Si chiama Susanna Camusso la nuova segretaria generale della Cgil. Da oltre un anno Guglielmo Epifani si era costruito la successione scegliendo una donna, ed è la prima volta nella storia ultrasecolare del maggior sindacato italiano. Camusso è stata militante del Partito socialista, ed è la seconda volta in Cgil, dopo Epifani. E' una persona pragmatica, «riformista», ha una storia di rapporti cattivi con la Fiom di cui è stata dirigente. Uscita dalla Fiom ha ripreso il suo percorso in Lombardia come segretaria regionale, per poi approdare alla segreteria nazionale della confederazione. Susanna Camusso arriva al vertice della Cgil in un momento caldo e dovrà sciogliere molti nodi ereditati da Epifani, con cui condivide una priorità: la ricostruzione di un rapporto unitario con Cisl e Uil e la riapertura di tutti i tavoli di concertazione con la Confindustria guidata da un'altra donna: Emma Marcegaglia. Mica facile, dopo anni di accordi separati siglati dai due sindacati «complici» del governo Berlusconi - responsabile degli attacchi più pesanti alle regole, ai diritti e allo Statuto dei lavoratori - e dei padroni - egemonizzati dall'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne. La linea «realista» secondo cui la Cgil dovrebbe tornare ai tavoli di trattativa a qualunque costo per «ridurre il danno» fa però a pugni con la realtà. E soprattutto con la straordinaria manifestazione del 16 ottobre a Roma, la più imponente nella storia dei metalmeccanici, che ha chiesto alla Cgil di percorrere una strada opposta per difendersi dalla crisi e dalle ricette forcaiole del governo: la strada del conflitto che passa attraverso la promozione di uno sciopero generale. Persino Epifani era stato costretto, sotto le pressioni della piazza, ad assumere la parola d'ordine dello sciopero, pur con qualche distinguo. L'altro aspetto su cui Camusso è chiamata a scegliere è la democrazia: è inaccettabile che delle minoranze sindacali, la cui rappresentanza non è certificata, possano imporre a tutti accordi e contratti senza che ai diretti interessati, i lavoratori, sia consentito di esprimere un parere vincolante con un voto. La Fiom ha presentato al Parlamento una proposta di legge popolare su rappresentanza e democrazia, la Cgil prende tempo e cerca mediazioni con chi – Cisl e Uil – di democrazia sindacale non vuol sentir parlare. Intanto a dettar legge in Italia è Marchionne, il capo della Fiat che in piena crisi guadagna 435 volte più di un suo operaio, il capo che pretende diritti certi (a partire dal diritto di sciopero) in cambio di un futuro lavorativo peggio che incerto: la Fiat sta perdendo vendite e quote nei mercati, e non perché gli operai lavorino poco, bensì perché non ha investito una lira nella ricerca e nell'innovazione del prodotto. I suoi ricatti agli operai di Pomigliano – o votate per me o me ne vado dall'Italia – sono un'imbroglio: se se ne andrà in Usa, in Serbia, in Polonia sarà per i suoi errori di previsione che stanno portando l'auto italiana al collasso. E' difficile fare accordi con questa gente, e ricostruire l'unità con chi fa il portatore d'acqua del governo del Bunga-Bunga e dei padroni del vapore. Tanti auguri, segretaria Camusso. |