Terrorismo fuori scala. Intervista a Roberto Menotti

Undici settembre 2001. Il cielo a stelle strisce oscurato e maleodorante di fumo e fiamme e l'America, nella sua variante statunitense, si scopre immersa in un incubo che ha i contorni, reali e sanguinanti, di una tragedia. «America under attack» titola in sovraimpressione la diretta della Cnn. È allarme rosso. Bruciano i simboli del potere economico, militare e politico. In fiamme a New York le torri del World Trade Center, a Washington il Pentagono. Bush, presidente in fuga da casa, affumicata più che bianca, assiste dalla fortezza volante «Air Force One», ad un avvenimento mai verificatosi: «America under attack». Nel susseguirsi delle notizie, di ora in ora inevitabilmente sempre più raccapriccianti, Area ha raggiunto martedì pomeriggio nella redazione di «Limes» il politologo italiano Roberto Menotti, esperto delle relazioni estere degli Usa, per cercare di capire qualcosa del delirio e del panico che è piombato nel cuore agghiacciato degli Stati Uniti. Signor Menotti, questo attentato trascende di gran lunga le azioni terroristiche precedenti. V'è qualcosa di sproporzionato, un netto inasprimento di quello che si potrebbe definire un conflitto antiamericano. Premetto che qualsiasi reazione a questo punto si fonda su sensazioni. Tuttavia appare evidente che il modo plateale con cui è stato portato l'attacco risulta sproporzionato rispetto agli eventi terroristici cui ci eravamo abituati. Di norma il terrorismo colpisce obiettivi simbolici, emblemi del potere. Una logica che qui è stata rispettata in pieno. Ciò nonostante v'è anche qualcosa di più alto, di fuori scala in una simile operazione. Qualcosa che ricorda una guerra. Quale dunque l'evoluzione di una situazione dai toni bellici? Se il collegamento, come sembra, è quello mediorientale, diventa difficile immaginare un allargamento dello scenario di guerra, perché in fondo i regimi arabi si erano mantenuti su posizioni caute nella diatriba israelo-palestinese. Ora, molto dipenderà dalla rivendicazione degli attentati. Il mio timore è che se la rivendicazione verrà promulgata da un gruppo terroristico noto all'«intelligence» americana e in contatto con la galassia Arafat più autorità palestinesi, allora il rischio di un intervento diretto e armato nei territori caldi non è da escludere.Se invece, si tratta di un gruppo più isolato, i rischi scemano. Eppure, al di là della rivendicazione, sembra improbabile che un piccolo gruppo di fondamentalisti abbia potuto portare un tale attacco. Non sembra piuttosto il frutto di un'organizzazione ben dotata sul piano finanziario e di intelligence? Questo è vero da un punto di vista puramente ragionativo. Tuttavia è vero anche il contrario. E cioè che è possibile ormai crearsi una rete di informazioni e di finanziamenti anche senza godere di grandi appoggi. Un grande peso, e mi ripeto, lo avranno le rivendicazioni che gli Stati Uniti decideranno di confermare. È possibile, oppure è da scartare a priori un collegamento con quanto sta avvenendo in Afghanistan. Il riferimento va alla presunta morte o ferimento che sia, del generale Massoud. E perché no, allo sceicco del terrore Osama Bin Laden protetto dai Talebani. Non lo so. Francamente credo che sia presto per dirlo. Del resto le informazioni in mio possesso sono poche. Gli Stati Uniti, ben si sa, sono patria e faro della nuova economia. Quali danni può arrecare al mondo delle finanze la presa di coscienza della vulnerabilità degli Usa? Non c'è dubbio che il simbolo numero uno dell'economia, il World Trade Center, ha subito un colpo mortale, che non mancherà di avere ripercussioni sulle borse e più in generale sul mondo finanziario. In tali frangenti a pagare un alto prezzo sono le sfere della speculazione finanziaria. C'è un altro aspetto di cui bisogna tenere conto. Il momento delicato dell'economia mondiale, in cui non si riesce a capire se si stia entrando in una fase di stallo, o se ci si trovi agli esordi di una florida impennata. Nell'uno o nell'altro caso un colpo del genere potrebbe invertire la tendenza in atto. Comunque sia i fondamentali dell'economia, a differenza di Nasdaq, Wall Street e delle borse per esempio, non dovrebbero venir intaccati. V'è poi l'aspetto del petrolio, che sempre, in simili condizioni, non tarda a far parlar di sé. Aspettiamoci notizie in questo senso. Insomma, non v'è dubbio che tali terribili attentati toccano innumerevoli aspetti del mondo Usa. Siamo di fronte ad una nuova stagione terroristica? Ci siamo già dentro. La risposta di fatto si palesa anche con l'alto numero di morti che gli attentati in simultanea hanno provocato. Un morto, e questo è ovvio, differisce parecchio da migliaia di essi. Gli americani ne staranno prendendo atto. Già gli americani. Cosa cambia nel loro approccio con il terrorismo? In primo luogo la consapevolezza che il nemico ha la facoltà di colpire anche in casa loro. Questa è una relativa novità che non potranno ignorare. L'attentato di Oklahoma era di origine incerta. Anzi probabilmente interna, forse con degli influssi esterni. Mentre qui il caso è totalmente diverso, ha una marcia in più rispetto quello che gli americani avevano conosciuto fino ad oggi. Inoltre l'ultima legislazione, quella diretta da Bush, puntava con vigore alla sicurezza interna. Nell'ultimo anno il governo ha cercato di proiettare sempre più distante, sempre più lontano, e se pensiamo allo scudo spaziale sempre più in alto, il concetto di frontiera esterna. È chiaro che quando si subisce un attentato così si scopre d'improvviso che la frontiera è all'interno del paese. Che sorte spetta a questo punto al progetto dello scudo spaziale, tanto bramato dal presidente americano? Caduta in oblio o accorata riproposta? Sull'onda di una sorta di irrazionalismo, anche in parte giustificato, il congresso non si farà, probabilmente, dei problemi ad elargire fondi in questo senso. D'altronde di questi tempi negli Usa si discute e polemizza molto sulla finanziamento all'apparato bellico anche in termini di sicurezza interna. Ebbene gli attentati faranno pendere l'ago della bilancia in una direzione scontata.

Pubblicato il

14.09.2001 04:00
Damiano Realini
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