Tanta voglia di competizione

Nonostante il no popolare del 22 settembre 2002 alla Legge sul mercato dell’energia elettrica (Lmee), una recente sentenza del Tribunale federale (Tf) ha imposto l’accesso ad imprese terze alla rete di distribuzione elettrica della quale sono proprietarie le Aziende elettriche friburghesi (Eef). C’è chi, in particolare sul fronte sindacale, definisce questo atto «un grave attacco alla sovranità popolare» mentre per altri «il rifiuto della Lmee non significa che una liberalizzazione del mercato è inammissibile». La struttura del mercato elettrico svizzero è una realtà variegata che conta la cifra record di 1’100 imprese operanti nelle fasi di importazione, produzione, distribuzione e commercializzazione dell’energia. La fase di distribuzione, a causa della natura degli alti costi fissi necessari per la costruzione della rete, è ritenuta un monopolio naturale. Ciò significa che in questo punto della filiera non è possibile introdurre le regole di mercato: non avrebbe senso costruire una seconda rete di distribuzione della corrente elettrica che faccia concorrenza alla prima. Volendo fare un parallelismo si potrebbe pensare alla rete ferroviaria: sarebbe economicamente controproducente costruire nuovi binari per permettere a una società contendente di competere con le ferrovie di Stato. Se da un lato non è possibile introdurre la concorrenza dall’altro la Commissione della concorrenza (Comco), Tf e alcuni economisti ritengono che nelle fasi di produzione e commercializzazione non solo ciò è possibile ma anche auspicabile. Richiamando l’esempio delle ferrovie si potrebbe introdurre la concorrenza permettendo ad altre società di utilizzare la rete di proprietà delle Ffs per far circolare i propri vagoni e locomotive, come in effetti accade. Il Tf ha sancito il diritto di Migros di approvvigionarsi di energia elettrica prodotta dall’impresa Watt facendola transitare sulla rete delle Eef. L’idea degli economisti che sta alla base di questi tipi di ragionamento è sempre la medesima: è attraverso il perseguimento dei fini personali che si giunge al maggior benessere della società. Le risorse che abbiamo sono scarse e il mercato permetterebbe di allocarle nella maniera più efficiente. Comco si fa portavoce di questa filosofia e la seguente affermazione del suo presidente va esattamente in questa direzione: «l’economia svizzera paga un miliardo di troppo per rifornirsi di elettricità». Eppure l’elettricità è un bene particolare, non è un bene di “puro mercato” ma un bene che ha anche un carattere pubblico, un “bene meritorio”, e pertanto non completamente assoggettabile a logiche di competizione. Difatti la stessa legge sui cartelli (Lcart), sulla quale il Tf si è basato per la sua sentenza, riconosce che in caso di interessi pubblici preponderanti la presenza di un monopolio, sia nella produzione che nella commercializzazione, può essere giustificata. Il nocciolo della questione risiede proprio in questo fatto, nel porsi la domanda se e in quale misura il meccanismo di offerta dell’elettricità, bene meritevole di un trattamento particolare, possa essere mutato a vantaggio della collettività. La Lmee, rifiutata dal popolo, prevedeva una nuova regolamentazione del mercato in cui la concorrenza era introdotta fra i produttori e i commercianti di elettricità (concorrenza sia fra le imprese svizzere che con quelle estere). Comco e Tf ritengono che, nonostante la decisione popolare, sia lecito introdurre la concorrenza. Per tornare al nostro ragionamento l’elettricità dovrebbe restare un bene meritorio ma sarebbe la sua offerta ad essere messa nel gioco della concorrenza. Si tratterebbe non di mettere a concorrenza il bene ma di modificare il processo con cui viene offerto. Questioni di interpretazione: si potrebbe dissentire dicendo che la volontà del popolo era quella di non toccare il mercato elettrico in nessun modo. In particolare il referendum era stato lanciato proprio per opporsi ad una liberalizzazione che l’assenza di adeguate garanzie avrebbe reso selvaggia, e tutta la campagna precedente il voto era centrata su questo tema. È perlomeno singolare che il Tf, solitamente molto rispettoso della volontà popolare, questa volta vi si sia opposto. Me è indubbio che vi è un notevole interesse da parte dei grossi consumatori industriali di elettricità che spingono verso le regole di mercato sperando in un abbassamento, se ciò avverrà, dei costi dell’energia. Le esperienze in altri paesi europei, in cui è stata introdotta la concorrenza, mostrano infatti che i