Tagli alla Mikron

Alla Mikron Sa di Agno il clima si è fatto cupo e il morale del personale è a terra: le lettere di licenziamento per 16 dipendenti sono arrivate a destinazione. Ci saranno, inoltre, 5 prepensionamenti entro la fine dell’anno. Resta l’incognita del numero di persone che dovrebbero essere impiegate al 50 percento e che non è stata ancora definita. In questi giorni i sindacato Flmo e la Commissione d’azienda verificheranno i criteri con cui sono stati dispensati i licenziamenti e insisteranno affinché la Direzione del gruppo chiarisca i termini di una situazione inaccetabile. Il contributo che offriamo ai lettori è uno spaccato dello stato di tensione a cui da tempo sono stati costretti le lavoratrici e i lavoratori dell’azienda e dovuto all’incertezza del loro futuro professionale. L’abbiamo “colto” martedì scorso, il giorno prima che i dipendenti ricevessero la comunicazione dei licenziamenti. «Non sappiamo quando e non sappiamo chi colpirà. Come lavoriamo qui alla Mikron Sa di Agno? Con un’ansia logorante: quella di chi sa che la sua vita può cambiare da un momento all’altro e si sente impotente». C’è tensione fra le lavoratrici e i lavoratori che martedì scorso, fra le 12 e le 13.30, si sono ritrovati nel parcheggio antistante l’edificio dell’azienda, per un atto simbolico di solidarietà fra colleghi e contro gli annunciati licenziamenti. Un atto fortemente sostenuto dal sindacato Flmo che si sta attivando con serrate trattative per scongiurare la riduzione dei posti di lavoro. Il gruppo, leader dei fornitori di macchine industriali, aveva parlato in un primo tempo del taglio di cinquanta impieghi, ora la cifra si è abbassata ad una ventina. «Un problema davvero pressante – ci dice Giovanni Piazza della Commissione d’azienda Mikron Sa – è il clima di insicurezza prodotto dalla holding nel suo non darci alcuna indicazione sul nostro futuro. Ciò che temiamo (e a ragione visto che già a novembre abbiamo subìto 24 tagli di posti di lavoro) è che questa misura sia in realtà solo una parte di un piano ancora più drastico. Pendiamo dalle decisioni delle banche. Ieri (lunedì, ndr), il direttore ci ha detto chiaramente che se la mole di lavoro diminuirà, ci saranno ulteriori tagli». La crisi della Mikron Sa si è aggravata soprattutto nell’ultimo anno, in seguito alla comunicazione del gruppo della decisione di vendere la divisione macchine. Una vendita che avrebbe dovuto alleggerire (cfr. area n. 17-18 del 1° maggio) il cospicuo debito dell’azienda, stimato intorno ai 300 milioni. La notizia ha creato un certo allarmismo nella clientela che ha ridotto drasticamente le ordinazioni. Al momento attuale, resta ancora da vedere cosa deciderà l’assemblea degli azionisti in merito alla vendita o meno della Mikron Sa di Agno e la Mikron Tool Sa di Bioggio. «Certo, la congiuntura economica – aggiunge Piazza – costituisce un fattore determinante nella crisi delle industrie ticinesi, ma nel nostro caso lo è altrettanto l’incertezza sul da farsi della Mikron holding che allontana la clientela minando di conseguenza la sicurezza dei posti di lavoro. Ora la soluzione che si prospetta è la forte riduzione del numero di creditori: all’inizio la ditta aveva contratto debiti con 22 banche, debiti ora concentrati nelle mani di quattro banche. E se anche questi istituti bancari dovessero decidere di assorbire le pendenze, è probabile che qualche comparto della holding possa essere messo in vendita. Ma queste sono solo supposizioni. Per questo chiediamo chiarezza, soprattutto per le maestranze che al momento brancolano nel buio». Lavorare e vivere con la spada di Damocle sulla testa è uno stress, a lungo andare, davvero difficile da sopportare. «Si vive e si lavora male – ci dice un giovane operaio (operatore in rettifica) presente al ritrovo di solidarietà con i colleghi – perché non abbiamo alcuna certezza. Non sappiamo fino a quando lavoreremo e non sappiamo se dobbiamo cercare un altro impiego (e non è facile trovarlo). La parola razionalizzazione era un termine incomprensibile salvo poi sperimentare che si può tradurre semplicemente con la parola licenziamento. La mattina si entra al lavoro demotivati e delusi da questa assenza del gruppo dirigenziale che risponde alle nostre preoccupazioni col silenzio. Cosa penso succeda in futuro? Non penso niente e non vedo niente». Un’amarezza condivisa anche da altri tre ragazzi con cui fa capannello e che assentono ad ogni sua parola. Pochi passi più il là un altro operaio, impegnato in officina: «Oltre che un atto di solidarietà ai colleghi (ma quel collega potrei essere io…) – afferma – il nostro vuole essere un segnale per la Direzione alla quale vogliamo far capire che vigiliamo e che abbiamo il diritto di sapere cosa ci aspetta. Da tempo ci è venuta a mancare la serenità e la giusta motivazione che si dovrebbe avere lavorando. È una situazione che, seppur indirettamente, condiziona anche la tua vita privata soprattutto se, come me, hai una famiglia da sostentare». E molti hanno la responsabilità della famiglia, come l’impiegata addetta alla vendita che discute con le colleghe: «Sono separata e madre di un ragazzo di 17 anni – interviene – quindi sono io la “capofamiglia”. E come me ci sono altre donne che vivono questa situazione di assurda incertezza che dura da un anno e mezzo. Io però spero ancora che la situazione si riprenda e ci sia più lavoro. Non bisogna perdersi d’animo e, nei limiti del possibile, bisogna cercare di fare al meglio il proprio lavoro». «Mio marito è disoccupato da un anno, – le fa eco accanto un’altra operaia del settore fabbricazione – di conseguenza io resto l’unica fonte di reddito. Ma la mia storia non ha niente di speciale: tutti noi abbiamo una realtà personale da mandare avanti. Come me ci sono tante donne che sostentano la famiglia e sapere che questi licenziamenti ricadranno a pioggia crea tensione». Una preoccupazione che si legge su tutti i volti presenti, ognuno dei quali portatore di una biografia che non può essere liquidata appiccicandole un numero. Che siano 16, 10 o uno soltanto ad essere licenziati: non sono macchine ad essere fermate ma persone. Rolando Lepori dell'Flmo: "Le soluzioni? Questione di volontà" Nessuna schiarita all’orizzonte,dei dipendenti della Mikron Sa e per il Sindacato Flmo il livello di guardia deve restare alto. «Questo atto di solidarietà – spiega Rolando Lepori, segretario cantonale Flmo, che mercoledì si trovava davanti alla sede della Mikron Sa – è un ulteriore passo che vuole dimostrare come Commissione d’azienda, lavoratori e sindacato non intendono sottoscrivere alcun accordo concernente i licenziamenti. Noi siamo ancora dell’avviso che vi sia lo spazio per revocare i tagli e procedere ad un ripensamento della situazione aziendale. Sebbene le nostre azioni non abbiano peso giuridico, sono comunque canali importanti attraverso cui i lavoratori manifestano il proprio dissenso di fronte a delle scelte del gruppo che potevano essere evitate». D’altronde l’Flmo, aveva da subito criticato l’annuncio ufficiale del gruppo sulla probabile vendita della divisione macchine, notizia che aveva allarmato la clientela riducendo sensibilmente le ordinazioni. «Nonostante tutto – continua Lepori – ci sono ancora dei margini di recupero. Per ciò è doveroso che la Direzione della Mikron Sa si attivi per trovare un collocamento interno all’azienda e in altre aziende. Inoltre, vogliamo ricordare che le aziende hanno una responsabilità civile e sociale verso i propri lavoratori. Come sindacato abbiamo accettato di prolungare il contratto dell’industria metalmeccanica di due anni e mezzo, ponendo quale base comune di lavoro la consapevolezza delle difficoltà economiche ma anche la volontà di non effettuare licenziamenti. Ebbene oggi, in barba a tutto ciò, oggi ci ritroviamo come contropartita lettere di disdette in questa e in altre aziende. È una dinamica che sta prendendo sempre più la rincorsa e che noi del sindacato vorremmo frenare». Insomma, il Sindacato non contesta le difficoltà in cui l’industria ticinese versa al momento. «Contestiamo invece – precisa Lepori – la reazione a queste difficoltà. Una reazione che ricade esclusivamente sul personale. Le misure per ovviare ai licenziamenti tout court ci sono. Si può far capo alla disoccupazione parziale, si possono utilizzare strumenti legislativi che permettono di salvaguardare posti di lavoro. Altra via, e non di secondaria importanza, è l’adozione da parte dell’amministrazione di un atteggiamento più cauto. Amministrazione che, con l’annuncio della vendita, invece ha dimostrato di non aver valutato le disastrose conseguenze del proprio atto. All’azienda inoltre spetta la responsabilità di evitare di parlare di licenziamenti fino a quando i termini della crisi non sono chiari». E intanto il titolo del gruppo Mikron vola in borsa. Mercoledì mattina, alla borsa di Zurigo, quotava poco più 17 franchi. A fine giornata superava i 20 franchi. Una performance di più del 20 per cento.

Pubblicato il

23.05.2003 04:30
Maria Pirisi