Ticinesi in Svizzera: agire, non lamentarsi

I ticinesi sono sommersi da notizie preoccupanti. L’italiano, nella Svizzera interna, è in regresso: quale lingua parlata dai discendenti degli stessi immigrati italiani, quale lingua insegnata nelle scuole e nelle università, quale lingua di lavoro nell’amministrazione federale e quale lingua materna di funzionari di spicco della Berna federale. Quest’evoluzione non dovrebbe impensierire unicamente la Svizzera italiana, ma tutta la Svizzera. Una lingua ufficiale, garantita dalla costituzione alla pari del tedesco e del francese, ma confinata praticamente al Ticino e alle valli meridionali dei Grigioni, perde lustro e fa traballare il plurilinguismo della Confederazione. Ottimo quindi il progetto di “Coscienza svizzera” di lanciare una riflessione sull’italiano in Svizzera e di tentare di far attecchire la discussione anche oltre Gottardo. Ma perché parlare, in questo contesto, tanto dell'annunciata soppressione della cattedra d’italiano all’Università di Neuchâtel? Sarebbe più utile per il Ticino impegnarsi tenacemente a garantire e sviluppare tre, quattro delle cattedre d’italiano ben attrezzate in Svizzera. Mi sembra però molto grave la rinuncia del Politecnico di Zurigo alla nomina di un successore del Professor Ottavio Besomi poiché trattasi dell’unica scuola federale a livello universitario, voluta ed inaugurata 150 anni fa dallo stesso Stefano Franscini, primo Consigliere federale ticinese. Manca da alcuni anni un Consigliere federale di lingua italiana; la costituzione dice che le componenti linguistiche del paese devono essere equamente rappresentate, la vacanza italiana non deve quindi durare a lungo. La Svizzera italiana perderà, fra poco, addirittura l’ultimo suo rappresentante ai vertici dell’amministrazione federale, il vicecancelliere Achille Casanova. Hanno ragione i ticinesi ad esserne allarmati, tuttavia sono corresponsabili, poiché troppo pochi si interessano ad una carriera a Palazzo federale. Berna, però, non fa gran che per invogliare gli italofoni a venire nelle capitale – anzi, ha la tracotanza di chiedere tassativamente solo il tedesco e il francese a chi dovrà sostituire Casanova. Sarebbe assurdo un portavoce del governo federale che non parli anche l’italiano. Altre nubi si intravedono all’orizzonte. Oltre alle richieste occasionali da parte di dirigenti della Drs ultimamente la Ssr regionale della Svizzera orientale ha chiesto un cambiamento della chiave di ripartizione per le entrate della Ssr. Ciò danneggerebbe la Svizzera italiana, fin qui approvvigionata generosamente, grazie alla solidarietà confederale, dalla grande cassa della Ssr. L’immagine del Ticino oltralpe ha sofferto negli ultimi anni per diverse vicende, e gli amici del Ticino si troverebbero, oggi, in difficoltà a difendere ad oltranza l’attuale chiave di ripartizione anche perché i politici ticinesi, soprattutto i liberali, si trastullano a fare i loro giochi di potere nella Corsi. Inoltre i vertici della Rtsi, legati ai partiti, sono quasi impermeabili alle critiche. I ticinesi si renderanno conto di quel mal andazzo solo quando i buoi saranno scappati?

Pubblicato il

18.02.2005 13:30
Beat Allenbach