beneficiari primi di una diminuzione dei prezzi saranno i consumatori industriali. Ma vi sono anche altre possibili ripercussioni da prendere in considerazione (cfr. intervista sotto). Le regole che dovrebbero reggere il mercato elettrico restano una questione aperta e certamente spinosa. Il legislatore e la Commissione della concorrenza vogliono riformare un settore che ritengono inefficiente e iniquo allo stato attuale. Tf e Comco hanno imboccato una via, è ancora da vedere se anche il popolo vorrà percorrerla. Il mercato elettrico svizzero è in subbuglio. Tribunale federale (Tf) e Commissione della Concorrenza (Comco) vogliono aprire il mercato. Massimo Filippini, professore di economia e ricercatore presso l’università di Lugano e al politecnico di Zurigo, ha compiuto svariati studi su una eventuale riforma del settore elettrico. Professor Filippini lei ritiene necessaria l’apertura del mercato elettrico? Attualmente l’organizzazione del settore elettrico è inefficiente e presenta forti disparità regionali nei prezzi; ad esempio, le tariffe per l’energia elettrica a Neuchâtel sono molto più alte rispetto a quelle applicate in Ticino. Sono dell’avviso che una riforma del settore elettrico sia auspicabile e necessaria. In un primo momento questa riforma potrebbe anche non essere accompagnata da un’apertura del mercato elettrico. È comunque necessario che lo Stato assuma un ruolo più incisivo nella regolamentazione delle aziende elettriche, applicando moderni strumenti di regolamentazione e garantendo trasparenza sui prezzi. Ritiene che la recente decisione del Tf e della Comco permettano «l’apertura regolamentata» di cui parla? No. Il Tf e la Comco sanciscono solo il diritto all’accesso alla rete a prezzi non prestabiliti. Nelle decisioni di queste due istituzioni non si parla della necessità di una forte autorità di regolamentazione che possa monitorare il funzionamento del mercato elettrico e che possa decidere e regolamentare il prezzo dell’utilizzazione della rete. La regolamentazione delle tariffe di accesso alla rete è un punto fondamentale per l’apertura del mercato da cui non si può prescindere. Per il sistema economico svizzero l’apertura del mercato elettrico senza la definizione di chiare regole e senza la creazione di una forte autorità di regolamentazione può essere molto dannoso. Le esperienze estere insegnano. In un suo recente studio auspica la creazione di un sistema di pagamento dello sfruttamento dell’acqua basato su principi economici e non su una decisione politica. Come è possibile conciliare questa analisi con ciò che è stato detto finora? Per produrre elettricità, le centrali idroelettriche ricorrono a diversi fattori di produzione: lavoro, capitale e acqua. I vari attori economici che mettono a disposizione questi fattori produttivi ricevono un compenso. Ad esempio, ai proprietari di risorse naturali viene generalmente corrisposta una rendita. In questo caso la rendita viene intesa come una remunerazione ottenuta dal proprietario del fattore produttivo acqua (lo Stato) per la cessione ad altri del diritto di sfruttarla. Attualmente questa remunerazione è definita sulla base di discussioni politiche e non considera che il valore di un metro cubo d’acqua differisce da zona a zona. Ricordo che il valore di un terreno per la produzione agricola varia a dipendenza della posizione e della morfologia dello stesso. In generale, un metro cubo d’acqua sfruttato da una centrale ad accumulazione ha un valore superiore ad un metro cubo d’acqua sfruttato da una centrale a filo d’acqua. La tecnologia che produce elettricità sfruttando l’acqua è ritenuta pulita. Non teme che un maggior onere per le centrali idroelettriche possa riversarsi in un maggiore prezzo per i consumatori industriali che potrebbero acquistare elettricità da imprese meno ecologiche? Da un punto di vista dello sfruttamento efficiente delle risorse, i prezzi dell’energia elettrica dovrebbbero considerare i costi ambientali delle singole tecnologie produttive. Purtroppo gli attuali prezzi non considerano questi costi. In Svizzera dovremmo quindi introdurre una riforma fiscale ecologica (aumentare i prezzi dell’energia elettrica prodotta con centrali che inquinano). Il nostro metodo di calcolo considera questo aspetto poichè è flessibile. Anzi, con l’introduzione di una riforma fiscale ecologica si favorirebbe la competitività delle aziende idroelettriche e si aumenterebbero le entrate da canoni d’acqua per lo Stato.

Pubblicato il

05.12.2003 01:30
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