contrastanti fra di loro, ma tutte plausibili e, in un certo modo, addirittura logiche. Denominatore comune di tutte queste motivazioni, come già detto, la sensazione che ci aspetti una certa qual ripresa, la cui portata non siamo però in grado di prevedere. Ma questo ottimismo, che va dal moderato allo smodato, ha ragione di essere? Abbiamo veramente il diritto di credere che, poiché le cose sono andate male nel recente passato, da ora in poi esse non potranno andare che bene? Beh, per averlo, il diritto di pensare queste cose l’abbiamo, ma se si tratta di un pensiero fondato su solide basi, questo è tutto un altro discorso. In passato i cicli di borsa si potevano spiegare con le tecniche dell’analisi finanziaria, mentre i recenti rovesci implicano, per essere capiti, l’utilizzo di strumenti diversi da quelli classici dell’economia e della finanza. È vero che tutto è cominciato con l’esplosione della cosiddetta bolla speculativa che si era creata attorno alla new economy, e fin qui la comprensione è garantita, ma nei giorni più vicini, ad affossare le borse sono stati fenomeni come le malversazioni, le malefatte dei manager, i clamorosi errori nelle previsioni economiche, i continui tagli di posti di lavoro e quant’altro ancora. Tutte cose che in qualche modo fanno oggi la loro comparsa sulla ribalta borsistica, e con le quali gli investitori non sono ancora abituati a fare i conti. Una cosa mi sembra quindi di poter affermare: gli investitori si sono fatti molto male anticipando le tendenze dell’economia reale al fine di massimizzare i profitti, e ad oggi non sembrano più molto inclini a continuare su questa strada. Pur con ottimismo, dunque, sembra di capire che la ripresa dei mercati ci sarà, solo quando dall’economia giungeranno inequivocabili segnali di aver riparato i seri guasti emersi negli ultimi tempi. Il meccanismo potrebbe allora ribaltarsi, con l’egemonia dell’economia sulla finanza. Il contrario ci ha portato a questo punto, forse vale la pena di provare.

Pubblicato il 

22.11.02

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