2'900 franchi. A tanto ammonta lo stipendio netto mensile di Emanuela*, per un lavoro di 42,5 ore settimanali con turni nei fine settimana e nei festivi. Emanuela fa la commessa in uno dei tanti shop annessi alle stazioni di servizio ticinesi. Potete ascoltare le loro testimonianze nell'audio allegato. Oppure, iniziare a leggere la storia di Emanuela, proseguendo la lettura Alla paga va dedotta la cassa malattia. «Lo scorso anno pagavo cinquecento franchi. La franchigia la devo forzatamente tenere bassa, soffrendo spesso di mal di schiena e di altre patologie legate al mestiere, dovute in buona parte allo stare in piedi tutto il giorno e alle merci che devo sollevare». Da quest’anno le è stato riconosciuto il diritto al sussidio cantonale per i premi Lamal. Da gennaio spende 350 franchi per l’assicurazione malattia. L’affitto è relativamente basso rispetto al mercato immobiliare cantonale, ottocento franchi per un due locali e mezzo. «Me la tengo ben stretta la casa» dice sorridendo. Sul fronte risparmi, avendo dei buchi previdenziali, ha stipulato una polizza per il terzo pilastro, la cui rata ammonta a cento franchi mensili. Dedotte queste spese fisse, le restano 1.650 franchi al mese con cui pagare il leasing dell’auto, le bollette dell’energia, la benzina, le assicurazioni, le tasse ecc. Senza dimenticare che deve pur mangiare. Mese per mese, vive dunque sul filo del rasoio contabile. Se arrivano gli imprevisti, sono dolori. «I dottori, i dentisti, il garagista… Sono costretta a pagarli a rate». Il reddito si decurta dunque automaticamente. Racconta Emanuela che, proprio a seguito di uno di questi imprevisti, in un’occasione l’è capitato che l’ultima settimana del mese non avesse soldi per il cibo. «Meno male che avevo delle scorte in casa…» dice sorridendo amaramente. Vivere in Svizzera con meno di tremila franchi, sembrerebbe impossibile. Sono tante le cose di cui bisogna privarsi nell’agiata Svizzera. Le vacanze, ad esempio. «Un sogno. Sono sette anni che non faccio una settimana di vacanza, intesa non come tempo libero, ma andare da qualche parte che non sia tra le mura di casa o da amici». Poi ci sono i sacrifici quotidiani. «Per carità, uno si adatta e vive, ma a qualcosa devi rinunciare. Saranno anni che non entro in una macelleria. Andare al ristorante con amici, succede una volta ogni due o tre mesi. Semplicemente non puoi permettertelo. I conti devono quadrare a fine mese». Da novembre, la condizione salariale di Emanuela è migliorata di duecento franchi. Non che le abbia cambiato la vita radicalmente, «ma un po’ di respiro me lo ha dato». Merito del CCL degli shop dei benzinai concordato a livello nazionale tra padronato e sindacato, finalmente entrato in vigore anche in Ticino dopo esser stato per anni osteggiato dai gestori ticinesi, la cui associazione è in mano a tre famiglie locali. A loro dire, l’importo salariale negoziato tra i gestori nazionali e il sindacato Unia non era praticabile in Ticino. Si parla di 3.650 franchi lordi (senza qualifica ma con tre anni di esperienza) fino a 4mila lordi con qualifica triennale. Troppi secondo il padronato ticinese. E quindi hanno fatto opposizione, rinviando l’entrata in vigore per diversi anni. Quel “respiro di duecento franchi” è servito a compensare parzialmente la perdita di potere d’acquisto. Chiediamo a Emanuela a quanto stima il compenso corretto per vivere in Svizzera. «Nel mio mestiere, direi fra i 3.500 e i 3.800 puliti». Non chiede la luna Emanuela. Un salario dignitoso per un lavoro faticoso. Anche perché i gerenti delle stazioni di servizio, a differenza delle dipendenti, non stanno patendo la fame. Il carovita visto dalla fabbrica «Per dirla in gergo economico, se in una nazione ci sono cento poveri in più, c’è un ricco in più». Sintetizza così Alberto*, operaio di fabbrica, la diseguaglianza economica accresciuta dalla perdita di potere d’acquisto dei salariati in Svizzera. Le ristrettezze economiche Alberto le ha vissute sulla propria pelle, in particolare negli ultimi anni, da quando «dopo il Covid, tutto è aumentato, tranne