Tecnologie... e nuovi tormenti

La tecnologia serve a farci vivere meglio. È inconfutabile, l’invenzione della lavatrice e della lavastoviglie ci ha liberato un sacco di tempo. Vi immaginate cosa vuol dire una volta alla settimana imbracciare un cesto di biancheria e lavarselo a mano? Benvenute dunque queste vecchie e buone tecnologie. Su quelle più nuove invece ho qualche dubbio. Perché? Ma perché sono divoratrici di tempo, meglio ancora se tempo non lavorativo. Telefonini, pc portatili, palm, riescono a farti lavorare ogni momento e dappertutto. Trillo o melodia elettronica ti colgono a duemila metri, mentre ti stai riempiendo gli occhi di montagne e il naso di profumi di prato, un altro trillo ti rovina il film o il concerto. Al cinema, ormai, non si riesce più a vedere un film senza che qualche cellulare frantumi il pathos della scena più forte. E quelli che al ristorante trafficano con l’elettronica tascabile tra una portata e l’altra immancabilmente finiscono per doversi prendere per dessert una cucchiaiata di Alucol o simili. Altroché vivere meglio. Giorni fa, col cellulare scarico davanti a quattro cabine telefoniche che funzionavano tutte con carte diverse, ho rimpianto i telefoni di strada a monetine. Qui in Svizzera erano apparecchi dall’aria un po’ militare, grigio-verdi e indistruttibili, con la cornetta inzaccherata da sputi e briciole ma del tutto innocua se tenuta a distanza di sicurezza. Negli Stati Uniti bastava alzare il ricevitore e ti rispondeva una voce umana «Operator, can I help you?» Tu dicevi dove volevi telefonare e loro facevano tutto. Provate oggi a segnalare un guasto, è un’esperienza multiligue indimenticabile. Ormai siamo tutti armati di cellulare, tutti uncinati, tutti meno liberi. E poi per cosa? Cosa c’è di così improrogabile da farti andare in bagno col telefonino appresso? «Ciao, come stai ?» si diceva. «Dove sei» si dice ora. Un’impressionante nenia di elenchi di luoghi si accende appena un aereo atterra o un treno si avvicina alla stazione. «Sono sull’aereo», «stiamo facendo la coda al controllo passaporti», «sto salendo in taxi», sto rompendomi il naso sulla scaletta perché invece di guardare dove metto i piedi sto a questo dannato telefonoooooo.

Pubblicato il

07.06.2002 14:00
Cristina Foglia