Con dei salari come quelli che umiliano i lavoratori italiani e li sbattono in fondo alle graduatorie europee è difficile immaginare una ripresa dei consumi interni e, di conseguenza, dell’economia in generale.

 

Il concetto è così semplice che lo capiscono persino le destre che (s)governano il paese e i padroni preoccupati solo dei loro utili e dividendi che pure continuano a crescere. Però, per gli uni e per gli altri, guai a parlare di aumento degli stipendi, l’ha scritto anche Supermario Draghi nel report commissionato dall’Unione Europea.

 

E guai, soprattutto, a varare una legge sul salario minimo. Allora, come si fa a rimettere in moto la locomotiva ferma su un binario morto? La fantasia non manca, né al governo né in Confindustria. La parola magica è “sgravi fiscali” e riduzione delle tasse alle famiglie purché facciano figli. Ma i figli scarseggiano, senza soldi, senza servizi, senza asili, con la sanità pubblica ridotta al lumicino, con il lavoro precario e a corrente alternata. Non solo, i figli devono vivere in Italia insieme ai genitori, sennò di che famiglie stiamo parlando? Se un lavoratore straniero che produce ricchezza in Italia ha moglie e figli in Senegal o nel Bengala si vede negati pure gli assegni familiari.

 

Un’altra "genialità" viene da Confindustria in sintonia con la destra: per aumentare la produttività, stimolare l’aumento dell’orario di lavoro con la defiscalizzazione degli straordinari, così aumenta lo stipendio. In un paese dove intere generazioni vivono nella più assoluta precarietà – oggi hai uno stipendio domani chissà e te la do io la pensione dopodomani – è immorale costringere chi ha la fortuna di avere un vero contratto a lavorare 50 ore a settimana per strappare un salario accettabile, salvo poi passare sei mesi in cassa integrazione con lo stipendio dimezzato.


Ed è ancora dai padroni che arriva la più geniale delle idee: Stellantis, la società automobilistica nata dall’acquisto dell’italiana Fiat (Fca) da parte dei francesi della Peugeot (Psa), ha a cuore il benessere dei suoi lavoratori, in particolare quelli di Mirafiori che costruiscono le vetture della prestigiosa Maserati e offre loro la possibilità di acquistare per sé, parenti e amici una Gran Cabrio, o una Grecale o una Gran Turismo, un po’ meno degli 80, 100 o 120mila euro di listino. Solo i modelli base, però, non quelli superaccessoriati, personalizzati e fuoriserie. Che generosità, che aiuto al potere d’acquisto operaio.

 

E pensare che le tute blu di Mirafiori, invece di ringraziare e correre dal concessionario per l’acquisto dell’auto che loro stessi costruiscono, l’hanno presa male, non tanto perché vorrebbero una Gran Turismo superaccessoriata con i cerchioni d’oro quanto piuttosto per la banale considerazione che il loro stipendio è di soli di 1.600-1.800 euro, anzi, siccome sono in cassa integrazione non guadagnano più di 1.000-1.100 euro al mese e per mettere insieme la cifra necessaria servirebbero un centinaio di mensilità.

 

Il vertice di Stellantis si è infuriato, sia per il gran rifiuto sia perché l’offerta è stata data in pasto alla stampa e dunque al pubblico a tutto detrimento dell’onorabilità del complesso automobilistico.

Stellantis sta azzerando la produzione italiana, trasferisce nuovi e vecchi modelli in Polonia e in Marocco, non mantiene la promessa di realizzare la gigafactory per la produzione di batterie nello stabilimento molisano di Termoli, svende stabilimenti come quello di Grugliasco e settori strategici come la robotica Comau.

 

La produzione crolla in tutti gli stabilimenti, cresce solo la cassa integrazione e continua la riduzione di manodopera con il blocco del turnover e le dimissioni incentivate. Se le grandi aziende come Stellantis possono avvalersi degli ammortizzatori sociali, le piccole e medie aziende dell’indotto automobilistico – colpite anche dalla crisi della locomotiva tedesca – non fanno altro che licenziare.

 

L’auto è in crisi in tutt’Europa, ma in Francia o in Germania lo stato si fa carico di ridurne le conseguenze sociali mentre il governo italiano latita, non fa nulla per imporre regole e vincoli alle multinazionali straniere. Alla faccia del sovranismo. Per fortuna ci sono le trovate geniali dei padroni, come lo sconto ai dipendenti su vetture che non potranno mai permettersi di acquistare.

Pubblicato il 

13.09.24
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