la paga». Negli ultimi cinque anni, Alberto ha percepito uno stipendio lordo di 4.100 franchi, equivalente a circa 3.600 franchi netti. Separato, con una figlia a cui provvedere, quel mensile gli permetteva giusto giusto di arrivare a fine mese. Come? «Per farla breve, devi smettere di fumare o diminuire il numero di sigarette giornaliere, non vai al bar o al ristorante a mangiare una pizza, fai metà pieno dell’auto sperando di doverla usare il meno possibile, mentre per la spesa vai al tavolino magico e il resto del tempo lo passi nel tuo eremo. Vita sociale, pari a zero. L’ho fatto per diversi anni. Non è stato simpatico. Per carità, sono sopravvissuto. Ma non basta sopravvivere. La vita è altro». Le vacanze, intese trascorse in strutture a pagamento, sono rimaste un sogno nel cassetto da lungo tempo. «È dal 2014 che non ne faccio. Prima ero interinale, quindi ancor peggio per retribuzione. Guadagnavo circa 2.500 franchi netti. Figurarsi se riuscivo a risparmiare un paio di migliaia di franchi per andare in vacanza. Lo stesso però valeva da operaio generico a contratto fisso. Le ferie le ho trascorse tutte a casa (fortunatamente, vivo in una bella località) o dai parenti in Italia». La svolta, se così si può definire, arriva a gennaio. «Sono fortunato. Nella mia fabbrica vige un contratto collettivo di lavoro. Grazie all’esperienza maturata nei cinque anni di mestiere, da operatore generico ora sono stato classificato operaio specializzato. Da 3.600 puliti, ora ne prendo 4.500 puliti». I contratti collettivi di lavoro, spiegano all’Ufficio di statistica cantonale, coprono un terzo dei salariati in Svizzera (35,9%), poco meno della metà in Ticino (48,8). Non sempre prevedono scatti salariali. Per questo Alberto si dice fortunato. Malgrado il sostanzioso scatto salariale imposto dal CCL, Alberto fa ugualmente fatica a tenere il passo con la crescita dei prezzi degli ultimi anni. «Solo il premio della cassa malattia è cresciuto di quasi duecento franchi. Senza dimenticare il costo della benzina, del cibo, di qualsiasi cosa. Portare l’auto a fare il servizio, oggi ti costa sui 300 franchi». Ad essere aumentato, osserva Alberto, è soprattutto quanto fatturano al cliente l’ora di lavoro dell’operaio. «Dubito seriamente che quell’aumento di costo pagato dal cliente sia andato all’operaio…» osserva Alberto. Di sicuro, dice la statistica, gli stipendi dell’insieme del paese da tre anni sono in perdita al netto dell’inflazione. Un tasso d’inflazione falsato in Svizzera, dato che non tiene conto di quel che aumenta maggiormente e con regolarità: il premio dell’assicurazione malattia. Se la statistica ufficiale ne tenesse conto, l’inflazione sarebbe ben più alta dell’1,2% attuale. In alcuni contratti collettivi di lavoro è contemplata l’automatica compensazione al rincaro. Ma sono pochi sull’insieme dei CCL. Tanto più che la maggioranza dei lavoratori in Svizzera non è tutelato da contratti collettivi. «Il carovita dovrebbe essere previsto per tutti. La vita aumenta per tutti e tutti hanno diritto a vedersi adeguare la paga» sentenzia Alberto. Se il costo della vita aumenta e lo stipendio no, risparmiare per far fronte alle spese impreviste è un’impresa. «Di salute non sono perfetto. Ho la franchigia altissima, ed è un errore. Se vado all’ospedale per un malore, come successo di recente, dove mi sottopongono a elettrocardiogramma, risonanza, analisi del sangue e mi trasportano al CardioCentro di Lugano, quanto mi costerà? Per potervi far fronte, devo poter disporre di almeno 3mila franchi per le spese impreviste. Attualmente è quasi impossibile. L’unico risparmio che riesco a fare è parte della tredicesima» racconta. La statistica federale indica che un quarto delle economie domestiche ticinesi non riuscirebbe a far fronte a spese impreviste di 2.500. Alberto è in buona compagnia, purtroppo. «In Ticino si potrebbe campare bene con 5mila franchi al mese puliti, potendo anche risparmiare qualcosa per imprevisti e pensione. Se sei da solo. Se hai una famiglia, saresti rovinato» conclude Alberto. *Nomi di fantasia |